Uno

1.6K 19 0
                                    

Seduta a terra incurvo la schiena e poggio il gomito destro sulla coscia per sorreggere la mia testa pesante e pensare.
Il celeste chiaro di quella stanza mi aiuta a rilassarmi e a cercare di dare una via ai miei pensieri che sbattono sempre l'uno contro l'altro come in una sala di una discoteca che ha superato il limite della capienza.

Sono due anni che provo ad entrare ad Amici e non perché credo che sia la soluzione totale ai miei problemi ed ho la convinzione che una volta uscita da lì diventerò famosa come Irama e inizierò a viaggiare con Rkomi tra i forum ma perché è una sfida totale per me, mi è stata imposta in un certo senso quando perfino mia madre non credeva che sarei riuscita a farcela e ripeto, non per le mie doti, che siano esistenti o meno, ma per il mio carattere come dire...di merda.

Non sono una piantagrane, non sempre almeno ma sono...particolare?
Sì particolare è corretto ma qualcuno direbbe anche una strana, psicolabile, caga cazzo ma ho anche dei difetti.

Mia madre non ha mai non creduto in me, nelle mie potenzialità ma mi conosce e sa perfettamente come sono fatta e fino a che limiti posso espormi e la convivenza con altre persone totalmente sconosciute mista a delle lezioni e delle regole precise in cui di certo non vince chi è il più ligio ma chi è il più raccomandato, sa che non sono una cosa in cui io posso plasmare il mio carattere a farcela.
Ma mi ha sempre detto che ho bisogno di più rigore, di più socialità e di più tolleranza ed è stata una sfida con me stessa, con lei, riuscire ad entrare qui ma ora che ci sono ho esattamente il timore di non farcela.
È tutto troppo.
La gente parla sempre, sembra che siano sempre pronti a scherzare e a trovarsi a loro agio con gli altri seppur si conoscono solo da un paio di mesi. Io sono così ma anche non lo sono. Ho bisogno di momenti di pura socialità in cui sembro un golden retriver e momenti in cui devo stare in silenzio perché fisicamente non riesco più a parlare.
Il mio essere è dovuto anche a tutte le mie patologie ma son sempre partita dalla convinzione che nessuno stia davvero bene del tutto e volevo sfidare le persone e vedere come ancora una volta avessi ragione io, ma non ne ero più tanto convinta, non quando convivevo con diciannove batterie duracell.

Il piede scalzo di Joseph mi colpì leggermente la parte bassa della schiena per risvegliarmi dai miei pensieri.
"Giovane Holden sono in piena fase voli pindarici" voltai il viso e alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi grandi e castani.
Ha uno sguardo particolare Joseph.
Uno di quelli che pare che non un singolo pensiero passi lì dietro, zero sinapsi, nessun collegamento.
"Lo so perciò son venuto a disturbarti" il monotono basso e l'accento romano nemmeno troppo marcato mi fanno sempre sorridere, "comunque io mangio, tu vuoi qualcosa?"
Il suo piede smette di punzecchiarmi la schiena ed è meglio per lui che per me o lo avrei preso per la caviglia e fatto cadere.
Non ha nemmeno grandi riflessi.
"Che ti fai?"
Non che avessi davvero delle pretese riguardo al cibo, sopratutto quando non toccava a me cucinare ma ero curiosa di natura.
"Petto di pollo e insalata." Increspò lievemente le labbra in un sorriso divertito.
"Va bene, healthy Holden" non è esattamente dovuto ad una voglia di seguire una dieta, quanto più alla sua non volontà di cucinare qualcosa che richiedesse più di dieci minuti di cottura.
"È che non c'ho voglia stasera."
"Ah lo so" scoppiai a ridere.

Joseph è una delle persone con cui ho legato di più. C'è stata sin da subito una sorta di sintonia dovuta forse ai nostri esseri. 
Lui è quanto me una persona particolare ma in maniera completamente differente e migliore.
E questa stranezza che ci appartiene mi fa sentire più vicina a lui che a chiunque. Ed oltre questo c'è anche da considerare che capisce perfettamente quando non ho voglia di parlare, quindi cento punti a grifondoro.

"Come va il compito, Kumo?"
Tiziano mangiava la sua pasta ricurvo sul tablet a guardare e riguardare la coreografia di neo classico che gli era stata data dalla Celentano come compito per la puntata che sarebbe andata in onda sabato.
Io ero seduta di fronte a lui nel tavolone del pranzo e lo studiavo con le braccia conserte mentre delle rughette di concentrazione si erano formate sulla sua fronte olivastra.
Lui allungò il dito per mettere in pausa il video e si tolse l'unico auricolare che aveva su per ascoltare la musica della coreo, "non ce la posso fare Amen, è proprio fuori dalle mie corde" gli occhi neri mi guardavano ma non stava pensando al discorso con me, stava pensando alla situazione in cui era finito ed immaginavo fosse una bel fosso impossibile da saltare.
"Poi ho iniziato a studiare classico da quando son qui, cado se faccio una piroetta, sono instabile" si mise le mani fra i riccioli neri e sbuffò coprendosi il viso. Voleva evitare di piangere.
Non che ci fosse niente di male, ogni giorno eravamo portati a superarci e capire di non essere in grado di fare sempre tutto è una botta non indifferente alla propria autostima.
Mi allungai e alzai il sedere dalla sedia per prendere le mani di Tiziano nelle mie e cercare di dargli un po' di sollievo, "se ti hanno dato questo compito è per metterti in difficoltà-"
"Minchia ti prego consola anche me dopo."
Alzai il volto, oltre Kumo e le nostri mani, si era palesato dal nulla Mida con tutta la sua altezza, spavalderia e la sua faccia che urlava: prendimi a schiaffi.
Scossi la testa e tentai di non dargli peso, non era importante ora mettere su il solito teatrino fra me e lui per dare spazio ad un altro daytime e farmi odiare da qualche altra ragazza innamorata persa dal cantante. L'importante era concludere il discorso per Tiziano perché visto così sembrava solo che lo volessi affossare di più.
Tornai con lo sguardo sul ragazzo perso di fronte a me, stringendo un po' di più le sue mani, "volevo dirti che è chiaro che il compito ti sia stato dato per quella motivazione. Mi pare palese che sia così" continuai e Mida si sedette da qualche parte intorno al lavoro, "ma non devi pensare che dopo questa coreografia sarai lo zimbello della nazione perché non è così. Non è il tuo, Kumo, non puoi eccellere in una cosa che stai studiando da due mesi scarsi ma puoi dare tutto il meglio, fare vedere che ci hai provato e prenderti la tua pacca sulla spalla dal tuo insegnante fiero di te e della tua volontà."
Lo dissi a lui ma lo dissi anche a me.
"Nel tuo sei un campione ma sei venuto qua, oltre che per farti conoscere anche per combattere contro i tuoi lati più vacillanti, no? A parte il lato tecnico, questa cosa ti aiuta ad affrontare le tue paure, i tuoi pensieri più...merdosi che hai su di te e i mille dubbi che ti porti sempre appresso perché sei tanto insicuro e fattelo dire, senza motivazione. Sei bravissimo, sei un figo e lo so io che dici ok che cazzo me ne frega ma lo sanno anche tutti gli altri e ti  viene dimostrato ad ogni puntata, ad ogni gara."
Gli strinsi ancora le mani e poi lo lasciai andare, "ora ti lascio continuare a studiare così sei più tranquillo."
Gli sorrisi e lui sorrise a me tentando in tutti i modi per non piangere ma avevo iniziato a conoscerlo un pochino e ancora non sapevo se piangeva per la preoccupazione o perché era contento quando si sentiva vicino a qualcuno.
Era un'anima buona.
"Tié" Holden mi posò il piatto di petto di pollo davanti al mio petto sul tavolo e si sedette di fianco a Kumo dandogli una pacca sulla schiena.
"Ma ogni tanto riesci a cucinarti qualcosa da sola?"
Avevo appena infilzato un pezzo di pollo con la mia forchetta ed ero pronta a dirigerlo nel mio stomaco ma mi fermai a mezz'aria. Non volevo strozzarmi con il mio risentimento.
Mi voltai verso la sedia più a destra rispetto alla mia.
Mida era seduto scomposto e stava scribacchiando qualcosa su un quaderno.
"Io sì. Tu ogni tanto riesci ad arrivare primo nelle gare?" Domandai sorridendogli.
Purtroppo, ero una persona del cazzo che sapeva dove colpire e purtroppo sapevo che davo aria alla bocca solo per dargli fastidio ma la faccia che faceva subito dopo che io avevo dato il mio giudizio mi riempiva di soddisfazione.
Dischiuse lievemente le labbra e gli occhi già grandi e tondi divennero lievemente più grandi e più scuri.
Si era infastidito.
Mi guardò con disprezzo, si alzò facendo stridere le gambe della sedia contro il pavimento, prese il quaderno facendolo strisciare sul tavolo e se ne andò.
"Perché diventi così quando si tratta di Mida?"
Mi voltai verso Joseph e feci spallucce per poi iniziare finalmente a mangiare.
"Perché mi prende di mira dal primo giorno e io mi sono rotta il cazzo."
Aveva ragione mia madre.

Durante la settimana ci avevano risvegliato dal nostro tepore dello studio e delle lezioni con l'ennesima gara fra noi cantanti.
Questa volta sarebbe stata giudicata da un critico musicale, Gino Castaldo e chi sarebbe arrivato ultimo avrebbe avuto un punto di penalità per sé e la propria squadra durante la puntata del pomeridiano.

Mi andai a sedere al mio posto, nell'ultima fila fra Nicolas e Mida ma essendo una sfida fra noi cantanti, Nicolas non c'era perciò di fianco avevo il privilegio di avere nelle mie prossimità solo il venezuelano per nulla permaloso.

Io scesi per terza, dopo Petit e Sarah. Mi aggiustai i capelli iniziando ad andare lievemente in panico, come sempre quando mi sentivo giudicata.

Presi più ciocche di capelli rosso fuoco e neri fra le dita e mi misi in centro del palco alzando il viso verso il monitor con il collegamento.

"Salve Gino" salutai deglutendo la paura. Lui ridacchiò e io nemmeno pensai al fatto che non avevo utilizzato il tono formale che avrei dovuto utilizzare.
"Ciao, vuoi dirmi qualcosa di te prima di cantare?"
Gino aveva un viso ovale, i capelli bianchi e le sopracciglia nere. Credo avesse sulla sessantina di anni ma nella sua tshirt nera sembrava molto giovane e tranquillo.
Alzai la mano e lo salutai, "io sono Amelia, ma mi faccio chiamare Amen perché quando sono nata mio padre ha detto Amen prima di svenire. Ho ventiquattro anni e nella vita faccio la triste impiegata ma...spero di non farlo più e...niente" continuai a toccarmi i miei capelli bicolor, non sapevo più cosa dire sentivo di essere andata in corto circuito, "dovrò cantare exile, di Taylor Swift."
Il critico musicale mi guardava e rideva e pareva quasi di avermi presi sulla simpatia e la cosa mi fece tirare un piccolo sospiro di sollievo. Piccolo perché dovevo ancora cantare.
"Come mai quel "devo"? Non ti piace la canzone?"
Scossi la testa velocemente, "Oh no no io amo Taylor, mia madre letteralmente ma non l'ho scelta io. Ringrazio la coach Anna che me l'ha assegnata. Grazie Anna."
Un'altra risata, "Ok, grazie Anna" ripeté lui, "quando vuoi puoi partire."
Io annuì, "posso solo chiedere una cosa ai ragazzi prima di partire?"
Lui mi fece segno di fare quello che avevo intenzione di fare perciò mi voltai verso i miei compagni e con il microfono in mano gli chiesi: "potete farmi da doppia voce sul ritornello? Così ha un po' più d'impatto, fa niente se non seguiamo il testo, basta che ripetete quello che canto io."
Li pregai con gli occhi e nessuno si fece problema anzi, presero la mia richiesta in modo attivo. Ero commossa.
"Ti chiedo scusa se ti darò le spalle" dissi prima di iniziare a cantare.



I primi capitoli fan cacare e non è che succeda molto ma dobbiamo avere fede - io in primis lmao.
Se vi interessa pls stellinate.
Grazie fioi 🪷

Paris Latino - Mida Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora