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Guido stirò i muscoli della schiena, tendendo le braccia verso l'alto. Sobbalzò nel non trovare del tutto sostegno sotto al suo corpo e si rese conto, di colpo, di non trovarsi nel suo letto.

Strabuzzò gli occhi, cercando di abituarsi alla luce che proveniva dalla finestra, alla sua destra, abbagliando ferocemente la sua vista. Si portò una mano alla fronte, cercando di schermare gli occhi e si guardò intorno.

Si trovava nel suo studio. 

Aggrottò la fronte, cercando di fare ordine nella sua mente, mentre un mal di testa martellante cercava di  sopraffare la ragione attanagliandogli le meningi.

La stanza oscillò pericolosamente, quando si mise a sedere sul lettino dove era solito tatuare i suoi clienti. Un senso di nausea gli attanagliò il ventre e l'acido corse subito a riempirgli la gola.
Si alzò barcollando dal lettino e corse verso il bagno dello studio, svuotando subito dopo lo stomaco nel water.
Quando i conati di vomito si furono placati, anche il mal di testa incominciò a scemare.

Si sollevò da terra, stando attento a non fare movimenti bruschi, e si recò nel suo ufficio, per prepararsi un caffè alla macchinetta che stava lì.

I gesti meccanici gli infusero un senso di calma, mentre il rumore familiare della macchinetta in funzione catturava completamente la sua attenzione.

Controllò il liquido caldo e denso che si andava depositando nella tazzina e, quando ritenne che si fosse riempita a sufficienza, staccò anticipatamente la levetta, bloccando la fuoriuscita del liquido.

Bevve il caffè in un colpo solo, amaro e forte come piaceva a lui. Si mise seduto dietro la scrivania, poggiandoci i gomiti sopra e afferrandosi la testa tra le mani, nel tentativo di ricacciare indietro i ricordi sbiaditi della sera prima.

Non aveva idea di cosa fosse accaduto. O meglio, aveva ricordi di frasi e azioni a metà, che si erano susseguite in casa loro durante una lite.

Guido sospirò, lasciandosi ricadere sulla scrivania. Incrociò le braccia sul ripiano di vetro, appoggiò la fronte su di esse, e ricordò...

La sera prima.

-Sono a casa!- urlò Alessio, sbattendosi la porta alle spalle, precipitandosi nel soggiorno in cerca degli altri due. 

Daniele uscì dalla cucina, impassibile, e il ragazzo, incontrando gli occhi verdi e severi dell'altro, sentì il sorriso morire sulle proprie labbra.

Nascose il sacchetto che teneva tra le mani, dietro la schiena, camuffando il gesto togliendosi dalle spalle lo zaino che portava, per poi lasciare ricadere entrambi ai piedi del divano, nascondendo il sacchetto dietro lo zaino.

-Pure!- esclamò scocciato Daniele, scuotendo la testa. Diede le spalle al ragazzo e tornò in cucina.
Alessio lo seguì titubante, ignorando completamente a cosa si riferisse l'altro. Si avvicinò, sfiorandogli una spalla, mentre l'uomo era chino a rimestare qualcosa in una padella... risotto alla marinara, ne dedusse Alessio dal profumo.

Al tocco dell'altro, Daniele si scrollò di dosso bruscamente la mano del giovane, e ignorò completamente i suoi tentativi di salutarlo con un bacio.

Il ragazzo sentì gli occhi riempirsi di lacrime, lo tirò dalla t-shirt che indossava nel tentativo di richiamare la sua attenzione. Il gesto, non previsto, provocò un movimento inaspettato nell'altro, che torse il polso in malo modo per allontanare il compagno, agitando la padella e finendo per bruciarsi le dita della mano, troppo vicine alla fiamma del fornello. La padella cadde a terra con un tonfo sordo, schizzando riso e frutti di mare in ogni direzione.

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