Capitolo 36

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Fanculo.

Avrei accettato la Signora Hellman e i suoi piani sadici, avrei permesso alle guardie di portarmi in giro come un cane al guinzaglio, ed avrei persino tollerato la presenza di James, ora che lo avevo preso a calci in culo. Ma non avrei permesso ad uno stupratore malato avvicinarsi a Rose. Non gli avrei permesso di portarla tutti i giorni giù nei corridoi, quando io non ero lì a proteggerla.

Avevo pensato che si trattasse di James, l'uomo di cui Jane stava parlando. Sia io che Rose avevamo pensato così. Ne eravamo certi. Ma no, apparentemente questo posto era ricco di ripugnanti e spregevoli guardie. James, Norman, Kevin, e qualsiasi altra persona a cui Jane si riferiva. Quattro uomini psicopatici che trattavano le donne come delle schiave del sesso, potendo perfettamente raggiungere la mia Rose. Fottutamente perfetto. Tutti loro dovevano bruciare all'inferno, ma fino ad allora, non li avrei lasciati avvicinare a lei. Col cazzo.

Mi faceva impazzire il pensiero dei loro occhi fissi su di lei, delle loro mani sulla sua pelle. Quel fottuto Kevin avrebbe potuto semplicemente bloccare la porta della sua cella e nessuno lo sarebbe venuto a sapere. Lo aveva fatto a Jane, quindi perché non anche a Rose? Avrebbe potuto sopraffarla in un istante e fare tutto ciò che avesse voluto fare. Il pranzo finiva tra quanto, trenta minuti? E ancora una volta si sarebbero ritrovati da soli in un corridoio buio, senza nessun testimone sano di mente.

Il pensiero mi fece quasi tremare dalla rabbia, e improvvisamente, mi alzai da dove ero seduto. Non riuscivo più a sopportarlo. "Torno subito," annunciai alle tre donne. Mi alzai e mi fissarono tutte, indossando, ognuna di loro, un'espressione diversa.

"Dove vai?" Domandò Rose, i suoi grandi occhi mi guardavano attraverso delle grandi occhiaie.

"Non ti preoccupare. Tornerò subito," ripetei, lasciando un dolce bacio sulla sua fronte.

Il gesto la rassicurò solo un pochino, ma non protestò. Mi diressi verso la linea delle guardie disposte vicino la parete e trovai facilmente Brian. Stava parlando con altri uomini che a malapena alzarono lo sguardo quando mi avvicinai. "Ho bisogno di vedere la Signora Hellman," comandai. Non sembravano affatto sorpresi. Leggermente divertiti, semmai.

"Dopo pranzo," parlò indifferentemente, e dopo riprese a chiacchierare.

"No, ora." Con ogni secondo che passava, diventavo sempre più ansioso, e anche furioso. Qualcosa nel mio tono di voce doveva aver mostrato il mio stato d'animo, poiché Brian iniziò a prestare più attenzione.

"Harry, il pranzo finisce tra una mezz'oretta. Possiamo--"

"Dannazione, portami semplicemente lì. È urgente."

L'uomo tozzo sospirò come se fosse infastidito, ma accettò, allontanandosi dai suoi amici. Ero sorpreso, a dir la verità, che lui mi avesse ascoltato. Mi aspettavo più di una discussione. Forse aveva paura di me, o forse era solo leggermente meno orribile rispetto agli altri dipendenti simili a lui. Si congedò dalla conversazione e dopo si diresse verso la porta, con me ad un paio di metri davanti a lui.

La lunghezza dei corridoi era illuminata dalle solite luci fioche e spettrali. I nostri passi riecheggiarono sul pavimento in cemento, girammo per angoli e corridoi finché non arrivammo nell'ufficio dell'amante di Satana.

Cercai di rimanere civile mentre aspettavo che entrasse prima Brian, fermando la mia intrusione. Bussò prima di entrare ma dopo entrò comunque. "Um, Signora Hellman?" Chiese. Sembrava leggermente nervoso. "Harry Styles vuole vederla."

Sentii qualcosa del tipo 'fallo entrare' e divenni immediatamente inquieto. Più che una richiesta sembrava una condanna di morte.

Brian mi guardò e annuì in direzione della Signora Hellman, facendomi segno di entrare. Così entrai, Brian era proprio dietro di me per assicurarsi che non avessi fatto nulla che avrebbe confermato la mia etichetta di pazzia mentale.

Psychotic [h.s.] (Italian translation) *EDITING*Where stories live. Discover now