Sette

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"Quindi ti ha chiesto di registrarla."
Non era una domanda, Joseph stava solo pensando a voce alta, fissando il soffitto della sua camera come se da lì fossero cadute giù delle risposte.
Io ero sdraiata di fianco a lui, le mani sulla pancia e cercavo di guardare quello che stava vedendo lui ma io ci vedevo solo un soffitto.
"Son contenta" replicai, "ma la parte strana di tutta 'sta roba" presi un secondo di silenzio per creare suspense, "è quello che gli ho detto la sera della festa di Halloween."
Erano passati due giorni da quella serata, io e Mida eravamo tornati quelli della settimana in cui eravamo andati stranamente d'accordo.
Ci istigavamo, facevamo battutine l'uno sull'altra ma sempre e solo per ridere, per ora non eravamo ancora andati oltre, anzi ci aiutavamo perfino nei compiti e nelle cover.
Joseph fece scorrere la nuca sul cuscino per guardarmi ma io rimasi ferma a guardare il soffitto.
"Che gli hai detto?"
Non sarei riuscita a rispondergli e anche guardarlo negli occhi, sarebbe stato troppo imbarazzante.
Sospirai.
"Non so perché" enunciai, "ma ho fatto una battuta sul suo pene."
Avevo tentato di cancellare quella mia triste uscita dalla mia testa ma mi era stato impossibile.
Per qualche motivo in quel momento avevo pensato che dire quella cosa a lui, fosse giusto e magari pure divertente e non ero manco ubriaca o fatta.
Che cazzo mi era preso.
"In che senso?"
Il ragazzo di fianco a me stava cercando con tutto se stesso di non ridere ma la faccia divertita tradiva i suoi intenti.
Sospirai ancora.
"Letteralmente gli ho detto che non volevo farlo eccitare perché altrimenti non sarebbe stato in grado di nascondere il suo mini pene dato il tessuto fino dei pantaloni."
Joseph scattò e si mise seduto.
Tempo un secondo e scoppiò a ridere mentre io rimasi inerme a fissare il soffitto.
Nella testa avevo i criceti.
C'era Alvin dei Chipmunk che dalla canzone di Mida era finito nel mio cranio per ballare e calpestare il mio cervello così da rendermi maledettamente stupida.
"Ma serio?" Fu l'unica cosa che riuscì a dirmi Holden.
Abbassai lo sguardo, essendo seduto, ora vedevo solo la sua schiena coperta dal maglioncino a strisce nere e viola.
Mi sentivo più tranquilla a parlare se non c'erano i suoi occhi vitrei a fissarmi.
"Purtroppo sì" sospirai per l'ennesima volta, "ma ti giuro non so perché. Bam e l'ho detto."
Una cogliona.
Ecco cos'ero.
Una misera cogliona.
Meritavo di prendere il mio fagotto e finire in una casetta da giardino sola, non riuscivo a starci in mezzo alle persone io.
Per un motivo o per un altro combinavo sempre casini.
Era una cosa più forte di me, scritta nel mio DNA.
Sospirai drammaticamente.
Quello fu il mio ultimo sospiro perché poi, nonostante la porta chiusa, sentimmo le urla di Angela oltre il legno truciolato finirci nelle orecchie e rompere quel momento idilliaco per Joseph e disastroso per me.

Mi alzai anche io a sedere e corrugai la fronte.
Tornai a guardare il mio amico che aveva smesso pian piano di ridere per allungare le orecchiette verso le urla.
"È Lil."
Astuto Joseph, molto astuto.
Annuì e mi alzai, volevo andare a sentire cosa stesse succedendo e avevo bisogno di distrarmi dal pensiero fisso della mia battuta sul pene di Mida e l'unico modo era quello di incanalare tutto il drama che Angela era disposta a donarmi.

Uscì dalla stanza, seguita da Holden e a passetti decisi finì nella cucina dove praticamente c'erano già tutti quelli presenti in casa, a parte i ragazzi impegnati nelle lezioni.
Angela era in piedi, vicino al frigorifero che urlava circondata da Holy, Mew e Matthew seduti fra gli sgabelli dell'isola e il tavolo, Mida in piedi dietro i fornelli con a fianco Kumo e Sofia, oltre loro Marisol che camminava avanti e indietro per preparare la borsa per la prossima lezione e Gaia che tentava di fare lo stesso ma non riusciva a concentrarsi.
Noi ci fermammo poco distanti da Mew e Holy seduti davanti all'isola della cucina.
"No che non sto calma!"
Angela era ferma, in piedi, con le braccia aperte e le mani rigide. Gli occhioni azzurri suggerivano a noi che non centravamo nulla di scappare fino a quando ne avremmo avuto modo, prima che fosse troppo tardi.
Ma io ero troppo curiosa per fuggire.
"Lasciate sempre la vostra merda in giro e vi aspettate sempre che ci sia una schiava pronta per pulire per voi!" Alzò ancora di più il tono, una vena si palesò sul suo collo bianco, "mi sono rotta il cazzo!"
Holy era girato verso di lei con lo sgabello, "ma quella padella non è nostra" lo disse come se fosse una frase che aveva dovuto ripetere almeno dodici volte in un lasso di tempo molto breve.
"E di chi?!"
Matthew si alzò dal tavolo, ma rimase distante dalla scenetta, "Angela noi te l'abbiamo detto che non è nostra, se tu vuoi continuare ad urlare fallo pure, non so più che dirti."
Detto ciò tirò sotto al tavolo la sedia e sparì nel corridoio.
Probabilmente non voleva litigare.
Peccato.
"Però stai calma" si intromise Mida.
Aveva un ottimo timing per infilarsi nei discorsi e farsi odiare.
Angela si voltò velocemente verso il ragazzo alto e sbarrò ancora di più gli occhi celesti per ripetere: "non sto calma cazzo!"
Mida mise giù la pentola che stava lavando e si voltò completamente verso di lei, "ad urlare così non risolvi un cazzo, anzi fai partire la brocca pure a me che non c'entro un cazzo. Abbiamo messo su quella cazzo di lavagnetta per i turni, se trovi una padella in più nel tuo turno, ti metti una fetta di culo in tasca e la lavi."
Non aveva tutti i torti ma dall'altra parte Angela aveva ragione ad arrabbiarsi.
Era una delle più pulite in casa ed ogni volta doveva accollarsi la sporcizia degli altri per evitare il provvedimento che ogni anno cadeva sulla testa degli amiciani come una coperta: quello per le pulizie.
Considerando che Holden, Mida ed Ayle erano già stati sgridati per quella storia da zozzoni, ne veniva in tasca anche loro avere un generale mastrolindo che li riprendesse quando lasciavano le padelle o i calzini in giro.
"Non mi sta bene che sporcate apposta quando c'è il turno di un altro così da evitare di pulire e poi che cazzo siete dei zulù che non riuscite manco a lavare una padella!"
Mida scosse la testa, "ma perché lo dici a noi come se fossi certa che quella cazzo di padella l'avessi lasciata io lì apposta per farti girare il culo?"
Prese un respiro, "quando ne vorrai parlare con calma, faremo i detective conan per capire chi ha lasciato 'sta cessa di padella ieri sera qui sull'isola, prima di quel momento puoi anche andare ad urlare da un'altra parte."
Angela continuò a dire qualcosa che non ascoltai perfettamente perché intenta a pensare ad altro.
Ero convinta che al pomeridiano di quella settimana avremmo tutti preso un palo nel deretano per quella discussione e probabilmente sarebbe successo nuovamente qualcosa.
Speravo non per me perché io nella prima settimana avevo ricevuto due sgridate da Lorella sulla puntualità e una da Maria stessa su quanto non stessi prendendo sul serio quell'occasione e non c'era niente di più imbarazzante di farsi sgridare da qualcuno dell'età della propria madre senza esserlo davvero.
Poi ora stavo simpatica a Maria e non volevo scendere dal mio piedistallo dei privilegi per una padella.

Paris Latino - Mida Where stories live. Discover now