2. Milano

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<< sei pronta ?>> mi chiese Eva, una donna sulla quarantina d'anni che avevo conosciuto cinque minuti dopo il mio arrivo a Milano.
Era identica alla descrizione che l'assistente sociale di Olbia gli aveva fatto.
Mi fissava attraverso le piccole lenti dei suoi occhiali rossi, un colore troppo acceso per i miei giusti 
<< non si è neanche presentato al funerale >>
sussurrai, pensando ad alta voce
<< è un uomo molto impegnato >> rispose Eva, cercando  di consolarmi, 
infondo si sarebbe dovuta occuprare del mio caso, 
il suo lavoro da assistente sociale la vincolava dal dover  cercare di far funzionare tutto quanto.
Tutto alla perfezione. Quello era il suo compito.
I ricordi delle due settimane precedenti tornarono a farsi vivi nella mia mente. Immagini. Immagini colorate del corpo privo di vita, corpo della donna che mi aveva regalato la vita, che si era occupata di me fino a quando la sua stabilità mentale glielo aveva permesso.
È un uomo troppo impegnato per i sentimenti pensai dopo l'affermazione di Eva.

Cosa mi era rimasto ?
L'ansia  e il senso di colpa erano le uniche sensazioni che provavo
Cosa avevo sbagliato ?
Continuavo a chiedermi.
avrei potuto immaginare che lo avrebbe rifatto.
La droga era la sua unica amica, la sua compagna di avventure e la sua valvola di sfogo.
Da quando ne ho memoria non lo mai vista senza.   << talmente impegnato da non essersi mai fatto vivo in diciassette anni >>  una piccola risata isterica uscì  dalle mie labbra 
<< lo so che è difficile ma dagli una seconda possibilità.  adesso si prenderà cura di te >>
Eva prese una delle due valige, riempita con i mie oggetti personali, che avevo portato da Olbia
ed incominciò ad avvicinarsi ad un palazzo nuovo, posto davanti a noi, dall'altro lato della strada
<< non ho bisogno di nessuno >> provai a risponderle a tono ma la distanza ed il rumore provocato delle ruote  della valigia, che sfioravano l'asfalto, le impedì di sentirmi.
Mi sarei presa cura di me stessa come sempre avevo  fatto
Mi sarei presa cura di me stessa come mi prendevo cura di mia madre.

Sorrisi al pensiero della donna,
Rimase   incinta alla giovane età di sedici anni,
mio  padre ne aveva diciotto all'epoca.
Lei non mi abbandonò e lotto per cercare di crescermi nel modo migliore nonostante  l'assenza di esperienza e l'abbandono da parte del suo compagno, da parte di quella persona con cui sperava di crescermi, con cui sperava di costruire un futuro, una famiglia.
Non mi aveva mai raccontato molte cose su di lui, non amava toccare l'argomento ed ogni volta che si iniziava un discorso non perdeva tempo ad ammutolirmi. Infondo a me andava bene così,
Non conoscevo il viso di mio padre, non conoscevo il suo carattere, non sapevo se mi somigliasse o
se avevo qualcosa in comune con lui.
Solo una cosa sapevo con certezza, a parte il cognome che condividevano, sapevo che il mio nome, formato da quattro e semplici lettere lo aveva scelto lui.
- colei che rende felici, che porta la felicità- 
era letteralmente il suo significato
Ma se potevo renderlo felice perché se ne era andato ? Cercavo una risposta da ormai troppo tempo.

Tornai  alla realtà quando arrivammo davanti ad un portone di un palazzo moderno,  nel pieno centro di Milano.
Dietro a quel portone lui mi stava aspettando.
Mio padre stava aspettando il mio arrivò.
L'arrivo di una figlia minorenne in cerca di un posto sicuro dove vivere, in cerca di qualcuno che si assumesse la mia custodia, custodia che il tribunale gli aveva affidato.
Avrà avuto scelta ? Lo voleva veramente  ? Il mio arrivò Gli era stato imposto con la forza ? Mille domande attanagliarono la mia mente.
Una cosa era certa, dopo diciassette anni passati in sua assenza lo stavo per conoscere.
Stavo per conoscere mio padre.


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❗️ dal prossimo capitolo sarà presente manuelito ( hell raton)

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