Venti

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Allenarsi con Mida consisteva nel sentirlo urlare sul tapis roulant, sentirlo urlare sull'ellittica e sentirlo urlare durante gli esercizi a corpo libero perché in quel modo si sfogava diceva lui.

"Vecio ti giuro se urli ancora una volta ti chiudo la testa nella porta" minacciai mettendomi a sedere sul mio tappetino una volta finita la serie di addominali crunch.

Al primo urlo ero divertita, al secondo pure ma al nono iniziavo a sentire le voci nella mia testa, come gli schizofrenici, che mi dicevano di farlo fuori.

Mida fece un'altra flessione e si accasciò sul suo tappetino blu con un rantolio schiacciando la faccia contro la plastica sintetica.
Girò il volto verso di me.
"Non ci arrivi alla mia testa, sei alta quanto un bonsai."

Ero seduta, a gambe incrociate e con il corpo nella direzione del tizio morto vicino a me.
Allungai un piede coperto dai calzini blu con i panda per infilzarglielo nel fianco, "non sono io bassa, sei tu che sei spilungone."
Sul suo viso imperlato di sudore crebbe un sorriso e in quei momenti in cui c'era serenità con lui si stava davvero bene ma me ne stavo accorgendo solo in quel giorno, prima non ci avevo mai fatto davvero caso, pensavo sempre ad altro o tentavo di vederci il lato più nero e negativo.
Sorrisi anche io e mi misi i ciuffi scappati dalla coda bassa dietro le orecchie.
"Sei molto bella" parlò, con la guancia ancora schiacciata contro il tappetino che gli rendeva le labbra due canotti ancor più grandi, "anche se sudata, pezzata e con i piedi puzzolenti, sei proprio bella."
In quel momento mi ricordai perché con lui non riuscivo mai a stare del tutto bene.
Mi alzai di scatto dal tappetino per mettermi in piedi e guardare il corpo morto dall'alto.
Doveva rovinare sempre qualsiasi momento stessimo vivendo.
Sempre.
Non riusciva a non farlo o lo faceva distruggendomi o innalzandomi, però doveva farlo.
"Vado a lavarmi" pronunciai prima di incamminarmi verso la porta.

Dopo cena mi buttai con la grazia di una ballerina sul letto di Joseph, sedendomi con la schiena contro il muro color crema.
Mi misi su gli auricolari, intanto che lo aspettavo, per riascoltare le canzoni che avevo nel kit.
Quella che avrei dovuto fare in registrazione era Heaven is a place on Earth e ancora non avevo capito che cazzo di idea avessero di me gli insegnanti però mi era andata di lusso rispetto al solito, perciò avevo accettato ringraziandoli perfino per avermi risparmiato almeno quella settimana.

Qualche minuto dopo entrò Holden in camera con un tshirt beige larga e una tuta nera che camminava nella sua modalità stanchezza assomigliando vagamente alla marcia dei pinguini.
"Ho le coperte pulite" disse vedendomi sul suo letto.
Il sorrisone da coglione stampato sul viso.
Scoppiai a ridere, "guarda che mi lavo."
Inarcò le sopracciglia come a dirmi: sei una falsa e venne a sedersi insieme a me sul suo letto, gettandosi al mio fianco ma sdraiandosi.
"Ti senti pronta per dirmi che sta succedendo?"
Guardai in basso verso la faccia barbata di Joseph, lui sapeva già che mi ero appropriata del suo letto perché avevo bisogno di parlargli.
Quegli occhi vitrei erano anche intelligenti alle volte.
Annuì, "dovrò usare dei nomi in codice però" mi misi la mano sotto al mento e osservai il soffitto, "Caracas" pronunciai e annuì di nuovo ma questa volta a me stessa.
Geniale.
"Caracas?" Chiese Joseph confuso.
"Caracas" confermai.
"Mi pare abbastanza chiaro così però."
Abbassai lo sguardo sul ragazzo sdraiato le cui giganti pupille erano puntate su di me.
"Dici?"
Fece spallucce, "Eh dico."
Boh a me non sembrava, "allora Paris Latino?"
Mi venne da sorridere pronunciando quel nome, mi ricordava una canzone che ascoltava mia madre quando ero più piccola e andavano ancora le cassette.
Ne aveva tantissime lei, di tutti i generi però finiva sempre per mettere le stesse: o Celentano o la sua fissazione del momento, ed in estate mentre puliva spesso tornava Paris Latino.
"La canzone dei Bandolero?" Le sue labbra si incresparono in un sorriso divertito. Probabilmente stava dubitando della mia dote di dare nomi in codici.
Ne stavo dubitando anche io.
"Esattamente" cliccai la lingua contro il palato per farla schioccare.
Mi voltai per mettermi a sedere in modo che il mio corpo fosse diretto verso il suo, la posizione era un po' scomoda dato che la mia schiena ora era in balia dell'aria ma dovevo guardarlo mentre parlavo, le sue facce esprimevano al cinquanta percento quello che pensava, il resto ce lo metteva lui con la sua totale onestà.
Battei le mani, "allora" sistemai il mio sedere sul suo letto ficcandoci sotto i piedi e finendo in una sorta di posizione da preghiera, "te la faccio breve...quasi brevissima" Iniziai guardandolo negli occhi, "non so bene come ma è successo che Paris Latino mi ha voluto dare una mano per ricambiare un favore che a quanto pare io avrei fatto a lui."
Holden mise le braccia sul cuscino e le mani dietro la testa, "una mano a fare che?"
Se lo dicevo chiaro e tondo era chiaro che stessimo parlando di Mida ma io stavo parlando in codice per una motivazione, "una mano per...il vomito."
Aspettai qualche secondo, negli occhi del mio amico c'era il solito sfondo nero con la scritta 404.
Non aveva capito.
Pensavo che il vomito fosse un chiaro travestimento per la coreografia, dato che avevo vomitato grazie a quella.
Passò qualche altro secondo e aprì la bocca per dire un lungo "ahhhhh" chiarificatore.
Bene, potevo andare avanti.
"Poi dopo aver...vomitato" intendevo una volta finita la prova della coreo di whole lotta love, "sono andata a cercare qualcosa per pulire, sai che schifo lasciarlo lì e niente Paris Latino voleva darmi una mano anche lì ed è venuto con me."
Holden mi guardava, lo sguardo più vispo del solito, pareva pure avesse capito che stavamo parlando dello sgabuzzino nella palestra, ergo uno dei pochi posti senza telecamere.
"E?" Mi fece segno di andare avanti.
"E" battei di nuovo la mani, "mi giro e Paris Latino sta tipo qua dalla mia faccia" mi misi il palmo della mia mano praticamente attaccato al naso, "e mi dice che non se lo aspettava ma ero stata brava a...pulire e poi mi prende la ciocca e" Feci il gesto di mettermi i capelli dietro l'orecchio, "e cita qualcosa di suo ancor prima che io la sentissi."
Joseph si mise a sedere, la schiena contro il muro com'ero io prima, "non ho capito."
Manco io, pensai.
"Paris Latino dice una cosa sui miei capelli che poi il giorno dopo sentiamo in modo...inedito."
Aggrottò la fronte confuso e mimò con le labbra "rossofuoco" per poi sporgere il viso e cercare una conferma. Io mi limitai ad annuire e lui si mise drammaticamente una mano sopra la bocca.
"Aspetta che la parte peggiore è quella che viene dopo" gli dissi ridendo e vedendo la sua posizione da scioccata nobildonna, "Paris Latino inizia prima a stronzeggiare facendo battutine e poi mi dice e cito-" mi schiarì la voce per imitare quella di Mida che a mio parere aveva un forte accento milanese, "Eh figa il bauscia non te lo dico ma te lo dico eh figa vorrei baciarti ma non lo farò però vorrei prenderti la faccia e baciarti eh figa" Smisi di fare la mia imitazione quando sentì Joseph ridere e accasciarsi un po' per abbassare la testa castana chiara e continuare a ridere, "immagino proprio ti abbia detto queste parole" pronunciò fra le risate.
"Spiaccicate" risi anche io, "e poi sai cos'è successo?"
Joseph smise di ridere e alzò la faccia per guardarmi, "l'ho preso e bam, ho fatto io."
La sua mano da nobildonna drammatica tornò sulla sua bocca.
"Poi lui ci ha messo del suo eh, è partito un limone alla Bridget Jones e poi sai cosa mi ha detto dopo quell'energico scambio?"
Si tolse la mano dalla bocca e tornò a guardarmi serio, "che ha detto?"
Mi schiarì la voce e la resi più profonda, "Abbiamo fatto una cazzata" lo imitai.
"Ma seria?"
Annuì energicamente, "poi mi tratta come se nulla fosse, io mi incazzo, rimango confusa dalla...chanson" lo dissi in francese così rimaneva in codice, "poi discutiamo di nuovo gli dico che fondamentalmente mi son sentita una cazzona, torniamo a parlare ma continuano ad esserci questi alti e bassi, poi dovevamo fare quella cosa insieme sai?"
Lui fece un cenno con la testa dicendomi che aveva capito che mi riferissi al duetto della settimana scorsa, "e mentre tornavamo a casa mi dice che mi vuole ma che sono una chiavica e che lo faccio vivere in ansia mentre lei no, lo fa stare tranquillo e quindi fondamentalmente sceglie lei"
Tolsi i piedi da sotto il sedere perché non sentivo più il sangue circolare e misi le gambe incrociate, "e alla fine mentre facciamo i gym bros mi dice che sono bella, così plateale senza nessuna copertura e quindi niente me ne sono andata perché mi sono rotta il cazzo, non capisco che vuole da me."
Joseph sta in silenzio, circa mezzo secondo, mi guarda serio ma con quelle palle bianche vitre e senza pensieri come il solito per poi dire: "è palese che vorrebbe chiavare con te."
Mi allungai verso di lui per colpirgli una spalla con uno schiaffetto, ricevendo un suo "Ehi!"
Si massaggiò la spalla, "stavo dicendo è palese che vorrebbe fare roba con te ma tu fondamentalmente sei una pazza sgravata e lo dico perché pure io lo sono e io sono dalla parte di quelli...particolari ma credo che Paris Latino sia terribilmente spaventato ed abituato ad altro perciò cerca di raggiungere i rapporti, non dico più facili, ma più stabili e puri."
"Non sono pura?" Chiesi indicandomi. Non andavo a letto con qualcuno da anni, probabilmente ero tornata ad essere vergine.
"Non in quel senso scostumata" mi riprese il mio amico, "tu sei satana e lei Maria."
Misi le braccia conserte.
"Non voglio dire che da lei non sia preso perché lo sembra ma siete due persone così differenti che non riesce davvero a scegliere se non per il fatto che la tranquillità che gli trasmette lei tu non gliela puoi dare."
Sciolsi le braccia e le feci cadere sulle mie cosce, giocando con le mani, "e allora mi deve lasciare stare."
Se era consapevole che io e lui insieme avremmo preso fuoco mentre con Gaia si sarebbe innalzato verso il paradiso, poteva anche smetterla di fare quei giochetti con me tentando di stare in equilibrio fra me e lei perché ero arrivata al punto in cui lo avrei spinto io pur di farlo smettere. Ero stata così passiva in tutto ciò che riguardava lui che stavo raggiungendo il mio apice di aggressività.
"Ma gli piaci quindi sta cercando di capire anche lui come comportarsi con te. Devi solo capire tu che vuoi da lui."
La domanda mi devastava.
Non ne avevo idea.
Non sapevo se volevo continuare quel giochetto o se volevo che mi stesse almeno dodici metri distante come nelle restrizioni del tribunale.
"Non ne ho idea, io sono...infastidita da lui la maggior parte del tempo quindi ancora non son riuscita a far chiarire tutte le idee annebbiate che ho in testa."
"Ti piace?"
Che cazzo di domanda era, non si chiedono quelle cose alle persone adulte, quelle domande si fanno quando si ha quindici anni.
"Boh" rantolai fuori dalla mia bocca, "non so se mi ha infastidito più che lui avesse scelto lei invece che me, quindi solo per la mia valorosa dignità, o se mi è dispiaciuto proprio per lui. Non lo so."
"Ma sei gelosa di loro due?"
Ma io che ne sapevo.
"Non lo so, ripeto non so distinguere se il mio è fastidio per come sono stata trattata o se va oltre la cosa, però mi sono rotta il cazzo perciò la prossima volta che mi dice qualcosa gli lancio uno sputo in bocca."
Joseph scoppiò a ridere e scosse la testa, "Vuoi tornare al periodo in cui tu e Paris Latino litigavate come due ragazzini?"
Annuì, forse era meglio. Almeno non c'erano ancora stati baci o incomprensioni e vivevo serena.
"Che poi era chiaro anche lì che fra voi due ci fosse quella chimica da enemies to lover."
Assottigliai gli occhi, confusa. "Com'è che sai 'ste parole tu?"
Joseph increspò le labbra divertito mostrando i denti bianchi e degni di una pubblicità per un dentifricio, "perché sono un giovine, Amelia."
Scoppiai a ridere.
Era giovine non giovane. Aveva detto bene, son due cose completamente differenti e lui si identificava nella prima.

Paris Latino - Mida Where stories live. Discover now