3. Il marchio segreto

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La mattina seguente, un istante prima di aprire gli occhi e scuotersi dal pesante sonno indotto dai farmaci, Evander sognò i suoi genitori adottivi che parlavano fra di loro.

«Tu non mi dici tutto, Jo. Io ho bisogno di conoscere la verità: voglio sapere le cose come stanno» diceva sua madre.
«Nulla di cui preoccuparsi, Constance. Solo il normale corso della vita» rispondeva suo padre.
«Devo saperlo, Jo».
«Due anni, nella più rosea delle ipotesi».

Un lungo silenzio riempì gli occhi chiusi di Evander con le immagini più strane e orribili.
«Due anni!».
«Temo di sì. Come sai, noi non ci sbagliamo spesso».
Di nuovo, il silenzio.

«Jo, voglio che tu mi dica una cosa. Credo di sapere già la risposta, ma... ho bisogno di sentirtelo dire almeno una volta, prima che tu...».
«Constance, se qualcosa di simile all'amore esiste ancora dentro di me, io l'ho provato per te. E per Evander. Ma, lo sai, noi disimpariamo ad amare: non ne siamo più capaci, quindi non chiedermi di mentire».

«Perché dici ancora "noi"?! Dopo tanti anni...» mormorava Constance, la voce intrisa di lacrime.
«Mi dispiace, Constance. Noi non smettiamo mai di essere ciò che siamo. Anche se io odio sentirmi ancora come uno di loro».
«Anche adesso hanno potere sulla nostra vita. Per la seconda volta, ti portano via da me».
«La mia fine non è colpa loro. E, comunque, forse è meglio così: ho convissuto troppo a lungo con i miei rimorsi di coscienza».

In quel momento, Evander aprì gli occhi e di fronte a lui non c'era nessuno. La stanza era vuota, immersa nel silenzio dell'alba.

Credette di aver sognato, e tirò un lungo sospiro di sollievo: nel sogno, aveva creduto di scoprire qualcosa di grave. Qualcosa di irreparabile. Ovvero, che al suo padre adottivo rimanevano solo due anni di vita, prima che una malattia lo portasse via per sempre.

Per fortuna, il ragazzo non trascorse molto tempo in quella solitudine piena di cattivi pensieri: qualcuno entrò nella stanza e Evander lo riconobbe come il suo nuovo amico, l'unico amico che avesse mai avuto.

Vedendolo sveglio, Reymond lo salutò con un sorriso e andò a sedersi in parte al suo letto. Mentre camminava, leggeva qualcosa sullo schermo di un visualizzatore elettronico.
Dopo qualche istante, scosse la testa, esclamando: «Il quotidiano dell'Impero diventa sempre più simile a un giornale di gossip: sentissi cosa scrivono oggi!».
«Cosa scrivono?» chiese Evander, pieno di curiosità.

«"Il reggente è scontento del comportamento infantile della sua futura consorte: la principessa Shal è stata riportata a corte dopo l'ennesimo tentativo di fuga. Si dice che nell'ultimo mese in cui era stata data per scomparsa, si sia abbigliata con abiti maschili e si sia imbarcata come sguattero sul Traghetto del Deserto, con lo scopo di far visita ai  Monaci delle Sabbie. A questo proposito, tuttavia, dobbiamo informare i nostri lettori che il Monastero delle Sabbie è andato distrutto per un incendio colposo. Si sospetta la negligenza di un monaco che è ora sotto indagine"».

«Come sarebbe che il Settimo Monastero è andato distrutto?!» esclamò Evander, allibito. «Jonathan dice che vi erano custodite un quarto delle risorse prime dell'intero pianeta Amaria!».

«Vedi? Fanno sempre così: mettono nello stesso articolo due notizie, una di poco conto come la fuga della principessa e l'altra di altissima importanza come la distruzione del Settimo Monastero, e poi parlano solo della più insignificante fra le due».
Nel dir così, Reymond rimise il visualizzatore nello zaino, con una smorfia di  disgusto. 
Evander aveva sempre invidiato quell'oggetto che vedeva in mano a tutti gli abitanti del villaggio, ma che a lui non era permesso usare: il suo padre adottivo odiava i visualizzatori elettronici tanto quanto la televisione.

Triplania- il predestinatoWhere stories live. Discover now