gli adulti rovinano tutto

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"Cheryl ma che cosa stai combinando? Sei ubriaca?" Chiese Veronica alla ragazza.
Erano, stranamente, a casa di Veronica e la ragazza non faceva altro che ridere e barcollare. Non sapeva come aiutarla, aveva solo 15 anni, non aveva mai bevuto ed era la prima volta che vedeva un'amica, o forse no, insomma, una conoscente, conciata in quel modo.  Non sapeva cosa fare, quindi si allontanò un attimo a cercare aiuto. Quando tornò la vide, dentro il bagno, con un ragazzo che tentava di violentarla. Allora, in preda al panico, prese una sedia in cucina, che era affianco al bagno, e la tirò addosso al ragazzo che svenne.

"Oddio ma che cazzo!" si svegliò urlando. Era un sogno, un sogno molto strano. Ma cosa significa? Non ha per niente senso, pensava la ragazza.
Sull'autobus, mentre andava a scuola, cercò anche su google ma non trovò  alcun risultato logico. Non capiva, non capiva perché avesse fatto un sogno del genere ed un po' aveva paura, paura perché lei non sognava spesso e la maggior parte delle volte erano incubi, ma questo non sapeva definirlo, non sapeva se fosse un incubo, semplicemente non sapeva.
Nei giorni che seguivano, in classe, come al solito, la rossa la fissava, ma ormai non le dava troppo peso, ci era abituata, però, l'unica stranezza era che, dopo due settimane dall'episodio del bagno, non si rivolsero più la parola. Si guardavano e basta, o almeno, Cheryl la fissava e Veronica la notava. Le metteva ansia e quindi faceva finta di non notarla e continuò così.

La prof.ssa di spagnolo quel giorno assegnò delle ricerche da fare in gruppi. Quell'insegnante era l'unica che sembrava interessarsi davvero a lei, alla ragazza nuova, e cercava di aiutarla in tutti i modi per farla inserire bene, ad esempio, oltre ai vari compiti in gruppo, cambiava i posti ad estrazione ogni due settimane.
V. doveva stare assieme a Josie e a Jug; sospettava, ma in realtà lo sospettavano tutti, che tra i due ci fosse qualcosa. Si sarebbero dovuti incontrare due giorni dopo a casa di Josie e la ragazzina già viaggiava con la sua mente, pensava che forse questo lavoro in gruppo le avrebbe permesso di stringere nuovi legami forti, anche se la ragazzina le sembrava un po' antipatica, ma prendevano lo stesso autobus, gli altri andavano tutti da altre parti o, addirittura abitavano affianco a scuola.
Ma tutto ciò non accadde, non fece amicizia con Jug e Josie, anzi, non li incontrò proprio. La ragazza era alla fermata dell'autobus, tra 10 minuti sarebbe passato, quando ad un tratto le arrivò un messaggio da un numero che non aveva neanche salvato, così vide dalla foto profilo che si trattava di Ethel, una sua compagna di classe e nel messaggio scriveva "allora, come facciamo per la ricerca?". La ragazza non capiva, avrebbe dovuto svolgere il compito con gli altri due, non con lei, così le disse ciò aggiungendo un "forse hai sbagliato numero", ma no, non era così, doveva fare la ricerca con Ethel a quanto pare, che era rimasta da sola.
Ma che scuola di merda, non è una cosa normale. E ora come faccio? Dobbiamo fare la ricerca senza incontrarci, qui su whatsapp, e la professoressa che ci sta facendo fare tutte queste cose sicuramente anche per me, per farmi sentire parte della classe, per farmi fare amicizia. Questi non lo hanno neanche capito. Tempo di neanche 5 minuti che sarei salita su quell'autobus. Che scuola assurda e che cittadina assurda. Ma dove sono finita? C'è una persona normale qui? Forse sono io quella sbagliata, non sto bene da nessuna parte. Sì, forse sono io. Ma comunque ora che racconto a mia madre? Devo tornare a casa, non posso andare a casa di Josie dato che poi sarebbe dovuta venirmi a prendere.
Così racconto l'accaduto ai due e si diresse a casa e spiegò tutto alla madre, che si arrabbiò più di lei. Voleva addirittura andare a parlare con la professoressa, ma Veronica le chiese di non farlo, voleva uscirne da sola, perché dopo la sua vecchia scuola, aveva capito che i genitori non fanno altro che complicare la situazione, anche se il loro intento è migliorarla. In questi casi, bisogna prima parlarne tra compagni e se poi non capiscono, parlare con un adulto come un professore o un genitore. Ed è questo che Veronica aveva in mente, ma la madre non glielo permise e, come non detto, andò a parlarci e rovinò tutto.
Gli adulti rovinano tutto.
È quello che il giorno seguente rimbombava nella sua testa mentre era in bagno, di nuovo in lacrime. Non piangeva davanti agli altri, non lo faceva più, perché alle elementari, alle medie e nella sua vecchia scuola, la prendevano sempre in giro, alle elementari la chiamavano "piagnicula", non faceva altro che piangere e piangere, era come un'arma di difesa per lei, credeva che in quel modo, prima o poi, qualcuno l'avrebbe aiutata, si sarebbe distinto dalla massa.
Fu un trauma. La professoressa si arrabbiò molto, rimproverò tutta la classe, e scoprì che non era finita solo lì! Praticamente, sarebbe dovuta stare inizialmente con Andrea e Debora, ma Andrea si vergognava di far vedere casa sua ad una "sconosciuta", poi con Greta e Betty, a cui stava antipatica e perciò non la volevano, ma menomale, perché era reciproca, e infine capitò con Jug e Josie. Ethel non si sa per quale motivo rimase esclusa da ogni gruppo, e quindi contattò Veronica. Insomma, la ragazzina un'altra volta, in un'altra scuola, si sentiva esclusa, odiata da tutti. Ma erano solo dei bambini, e lei era incredula, perché pensava che alle superiori avrebbe incontrato gente più seria, più grande, ma andava avanti con il suo pensiero in testa, che fossero bambini, per non scoppiare a piangere. Erano solo bambini.

Era venerdì e quel pomeriggio avrebbero avuto il rientro, quindi andò con alcuni della classe nella pizzeria affianco scuola, quando Kate la chiamò e le chiese di uscire. Jade, senza paura, accettò ed andò dalle altre in piazza.
Cosa vorranno? Ma si, lo sai bene cosa vogliono.
L'accerchiarono e Kate iniziò ad urlarle contro, la ragazza un po' si spaventò ma rimase comunque lì ferma, zitta, facendo finta di ascoltare ogni sua parola come se stesse parlando normalmente, come se stessero facendo un discorso normale, come i grandi. Quindi era lì, che la fissava negli occhi mentre la ragazza le urlava contro e dio solo sa cosa le diceva, in realtà non ascoltò niente, l'unica cosa che si ricordava del suo "discorso" era "mi stai sul cazzo, ti odio". Erano le uniche parole che ricordava, le uniche che le davano peso, perché a Veronica non importava delle parolone, delle offese, ma dei sentimenti, non le piaceva che la odiassero senza neanche conoscerla, non le piacevano i pregiudizi.
Da vittima, si sentì la causa di tutto, continuava a pensare che il problema fosse lei, perché da qualunque parte andasse, non è che non si sentiva, ma proprio non lo era, non era mai ben accetta. Perché un conto è sentire, provare qualcosa, ma un conto è proprio la realtà, ben visibile agli occhi.
Betty si introdusse, ovviamente non poteva rimanere zitta, e disse "esatto, le cose si dicono in faccia" e Veronica ebbe il coraggio di risponderle, per la prima volta rispose e disse "certo, proprio come fai tu". Una risposta sciocca, inutile, banale, ma con un grande significato. Una frase, quattro lettere, ventuno parole, ma che racchiudevano un intero concetto. Betty neanche capì, perché neanche si rese conto che lei non glielo disse mai che le stava antipatica, lo scoprì oggi in classe, in modo indiretto, dagli altri, dal resto della classe, anche se lei già lo sapeva e ricambiava anche, ma si meritava quella risposta, che zittì la Cooper e tutti quanti, perfino Kate.
Ma forse non fu questo a zittirli, forse li zittì il fatto che Veronica scoppiò a piangere, lì davanti a tutti e non solo, le venne anche un attacco di panico.

Mezza classe andò in suo soccorso, nessuno capiva, infondo come potevano capirla se neanche la conoscevano? Era forse un mese che era in quella scuola e nessuno si era avvicinato a lei così tanto e se qualcuno lo aveva fatto, si era subito pentito...

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Mezza classe andò in suo soccorso, nessuno capiva, infondo come potevano capirla se neanche la conoscevano? Era forse un mese che era in quella scuola e nessuno si era avvicinato a lei così tanto e se qualcuno lo aveva fatto, si era subito pentito, o almeno così sembrava e così pensava.
Nella strada verso scuola, altre compagne di classe si avvicinarono a lei e le chiesero se avesse cambiato scuola per un motivo simile mentre la pregavano di non cambiarla di nuovo, ed ebbe il coraggio di rispondere di sì, che era uno dei tanti motivi. Dopo ciò si zittirono, nessuno parlò ma prima di entrare in classe la professoressa la incontrò per i corridoi, le chiese come andava ora che li aveva rimproverati, e, con schiettezza rispose "ha peggiorato la situazione", non aggiunse altro e se ne andò in classe.
Alcune della classe però uscirono e andarono a raccontare ciò che era accaduto poco prima, e così la prof.ssa capì come mai quella risposta, la risposta incompleta e schietta di Veronica.
In quel momento pensava a quanto volesse che ci fosse stata Cheryl ad aiutarla, come aveva sempre fatto in precedenza, perché era convinta che l'avrebbe aiutata, ma era assente quel giorno e capì che non poteva contare sempre e solo su una persona, ma anche su sé stessa, ed infatti è ciò che fece, ebbe il coraggio di rispondere, ed è proprio per questo che scoppiò a piangere, per la forte emozione che provò nel rispondere a qualcuno.
Inutile dire come nei prossimi giorni l'atteggiamento della ragazza sarebbe cambiato, era una ragazza molto intelligente, sapeva adattarsi, e se l'unico modo sarebbe stato rispondere a tono a chi se lo meritava, lo avrebbe fatto.

Cuore in 40enaWhere stories live. Discover now