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La rabbia, a quelle parole, accecò la ragione di Guido.

-E perché mai avresti dovuto farlo?!- urlò. Daniele si nascose il viso dietro le palme delle mani.

-Gli ho detto che si poteva risparmiare tutte le sue scenate di gelosia, se poi si comportava come se fosse una puttana in cerca di attenzioni...- mormorò tra le lacrime.

-Ma perché?! Dannazione! Da dove ti è uscita 'sta sparata?!-
-Non ne ho idea... o forse...- Daniele si morse le labbra, interrompendosi di colpo.

-Forse, cosa?- insistette Guido.
-Sono diventato ossessivamente geloso, Guido! Mio Dio, non so nemmeno quando abbia incominciato ad esserlo! Geloso dei suoi amici, dei vostri lavori sempre a contatto con uomini fighi, geloso delle vostre passioni, geloso del tempo che non passiamo insieme... mi sento come se tutto si stesse frantumando e...-

-E per risanare la situazione ti metti a dare della puttana al nostro compagno?- domandò Guido con voce sprezzante.

Daniele non seppe più come continuare quella discussione, cercando di giustificarsi e rendere le sue intenzioni meno sbagliate di come apparivano. Si morse le labbra, continuando a piangere.

Guido afferrò la giacca dall'attaccapanni all'ingresso ed uscì di casa, con l'intenzione di andare a cercare Alessio.

L'altro rimase da solo in casa e sentì il panico attanagliargli il petto: detestava la solitudine, odiava quel silenzio opprimente che lo circondava e lo soffocava ogni volta che si ritrovava da solo nel loro appartamento. Aveva bisogno dei suoi compagni, aveva bisogno del loro calore, della loro vicinanza e del loro amore. Era come un'esigenza primordiale, ma aveva perso la capacità di manifestare tutto quello che provava davvero tramite parole sincere e prive di ambiguità. 

Ogni volta che cercava di mettere al corrente gli altri due del suo disagio interiore, finiva per dire qualche cazzata e rovinare tutto, dando dimostrazione di tutto l'opposto di ciò che sentiva davvero.

Si asciugò malamente il naso e gli occhi con la manica della t-shirt che indossava. Afferrò il pacchetto che Guido aveva lasciato sul tavolo. Se lo rigirò un po' tra le mani, ma alla fine si decise ad aprilo.

Ne tirò fuori un astuccio stretto e lungo di velluto rosso. Ne accarezzò il bordo più volte avanti e indietro, come ipnotizzato dal cambiamento della sfumatura del colore ad ogni suo tocco: avanti, chiaro, indietro, scuro.

Dopo un po' premette il pulsantino di apertura e il contenuto dell'astuccio si palesò davanti i suoi occhi. Si portò una mano a celare la bocca, percependo il cuore perdere diversi battiti mentre il senso di colpa gli soffocava i respiri, trasformandoli in violenti singhiozzi.

Alessio non si era affatto dimenticato del loro anniversario i tre braccialetti in argento che acquisto per loro ne erano la testimonianza. Erano semplici, sottili, privi di chissà quale fronzoli, tuttavia avevano una cosa in comune che li rendeva unici e particolari: due piccoli ciondoli colorati. Uno forma di tre e l'altro piegato sotto le tipiche linee che restituivano un simbolo dell'infinito.

Daniele richiuse la scatolina e tentò di risistemarla di modo che nessuno degli altri due scoprisse che l'aveva aperta senza di loro. In cuor suo pregò che il tatuatore, anche quella volta, riuscisse a rimediare a tutti i loro casini, aiutandoli a non perdersi.

Guido iniziò a scorrere la rubrica del cellulare nel tentativo di riconoscere tra i vari nomi quelli che appartenevano agli amici di Alessio, di modo da contattarli e chiedergli se il suo compagno si trovasse in compagnia di qualcuno di loro.

Arrivò alla lettera erre senza riconoscere nessuno di quei nomi come appartenente a qualche amico del compagno, ma un pensiero gli si insinuò nella mente: doveva fare un tentativo.

Indossò il casco e accese la moto, sgommando e imboccando la strada, lasciandosi alle spalle il loro appartamento, accompagnato da una nuvoletta di polvere.

Sentì il cuore iniziare a battere nel petto ferocemente. Se si fosse sbagliato...

Forse c'era davvero qualcosa di irrecuperabile in loro, così come aveva iniziato a temere già da un po', anche se non era ancora stato in grado di ammetterlo ad alta voce e affrontare tale eventualità con un confronto aperto tra di loro.

Percorse le strade poco trafficate di quel lunedì sera, sfrecciando tra le auto e i passanti che pigramente facevano rientro alle loro case. I negozi erano già tutti chiusi, le illuminazioni rendevano l'atmosfera serale quasi magica, accendendo di scorci suggestivi gli angoli della città, per il resto nascosta tra ombre lunghe e balugginanti riflessi di stelle.

La brezza serale che giungeva dalla spiaggia, sita a un paio di chilometri di distanza dal punto in cui si trovava lui, rendeva l'aria frizzantina. Guido la seguì come se fosse la scia di un dolcissimo profumo o il canto ipnotico di una sirena, convinto che quella malia potesse tingersi di realtà e salvare, in qualche modo, il suo rapporto con gli altri due. Doveva essere così, doveva essere , dove tutto aveva avuto inizio, lì dove voleva sempre tornare, quello che era il suo angolo di mondo preferito. Altrimenti tutto avrebbe perso senso ed era ciò che più lo terrorizzava in quel momento.

Accostò al largo marciapiede che costeggiava la spiaggia, tirò giù il cavalletto della moto e si sfilò il casco.

La brezza marina gli colpì il viso facendogli lacrimare un po' gli occhi, insinuandosi tra le ciocche ramate dei suoi capelli: la temperatura stava sempre più calando.

Notò subito il motorino sgangherato di Alessio, di un scintillante blu elettrico, pieno di adesivi e larghe macchie di ruggine lì dove la vernice si era nel tempo scolorita.

Tirò un sospiro di sollievo. Forse, non tutto era perduto.

Chiuse il casco e le scarpe da tennis nel bauletto portabagagli della sua moto e, a piedi nudi, scese sulla spiaggia, cercando subito con gli occhi l'accozzaglia di scogli che, come una piccola montagna, abbracciava su di un fianco la spiaggia, partendo dai piedi del promontorio sino a gettarsi nella riva, dove l'acqua sostituiva la sabbia, lambendo di spruzzi giocosi e biricchini le rocce.

Quando fu abbastanza vicino al suo obbiettivo, notò come le rocce, in un determinato punto nei pressi della battigia, si andassero ammorbidendo nelle forme e attenuando nei colori, che sembravano essere meno scuri.

Guido vide Alessio sollevare il capo,  incuriosito, o più presumibilmente, spaventato dall'arrivo di qualcuno, ma quando il giovane notò che si trattava del maggiore dei suoi compagni, riabassò la testa sulle ginocchia che teneva abbracciate al petto, attendendo che gli si facesse vicino e l'uomo lo raggiunse poco dopo, sedendoglisi accanto.

-Ti ho trovato- mormorò e vide le spalle di Alessio irrigidirsi. -Daniele mi ha confessato quanto ti ha detto...- aggiunse dopo qualche secondo di silenzio.

Le spalle del più giovane iniziarono a tremare e Guido si allungò verso di lui, cingendolo con un braccio, per poi attirarlo a sé, sul suo petto.

-Se n'è pentito, sai? Non lo pensava veramente...- aggiunse, mentre l'altro si aggrappava alla sua giacca con entrambe le mani.
-Perché fa così? Perché non può semplicemente credere che vi amo e che non vorrei mai fare nulla che possa ferirvi?- domandò il ragazzo, appoggiando la testa sulla spalla del compagno.

-Ultimamente, nessuno di noi si è comportato bene con gli altri e temo che questo sia dovuto a diverse cose che sono rimaste sospese troppo a lungo, senza essere affrontate come meritavano-
-Che intendi dire?-

Guido non gli rispose, si chinò su di lui, sfiorandogli le labbra con le proprie, e l'altro schiuse immediatamente la bocca per accogliere la sua lingua in una carezza sensuale alla propria. Il baciò fu dolce, delicato. Aveva il sapore del conforto, il ritmo di una danza sensuale, esotica, piena di vita. Il giovane tremò tra le braccia del compagno, mentre il cuore iniziava a battere sempre più velocemente e anche i loro movimenti si facevano meno lenti, lasciandoli sopraffare da una foga sempre maggiore, incontenibile e passionale.

Quando si allontanarono, i loro respiri erano già divenuti pesanti e le gote di Alessio si erano tinte tanto di rosso da essere evidente anche con quella scarsa luce che li avvolgeva. Il petto di Guido si alzava e abbassava, seguendo il ritmo frenetico del suo ansimare.

-Torniamo a casa- disse il tatuatore poco dopo, e Alessio si limitò ad annuire in silenzio.

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