8. Il rogo

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Cassian avrebbe voluto intervenire.

Avrebbe dovuto farlo.

La sua coscienza e il suo cuore, straziati dalla crudeltà di cui era testimone, gli imponevano di fare qualcosa: non poteva lasciare che una donna, colpevole unicamente di aver fatto da madre a un bambino orfano, venisse uccisa davanti ai suoi occhi.

Quando finalmente ritrovò l'uso dei propri arti paralizzati dall'orrore, Cassian fece uno scatto in avanti, determinato a impedire quell'omicidio.

Ma fu trattenuto con la forza: quattro mani pesanti lo schiacciarono a terra. Gli uomini del Sommo Monaco, capo supremo dei Sei Monasteri, avevano obbedito al tacito comando del loro capo prima ancora che quest'ultimo gli avesse dato voce.

Il Sommo Monaco, un veradriano molto basso e con gli occhi di ghiaccio, era sdraiato accanto a Cassian, dietro la grossa siepe che nascondeva agli endar la presenza di un cospicuo manipolo di ribelli.

Cassian si sentì lo sguardo del monaco fisso addosso e udì le sue parole in un sussurro: «Non siamo qui per lei. Se ora ci riveliamo, il principe è morto».

Il Sommo Monaco era noto per la sua straordinaria preveggenza del futuro che si diceva superasse di molto anche quella dell'imperatrice Cassarah.
Cassian dovette accettare il fatto che il monaco aveva ragione, e che non era l'unico ad aver compreso che il sacrificio di quella donna era necessario per assicurare una possibilità di salvezza al giovane principe.

La donna stessa, Lady Constance Gruben, non indugiò un istante a sacrificarsi per il figlio adottivo.
Appena vide la schiera degli endar avanzare dalla campagna dritto verso di lei, la donna appiccò il fuoco alla propria casa e, invece di compiere un qualche tentativo per fuggire dalla morte, condannò sé stessa a morire soffocata o arsa viva, tappando ogni finestra e rimanendo chiusa in una prigione di fiamme.

L'ultima cosa che Cassian riuscì a vedere prima che una densa cappa di fumo grigio ostruisse la sua visuale sulla casa e sul suo interno, furono gli occhi rossi della donna che, con un'espressione di terrore sul volto, si affrettava a chiudere l'ultima finestra.

Quello sguardo di terrore rimase per sempre nel cuore di Cassian: egli aveva compreso, infatti, che la donna non aveva paura per sé stessa, ma per il figlio adottivo, per il quale stava dando la vita senza indugio.

La casa era piccola e tutta costruita in legno: sarebbe andata in cenere molto prima che gli endar, noti per la loro incredibile velocità negli spostamenti, fossero alle sue porte.

Questi ultimi compresero d'aver sottovalutato l'amore materno
di Lady Gruben, e affrettarono il passo: sul volto del capitano Yvnhal la frustrazione e la rabbia erano evidenti.

Al suo fianco, il Serpente albino non attese l'ordine del capitano: si coprì  il viso con la mascherina incorporata nell'elmo, calò sul capo il cappuccio nero, si avvolse nel lungo mantello e si lanciò tra le fiamme, veloce come un fulmine.

Ma era troppo tardi: la donna era morta, e non avrebbe più parlato.

End Sept uscì illeso dalla casa in fiamme, scuotendo la testa in segno negativo.
End Yvnhal annuì a quel tacito rapporto. Poi, disse: «Nascondiamoci ed aspettiamo che ritornino».

***

Nell'incendio avevano perso tutto ciò che avevano.

Avevano perso Constance, la casa, i libri, il lavoro.

E Evander aveva perso l'infanzia.

Erano fuggiti da un qualche pericolo imminente di cui Jonathan non aveva voluto parlargli.

Triplania- il predestinatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora