Diciassette

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"Mida" lo chiamai e mi piazzai davanti a lui, in mezzo a noi l'isola nera della cucina.
La sua testa era china su uno yogurt, ancora chiuso, che fissava come se con la forza della mente riuscisse ad aprilo.
Alzò il viso, mi guardò mezzo secondo con gli occhi stanchi e affossati e riprese a guardare lo yogurt.

Io, al contrario suo, ero sveglia da due ore.
Senza una motivazione, sia chiaro, semplicemente c'erano giorni in cui dormivo più di merda del solito, e di solito dormivo comunque male.
Ma quelle due ore di anticipo mi avevano permesso di lavarmi, vestirmi, fare palestra, che non facevo praticamente mai, e aprire il libro di teoria perché uno di quei giorni ci sarebbe stata un'interrogazione in cui io avrei fatto schifo.

Fare tutte quelle cose in poche ore di solito mi rendeva piuttosto attiva, quasi iperattiva, e quella mattina avevo pensato tanto al duetto ed ero giunta alla conclusione che io con Mida non avrei voluto cantare quella canzone perché era così tanto inflazionata che ti veniva bene giusto se ti chiamavi Marracash o Elodie, non Amen.
Perciò avevo pensato ad altre opzioni che volevo condividere con lui ma dato il suo sguardo mattutino, ero dell'idea che lui non voleva condividere con me niente.

"Mida, lo yogurt non si apre da solo" commentai la sua vitalità da zombie e i suoi occhietti infossati.
Alzò il viso per guardarmi, "non so che voglio mangiare."
"Non lo yogurt a quanto pare" o lo avrebbe già mangiato. Nei minuti persi a fissarlo anche uno scarafaggio o il mio cane lo avrebbero già mangiato.
Il mio cane ci avrebbe messo all'incirca venti secondi perché buttava giù tutto come le anatre.
"Ho pensato al duetto" affermai mentre il ragazzo di fronte a me si allungava per prendere una marmellatina da 25 grammi e girarsi intorno nel suo pigiama a motivo scozzese, alla ricerca del pane o delle fette biscottate.
Le mie mani erano appoggiate sulla superficie dell'isola e esattamente qualche centimetro più avanti della mia mano sinistra c'erano le fette biscottate.
Non avevo capito come non era riuscito a vederle.
"Son qui le fette biscottate" le indicai con l'indice smaltato di viola scuro, quasi color melanzana se guardavo meglio sotto la luce calda della cucina della casetta.

Il ricciolo annuì, bofonchiò una sorta di grazie, prese le sue cose e andò sul tavolo con l'occorrente per fare colazione, trascinandosi dietro il suo lungo e stanco corpo.

Io chiaramente lo seguì, come se la sua ombra, perché doveva starmi a sentire.
Anche se non aveva voglia, anche se aveva dormito mezz'ora in tutte le otto ore a disposizione e anche se l'ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata sentire la mia voce di mattina presto.

Lui si sedette ed io feci strisciare la sedia in legno truciolato di fianco alla sua per sedermici sopra.
Mi voltai verso di lui il corpo e lo guardai mentre chino sul tavolo in legno chiaro spargeva la marmellata sulla fetta biscottata.
Si fermò per bere un sorso di caffè.
"Ho riflettuto in queste due ore e ho pensato che non possiamo fare Niente Canzoni D'amore, troppo scontata."
Giovanni passò dietro di noi commentando con un: "uà, bella quella canzone."
Bella sì ma non era ciò che faceva per noi.
"Ho un sacco, anzi tipo tre sacchi pieni di altre opzioni che potrebbero farci risaltare di più."
Mida annuì, chiaramente sovrappensiero.
Si voltò verso di me con la tazza bianca del caffè in mano, il mignolo era tirato su dalla tazza come se fosse un regale nobile di qualche casata.
Faceva molto ridere vederlo così rincoglionito ma anche così elegante.
"Non ti piace la canzone?"
Scossi la testa, "no la amo" chiarì poggiandomi con il gomito sul tavolo alla mia sinistra, "ma è scontata."
Annuì e prese la sua fetta biscottata.
Ne diede un morso e tornò a guardarmi.
Pian piano sembrava che stesse tornando alla vita, come quei manichini per le prove del DAE che lentamente con le scariche elettriche tornano a muoversi.
"E a cosa pensavi?"
Sorrisi e infilai la mano nella tasca della mia tuta grigia.
Tirai fuori un foglio ripiegato a quattro e lo aprì piazzandolo sul tavolo fra me e il morto vivente.
"Una di queste" dissi indicando il foglio su cui c'erano scritte quindici proposte di canzoni, a mio parere tutte estremamente valide.
Mida guardò il foglio, assottigliò gli occhi e poi guardò me con quelle due piccole fessure.
"Non ti aspetterai che le leggo tutte."
Annuì, era quello che mi aspettavo. E oltre quello avrei anche voluto che lui facesse una cernita e scegliesse le migliori tre su cui poi avremmo dovuto discutere ampiamente.
"Fai ancora le liste?"
La faccia di Joseph si materializzò fra la mia e la spalla di Christian.
Holden sapeva che avevo, purtroppo, una strana fissazione con le liste.
Le facevo per qualsiasi cosa e sempre ma stavo cercando di smettere ed erano almeno due settimane che non le facevo riguardo alle cose che riguardano il canto. Mi limitavo a farle riguardo a cose mie personali.
"Queste sono proposte" lo corressi, "per il duetto."
Holden dischiuse le labbra e si lascio sfuggire un "ohhhh" prolungato, annuì lentamente tornando indietro con la testa e sparì.
Io non lo capivo.
Christian allungò la mano sin sul mio ginocchio e con la palmo contro il tessuto dei miei pantaloni mi guardò in faccia.
"Dopo le guardo, ora vorrei mangiare."
"Ok, aspetto" risposi rimanendo lì seduta, con la sua mano sul mio ginocchio e il senso di disagio fermo alla bocca dello stomaco.
Con l'altra mano prese di nuovo la sua fetta biscottata e continuò a mangiare tranquillo.
Abbassai la testa per guardare la sua mano ferma su di me e aggrottai la fronte confusa.
Perché non la spostava?
La guardai ancora per qualche secondo mentre Mida era perso nel suo mondo a mangiare e non si rendeva conto di nulla, fissava un punto impreciso nel muro giallognolo davanti a sé senza dire una parola e con entrambe le mani occupate.
Doveva spostare quella mano.
"Puoi, tipo, levare la mano dal mio ginocchio?" La buttai lì.
Gli occhi tondi di Christian si piantarono sulla sua mano ferma sul mio ginocchio. Dilatò un po' le iridi castano chiaro, "scusami" bisbigliò, "non me n'ero manco accorto."
Allontanò presto la mano come se da quel momento il mio ginocchio aveva preso a bruciare e a scottargli la mano.
Finì di mangiare in fretta e prese il foglio per avvicinarselo di più a sé e alle sue briciole.

Paris Latino - Mida Where stories live. Discover now