16. 𝘗𝘳𝘰𝘮𝘦𝘴𝘴𝘢 𝘥𝘪 𝘕𝘰𝘯 𝘵𝘪 𝘴𝘤𝘰𝘳𝘥𝘢𝘳 𝘥𝘪 𝘮𝘦

156 7 1
                                    

LA NOSTRA FINE

Se si concentrava e stringeva gli occhi, in piedi difronte alla finestra spalancata lasciava entrare il freddo, immaginava i petali di una rosa tingersi delle sfumature del tramonto, rosso, arancione, rosa e giallo. La luce gli trafiggeva le pupille e le labbra serrate tremavano un po' al solo pensare che era stato così vicino al toccare quella rosa che Cornelia gli aveva teso come un tesoro inestimabile.

Erano passati un paio di giorni da quando la Regina li aveva scoperti, per fortuna non aveva riconosciuto Cornelia, ma sapeva che c'era una ragazzina che gironzolava nel Castello che tentava il Principe col maledetto fiore rosso.

Enea rifiutò di scendere per cenare, non voleva vedere sua madre o incrociare lo sguardo inquisitorio del Re.

Cornelia aveva ragione, le rose erano così belle perché non poteva toccarle? Perché non poteva coglierne una per sua madre o per Cornelia che per lui l'aveva già fatto?

Era stufo.

Un giorno avrebbe carezzato la superficie morbida dei petali e quella ruvida dello stelo sperando di non ferirsi con le spine ma di aspettare ne aveva abbastanza, di spine attorno il Principe ne era già pieno, perché attendere di appassire per poter sbocciare?

Fu per quello che nel cuore della notte, con la finestra ancora aperta e con le stelle ad illuminare la sua camera come centinaia di lucciole, accese una candela ed uscì trattenendo il respiro, si chiuse la porta alle spalle che cigolò facendolo sussultare, strinse le dita attorno al portacandele e senza farsi intimidire dalla propria ombra che si arrampicava sul muro come rami di alberi e torreggiava sulla sua figura tremante come un mostro maligno, forse era la sua coscienza che gli sussurrava passivamente che stava sbagliando, di spegnere la candela e andarsene a letto.

Ma Enea non le diede ascolto.

Raggiunse la galleria e da lontano riuscì a scorgere il roseto, sospirò commosso alla sua vista, si dimenticò dei rimproveri della Regina, e del dolore che gli aveva causato in tutti quegli anni non permettendogli di godersi quello spettacolo. Cornelia aveva ragione, un giorno tutto quello sarebbe stato suo, se non se lo godeva se ne sarebbe pentito per tutta la vita.

Mise piede sull'erba e camminò non badando al rumore che producevano i piedi scalzi sul prato, un vento leggero lo spinse in avanti, il Principe si chinò e lasciò il portacandele a terra facendo attenzione che le fiamme non bruciassero nulla. 

Avvicinò il viso ai fiori e chiuse gli occhi, la fragranza gli solleticò le narici e non era assolutamente come se l'era immaginata in tutti quegli anni, era dolce, delicata, ma in qualche modo la sua presenza era permanente, non scemava dopo secondi, era forte.

Il Principe sospirò piacevolmente sorpreso e colpito da tale scoperta. Tremante allungò la mano verso una delle rose rosse "Enea?" Una vocina flebile, quasi spaventata, fece eco nell'oscurità. Enea credendo d'esser solo saltò indietro per lo spavento e toccò con la schiena il prato. Percepì il proprio cuore palpitare sperando che la Regina o una delle serve non l'avesse scoperto, aprì gli occhi con un impeto di coraggio e sospirò sollevato quando vide due occhietti liquidi d'entusiasmo incorniciati dalle stelle palesarsigli davanti.

"Cornelia". Lei inclinò il capo come faceva sempre.

"Sei evaso?" Gli tese la mano ed il Principe la strinse per alzarsi "volevo vedere le rose" Cornelia allungò l'occhio oltre le sue spalle dove si estendevano ettari di cespugli colorati, era un paradiso.

"L'avevo capito" il Principe annuì. Restarono in silenzio per qualche altro istante, sguardi incrociati ed i cuori che imploravano di venir sorretti l'uno dalle mani dell'altra. 

𝐓𝐇𝐄 𝐒𝐔𝐑𝐕𝐈𝐕𝐎𝐑: 𝐋𝐄𝐆𝐀𝐓𝐈 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐎 𝐒𝐓𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐒𝐓𝐈𝐍𝐎Where stories live. Discover now