Capitolo Quattro 🔴

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Un leggero soffio di vento s'intrufolò attraverso la finestra semiaperta della stanza illuminata dall'unica candela piazzata in un candelabro in ferro battuto. Gelido e lento, si faceva strada scivolando tra le tende azzurre, decorate a mano rigida da delle ortensie blu. La luce fioca e tremolante del moccolo accarezzava con meticolosità quelle pareti screpolate a causa della forte umidità. L'odore deciso e sgradevole di muffa, ormai sparsa ovunque nell'intonaco, si mischiava al sentore pungente di urina proveniente dal bagno situato alla fine del corridoio.

Posizionati negli angoli meno ingialliti della camera, due materassini giacevano sul pavimento in laminato di Pergo. La stoffa, consumata dagli anni, era adornata da macchie scure e indistinte. Le coperte realizzate all'uncinetto raccontavano di quelle infinite notti gelide, passate nell'insonnia e nella paura.

Dalla soffitta, i passi leggeri e inconfondibili dei ratti creavano un sottofondo sinistro e dissonante; lo scampanellare delle loro zampette riusciva a spezzare quel silenzio ingombrante che permeava nell'aria.

Un'improvvisa brezza portò l'oscurità dietro di sé, andando a spegnere con un movimento lascivo e naturale la fiammella della piccola lucerna.

Un sospiro delicato si rivelò come un sussurro spaventato.

«Jordan! La candela si è spenta!» Mormorò una voce sottile, ancora impastata dal sonno. In uno stato di trepidazione, balzò giù dal letto. Con l'alito tremante e il cuore agitato nel petto, sgattaiolò dentro l'alcova del fratello maggiore. Lo scosse con tenacia e lo chiamò di nuovo per nome: «Jordan! Lo sai che non riesco a dormire al buio!»

«Torna a dormire, Dorothy» bisbigliò Jordan, con tono scocciato, mentre liberava uno sbadiglio rumoroso. Intento a continuare il suo riposo, si voltò di spalle, ma sobbalzò non appena gli venne tirato un pizzicotto sulla guancia. Imprecò dal dolore e sbruffò a causa della seccatura. Poi si grattò il capo ricoperto dai capelli castani e si mise seduto sul posto.

Aprì gli occhi e scorse con gioia i raggi argentei e pallidi della luna che s'infiltravano dalle persiane rotte; la stanza appariva come un dipinto surreale.

Jordan si guardò intorno alla ricerca della confezione di fiammiferi lasciata dalla loro madre, ma non trovò nulla. Contumeliò in silenzio, e scalzo, si alzò per raggiungere l'uscita. Le fece segno di attendere il suo ritorno e oltrepassò il battente. 

Alla fine, aveva solo bisogno di un fiammifero.

Sua madre non poteva arrabbiarsi per una piccolezza del genere.

Con la fronte velata dal sudore, si avventurò nel corridoio privo di alcuna illuminazione. Trattenne il respiro e con il passo di una formica, avanzò prudente: doveva cercare di minimizzare lo scricchiolio perenne del pavimento sotto ai suoi piedi nudi ma esperti. Il cuore iniziò a battere smanioso nella gabbia toracica come un tamburo furente. Le mani prudevano briose, la gola aveva iniziato ad asciugarsi mentre la saliva continuava ad accumularsi morbosa nella sua mucosa buccale.

Non doveva attirare l'attenzione di sua madre.
A lei non piaceva mai essere disturbata, soprattutto dall'arrivo del nuovo fratellino, Sean: un fagottino urlante e puzzolente di soli sette mesi. 

Fastidioso.

Jordan ingoiò il rospo che gli premeva nella laringe e incominciò a scendere furtivo la piccola scalinata di legno d'acero. I palmi formicolavano senza tregua, proprio come lo sciame di vespe gli ronzava nella testa. Socchiuse le palpebre e provò a regolare la respirazione pesante e accelerata. Doveva calmarsi.
Ancora poche falcate e avrebbe raggiunto l'entrata della cucina. 

In allerta, si fermò sul posto e si grattò la nuca dallo stupore.

La sinfonia di una ninna nanna pervenne alle sue orecchie.

ObsessionWhere stories live. Discover now