14. La sorella

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Se Evander avesse saputo chi era la ragazza dai capelli rossi, senza dubbio avrebbe degnato lei della stessa attenzione che aveva dedicato a Zora.
Ma, fortunatamente, non lo poteva sapere. La ragazza dai capelli rossi era Jayden.

Jayden, appena era arrivata sulla piattaforma di atterraggio, era corsa incontro alla sua più cara amica, la principessa Zora, che era all'accademia da un anno. Zora e Jayden erano amiche sin da quando erano in fasce, avevano solo un anno di differenza ed avevano un destino comune: un destino a fianco di un imperatore cui dovevano dedicare il  loro affetto, ma che avrebbero voluto non vedere mai più.
Zora aveva subito notato a quale passatempo Allen e Yan si erano dedicati, ed aveva deciso di mettere fine a quello stupido atto di bullismo.
Jayden, invece, non si era accorta di niente: aveva fama di essere sempre troppo persa fra i suoi pensieri e le sue fantasticherie, per rendersi conto di ciò che le avveniva attorno.
Trascinata dall'amica, si era ritrovata alle spalle di Evander e la prima cosa che aveva pensato quando le era riuscito di capire la situazione era:  «Che diavolo sta facendo quel ragazzo? Vuole farsi prendere a pugni da quattro ragazzi per dimostrare che non è uno stupido? Che deficiente. Come tutti i maschi».
Ma quelle parole:  «O preferite il  vecchio schema "tutti  contro uno"» la divertirono, e si sorprese a ridere. Quello stupido coraggio in fondo l'aveva colpita.
E anche il  suo aspetto aveva colto il  suo interesse.  Proprio per questo, aveva provato una punta di invidia per Zora quando si era resa conto che il contadino aveva platealmente preferito l'amica.
All'inizio, lo sguardo sconvolto dello sconosciuto le aveva fatto credere che fosse un po' stupido. Evidentemente, non si era mai trovato di fronte ad una principessa in vita sua, e la cosa lo sconvolgeva e lo metteva in imbarazzo.
Ma quando lui l'aveva guardata, aveva immediatamente cambiato idea.
Aveva notato i suoi occhi scuri e penetranti, la loro espressione cupa e ironica. Il fatto che fosse un contadino si poteva notare nei suoi abiti rozzi, e nei muscoli delle spalle e delle braccia piuttosto sviluppati rispetto ai ragazzi a cui era abituata, e il fatto che la sua condizione sociale fosse opposta alla sua come i due poli di un elettromagnete non le diede affatto fastidio. Anzi, non vi fece caso. Una cosa, invece, la sorprese: aveva l'impressione di aver già visto quel ragazzo da qualche parte: i suoi lineamenti le sembravano familiari.
Quando si furono allontanati un po', a Jayden non sfuggì il sorriso di Zora rivolto allo sconosciuto. In un attimo, Zora era passata da un atteggiamento combattivo ed aggressivo ad un atteggiamento allegro e sorridente. Lo sconosciuto continuava a guardarla come se non avesse mai visto prima una ragazza. E questo faceva crescere in Jayden una grande insoddisfazione.
Il contadino disse: «Grazie, altezza».
Zora si finse offesa e gli rispose: «Non mi chiamare "altezza" o io sarò costretta a chiamarti "contadino" e la cosa non mi piace affatto! Siamo tutti uguali, qualsiasi cosa possano pensare quegli oranghi dietro di te. A proposito, qual è il tuo nome?».
«Evander. Il  mio nome è Evander» rispose l'interrogato, dopo qualche istante di troppo.
«E da dove vieni?» chiese ancora Zora, fingendo di non notare il
suo evidente imbarazzo.
«Da... Andez».
«Andez? E cos'è? Una città?» gli chiese Jayden per intromettersi nel discorso.
A quel punto, lui si voltò finalmente verso di lei.
«Sì, sul limitare esterno» le rispose.
«Strano».
Lui la guardò sorpreso: «Che cosa è strano?».
«Niente...». Jayden si rese conto di aver parlato troppo. Un po' imbarazzata, rispose evasivamente: «Credevo di averti già visto, ma devo essermi sbagliata... Tu sei un contadino, è impossibile che io ti abbia già visto in giro a corte. Sei mai stato a corte?».
«No, mai» rispose lui, secco.
Jayden non aveva affatto capito che le sue parole dovevano essergli  sembrate un insulto sprezzante. Così, imperterrita, continuò:
«Ah, ecco! Tu vieni dal limitare esterno: è impossibile che ci siamo già incontrati. Devo essermi sbagliata».
Lui le lanciò uno sguardo infastidito e disse: «Ma certo che ti sei sbagliata: non mi hai neppure guardato in faccia, è ovvio che tu mi abbia scambiato per qualcun altro».
Finalmente Jayden aprì gli occhi e capì che l'aveva offeso. Gli lanciò un'occhiataccia arrabbiata e lui si voltò dall'altra parte.
La principessa Zora aprì bocca per intervenire, ma prima che potesse parlare, Jayden esclamò:
«Ti credi migliore di noi, è così? Pensi che noi, figli di nobili, siamo soltanto ragazzi viziati che si trovano la pappa pronta, mentre voi contadini dovete farvi da soli, vero? Vorrei sapere cosa ti da il diritto di credere una cosa così ingiusta!».
Zora la guardò sconcertata.
«Jayden non voleva dire questo!» esclamò poi, rivolgendosi a Evander, che sembrava furioso per quelle parole. Il nome "Jayden" non era familiare a Evander, che non la collegò affatto alla profezia.
«Jayden? É così che ti chiami?» disse: «Ebbene, Jayden, ti voglio dire una cosa. Non c'è alcun problema, in fondo io sono solo un contadino e per te non sarò mai altro perché i tuoi begli occhi da figlia di nobile non si abbasseranno mai su di me da pari a pari. E quando due persone non si guardano sullo stesso piano non vedono nulla l'uno dell'altra».
Jayden era sconvolta per quella risposta a tono. Non ci era affatto abituata. Appena scoprivano chi era, tutti i ragazzi si guardavano bene dal dire la loro opinione, se era contraria alla sua. Tranne Allen, naturalmente, perché lui era un suo amico d'infanzia. Jayden si sporse oltre Zora, che tentava di porsi in mezzo a lei e al contadino, e disse:
«Allora tu sei il primo a commettere questo sbaglio. Perché, se tu avessi guardato in basso, dall'alto della tua statura da contadino, forse avresti notato che io e Zora ti abbiamo trattato esattamente come se tu fossi stato un nostro pari!».
«Come se io fossi stato un vostro pari?!» ripeté Evander, esasperato.
Zora, in mezzo a loro, esclamò: «Basta, tutti e due!». Poi, aggiunse: «Jayden non voleva dire quello che ha detto!» e si rivolse all'amica: «Ma che ti è preso!?».
Quest'ultima la guardò,  arrabbiata con l'amica perché prendeva le parti di lui e con sé stessa perché sentiva di essere stata un po' impulsiva.
In quel momento, però, Evander fece una cosa che non si sarebbe
mai aspettata. Con sguardo evasivo, disse: «Principessa Zora, scusami, per un momento ho dimenticato chi sono e con chi stavo parlando...».
Zora lo interruppe: «No! Ma che dici? Jayden non voleva insultarti!». Jayden non riusciva più ad aprire bocca.
Ma lui rispose: «E non l'ha fatto! Mi ha solamente ricordato il mio posto e, ora che me lo sono ricordato, forse è meglio se tolgo il disturbo. Arrivederci, principessa, e grazie».
Jayden lo guardò andarsene finché non sparì oltre la porta dell'ingresso comune. Non era per niente contenta di come erano andate le cose.  Quella breve conversazione aveva reso il suo umore ancora più nero, terminando un lavoro già iniziato con lo stress pre-esame e la scoperta che Allen voleva diventare un endar.
Si sentì lo sguardo di Zora fisso addosso e si girò a guardarla, assumendo subito un atteggiamento difensivo.
Ma quando i loro occhi si incrociarono, vide che, invece di guardarla con rabbia, Zora sorrideva maliziosamente: «L'ho capito, sai».
Che cosa voleva dire con quelle parole? Jayden proprio non riusciva a capirlo.
«Che cosa hai capito?».
Zora alzò le spalle,  poi, con un tono leggero, come se volesse cambiare argomento, riprese: «Sai, mancano parecchi anni ai venticinque».
«Cosa?».
«Hai solo quindici anni, e finché non avrai venticinque anni non dovrai sposare mio fratello Vlastamir. Sei libera, ora».
Pronunciò le ultime parole con particolare forza. Jayden capì che
dovevano contenere il succo del messaggio.
Fece una smorfia e disse: «Di che stai parlando?! Come siamo
arrivate a parlare di tuo fratello?!».
«Ma è solo di questo, che abbiamo parlato, sin da quando sei arrivata! Ed è di questo, che parlavi con quel ragazzo che è appena scomparso oltre quella porta».
«Non è vero: tuo fratello non c'entra affatto!».
«E, invece, c'entra eccome. Era di lui che parlavi quando hai detto a Evander che il futuro dei nobili non è tutto rose e fiori!».
«Beh, sì, è vero, alludevo a lui, ma...».
«Ma non è solo questo che ti ha spinto a trattare quel ragazzo in modo così ingiusto, è così?» incalzò Zora, con un sorriso malizioso.
Jayden si voltò verso di lei sconcertata.
«Ingiusto?! Io non l'ho trattato in modo ingiusto! Se l'è andata a cercare! Ha incominciato lui: io non avrei mai tirato fuori per prima questa storia della sua inferiorità!».
«Inferiorità?!».
Zora sembrava davvero indignata, questa volta: «Allora lo credi davvero?!».
«No! Certo, che non lo credo davvero...».
«Però gli hai fatto credere che lo pensavi».
«Ma è lui che ha interpretato male. Io non volevo affatto dire che è inferiore a noi solo perché è figlio di un contadino del limitare esterno».
Zora la guardò per qualche istante socchiudendo gli occhi, poi scrollò il  capo e, fingendo di dar poco peso alla cosa, con uno sbadiglio, disse:
«Non importa, fortunatamente non credo che lo rivedremo mai, quel ragazzo, dopo l'esame generale. Così non avrete l'occasione né di scusarvi, né di insultarvi un'altra volta».
Jayden smise di camminare.
Zora, senza accorgersene, la lasciò indietro.
«Perché... Perché dici che non lo rivedremo?» mormorò Jayden,
improvvisamente colta da un principio di balbuzie.
Zora si voltò, sorpresa di vedere l'amica così abbattuta. Si avvicinò e cercò di farla ragionare:
«Sono realista. Se era qui per fare l'esame di ammissione... Sono
pochi, Jayden, i contadini che hanno la possibilità di prepararsi per la selezione, e pochissimi sono quelli che la passano».
Jayden non rispose.
Si rigirò nervosamente fra le mani il braccialetto, senza neppure guardare Zora negli occhi.
«Una cosa che dovrai cambiare assolutamente, quando sarai imperatrice!» aggiunse quest'ultima, dopo un momento. Cercò di spostare l'argomento su un altro tema, ma facendo una scelta non meno felice: «Mio fratello Vlastamir crede davvero alla loro inferiorità genetica. È solamente un arrogante! Non sai quanto spero che mio padre nomini Adalwin al suo posto, appena tornerà dalla Fortezza di Confine. Io credo che sia proprio questo, che mio padre sta aspettando: che mio fratello Adalwin torni! Io lo so, che mio padre non è così malato come sembra...».
Jayden si era completamente dimenticata di Adalwin. Un ragazzo che entra alla Fortezza di Confine smette di esistere. Adalwin ci era entrato all'età di cinque anni, il che voleva dire che nella sua memoria non poteva aver lasciato alcun segno.
«Adalwin...» disse, scuotendo la testa: «Zora, tu neppure lo conosci. Quando fu portato via eri troppo piccola... E da allora non l'hai più rivisto!».
«Ma, nonostante questo, io mi ricordo di lui come un bambino dolce e buono. Spero solamente che avesse anche la ferma volontà di mia madre».
Zora doveva sapere che Adalwin, una volta diventato endar, non poteva tornare ad essere il bambino buono e dolce che era quando aveva cinque anni; tuttavia, continuava a ripeterlo con convinzione.
Jayden non se la sentiva di toglierle quella speranza. Anche perché... era anche la sua. Però aveva un altro timore: ovvero di passare dalla padella nella brace: «Se... Se Adalwin tornasse, e se l'imperatore nominasse lui suo successore, e il popolo accettasse questa sua decisione... Se tutto ciò avvenisse, io sarei costretta a sposare Adalwin al posto di Vlastamir, non è così?» disse, guardando fisso a terra.
«Adalwin è un endar. La decisione di farlo salire al trono al posto di Vlastamir sarebbe alquanto impopolare... Secondo il loro codice, un endar non può diventare imperatore, né può sposarsi, né mettere al mondo un figlio. Ma, se Adalwin salisse al trono, dovrebbe mettere al mondo un erede. E il tuo matrimonio con lui sanzionerebbe la scelta dell'imperatore, quindi temo di sì: dovrai sposarlo...».
«Ma... Se tuo padre mi sciogliesse da...».
«Non può farlo, Jayden. Mi dispiace. Mio padre ha giurato a mia madre che tu avresti sposato l'erede...».
«Alekym!» La interruppe Jayden: «Che io avrei sposato Alekym! Non Adalwin, e neppure Vlastamir. Ora che Alekym è morto, non c'è motivo di attenersi a quel giuramento».
«E invece, Jayden, temo che, se non vi si atterrà, mio padre perderà anche quel poco credito che ha presso il popolo. Tu dimentichi che è malato e pazzo... Se profanasse il suo giuramento, nessuno potrebbe credere alla sua lucidità mentale. Riuscire a nominare Adalwin al posto di Vlastamir credo sia il massimo che possa fare senza incorrere nel rifiuto del. popolo».
«Allora non ho più alcuna speranza di un matrimonio felice» disse Jayden, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi senza vita.
Le due ragazze ripresero a camminare in silenzio e giunsero alle loro stanze private, che si trovavano una accanto all'altra.
Mentre apriva la porta della propria stanza, Zora, fissando il suolo, mormorò:
«Una speranza c'è».
Jayden impiegò qualche istante a capire il  significato di quelle parole:  «Intendi innamorarmi di tuo fratello Adalwin? Certo, come età si avvicina di più che Vlastamir, ma anche se tu dici che era un bambino buono e dolce, l'addestramento endar lo avrà reso insensibile e senza cuore. Anche se spero che neppure questo sia vero, visto che, se lo fosse, Adalwin non sarebbe neppure l'imperatore che vorremmo al posto di Vlastamir».
Nel dir così, Jayden aveva preceduto Zora nella stanza, lanciandosi sul letto dell'amica, con un sospiro rassegnato, facendo dondolare il letto con una gamba per scaricare lo stress.
Zora chiuse la porta e si avvicinò a lei.
«Ma io non parlavo di Adalwin» le disse, con un tono serio.
«E di cosa allora?» chiese Jayden, sospettosa. Cercò di calmarsi, ma sentì un inizio di rabbia afferrarle lo stomaco. Smise di far dondolare il letto e rimase immobile in attesa della risposta.
Zora le si sedette accanto: «Parlo del sogno di mia madre, quello che il popolo chiama "profezia"».
«Ma certo! Come no!» esclamò Jayden, con sarcasmo, gesticolando in modo esagerato con le braccia: «Speriamo che la profezia si avveri, che Alekym ritorni dal regno dei morti, che sconfigga gli endar e che io mi innamori follemente di lui!».
Si gettò di nuovo sul letto, a pancia in giù, quasi offesa: «È assurdo che tu riesca ancora a crederci!».
Zora rispose a tono:
«É ovvio che ci  credo! È mia madre che ha fatto quel sogno.
Quando era in vita, faceva spesso sogni premonitori, che si sono sempre rivelati veri. Mio padre si è fidato dei suoi consigli, ed ha sempre fatto bene. Perché non dovrei credere anche a questo sogno?!».
«Ma,  Zora...  potremmo averlo mal interpretato! Lo sai che ci sono due interpretazioni di quel sogno. Lo hai detto tu stessa. Come scegliere a quale delle due credere?».
«Io scelgo di credere a quella che desidero si avveri, perché il contrario mi riesce impossibile!».
Jayden la capiva perfettamente. Ma dar voce al proprio desiderio significava ammettere che ci credeva anche lei e ammettere una cosa simile significava sperare in qualcosa che, se non fosse accaduto, le avrebbe provocato un enorme dispiacere. Infilò la testa sotto al cuscino e non rispose.
Dopo un po', Zora cambiò discorso: «Che cosa è successo tra te e Allen?».
«Vuole essere scelto» disse Jayden, emergendo dal cuscino per poi prenderlo a pugni. Questo voleva dire già tutto.
Zora si girò sconcertata verso di lei, aspettò qualche secondo, poi disse: «Te l'ho sempre detto, che io lo trovo uno stupido. Ma tu non mi vuoi credere. E se è per lui che sei arrabbiata perché ti devi sposare con  un  altro, allora non siamo per niente d'accordo!».
«Per lui?!» gridò Jayden, sconcertata.
«Sì, per lui» annuì Zora, mettendo le mani sui fianchi.
«Zora, ti assicuro di no! Allen è solo un amico. E ora temo che non sia più neppure quello» rispose Jayden, con un'espressione disgustata. «Come  potrei mai innamorarmi di un ragazzo che come unica ambizione ha quella di diventare endar?!».
«Sai, la maggior parte delle persone lo considera il maggiore onore che possa loro capitare!» disse Zora punta sul vivo.
Si alzò, e, camminando avanti indietro per la stanza, incominciò con tono pedante ad elencare tutti i lati positivi del diventare endar, contandoli  sulle dita: «Gli endar ti formano il carattere, ti dànno una conoscenza approfondita in qualunque campo del sapere, un allenamento sistematico in tutte le discipline fisiche e pratiche, una forza d'animo capace di resistere a qualsiasi cosa.
Essere un endar significa non aver paura di nulla e nessuno, avere sempre il pieno controllo della situazione, non dipendere da alcuno e non avere nessuna debolezza di cui pentirsi». Si fermò e la guardò dritto negli  occhi: «Non deve essere poi così male come dici sempre tu!».
Jayden aveva osservato ogni suo movimento, allibita.
«Come?! Anche tu la pensi come Allen?! Certo, non è male sapere che nulla potrebbe ferirti. Ma che valore dai alla tua vita, se nulla in questo mondo può più toccarti il cuore?! E, poi, quando esci dalla Fortezza, non esisti più».
Zora socchiuse gli occhi ed incrociò le braccia:
«Ti spaventa così tanto? Il fatto di dimenticarti totalmente del tuo passato, intendo? Non pensi che possa essere un bene, invece? Chi conosci che sia diventato endar?».
«Nessuno».
«E allora non puoi sapere che cosa significhi davvero» dichiarò Zora.
Jayden sbuffò: «Beh, non so se mi va di affidare la mia personalità ad altri  perché la facciano scomparire e la rimpiazzino con qualcos'altro!».
Zora riprese a camminare avanti indietro: «Tu sei perfettamente cosciente durante tutto l'addestramento, e quello che fai, lo fai in modo volontario e consapevole. Anche dimenticare. Diventare un endar comporta enormi sacrifici e proprio perché sei in grado di fare questi sacrifici per il bene del popolo, ti guadagnerai la stima e l'ammirazione di tutti!».
«Ma, Zora...! Non ci si può neppure rifiutare! Quando ti scelgono, devi seguirli e basta! Come puoi dire che questo è un processo volontario e consapevole?!».
Il tono di Zora mentre perorava la causa degli endar era fin troppo pieno di rabbia. Era chiaro che voleva convincersi delle proprie parole solo per star meglio.
Jayden, invece, voleva farle capire che non c'era nulla di vero, in quello che si era messa in testa.
Zora le rispose:  «Solo i  ragazzi  che ne sono in grado vengono scelti. Passano una difficile selezione. E, in questa selezione, te l'assicuro, i  commissari ne sanno più degli stessi ragazzi sotto esame. Colui che è scelto non solo ne è degno, ma è anche inconsapevolmente felice di questa scelta!».
«Inconsapevolmente felice?! Come si può essere inconsapevolmente felici?!» esclamò Jayden. Quella conversazione la lasciava sempre più esterrefatta.
Zora aprì bocca per ribattere. Ma non le vennero le parole. Fece qualche passo ancora per la stanza, poi scoppiò in lacrime.
«Non si può! Hai ragione, non si può essere inconsapevolmente felici! Lo so, dico cose che non penso... Ma devo cercare di convincermi che sia così, capisci? Mio padre non ha destituito il corpo dei Mantelli Neri, e lui ha sempre fatto solo delle scelte giuste... E poi... Mio fratello Adalwin è in quella fortezza!».
Jayden la abbracciò per consolarla: «Hai ragione tu, non ne sappiamo abbastanza».
Lo diceva per non provocare un dispiacere all'amica, ma, se fosse stata lei al governo, non aveva dubbi che avrebbe abolito per sempre il corpo dei Mantelli Neri.
Dopo un momento, Zora, con le lacrime agli occhi, disse: «Jayden, no! Ho torto! Torto marcio! Ma non ho neppure il potere di cambiare niente!».
«Zora, presto l'avremo! Presto avremo...».
Furono interrotte da qualcuno che bussò alla porta.
Zora andò ad aprire ed il ragazzo, che stava per aprir bocca, si bloccò ammutolendo per la soggezione.
«Principessa!» esclamò, facendo un inchino imbarazzante.
Jayden si alzò dal letto ed andò a salvarlo: «Ciao, lei è la sosia della principessa Zora. Si chiama Dorotea. Cercavi qualcuno?».
Ma l'idea di Jayden per trarre fuori dall'imbarazzo il povero ragazzo non andò in porto, perché quest'ultimo, appena vide anche lei, divenne ancor più viola in faccia per l'imbarazzo.
Un biglietto gli cadde dalle mani in un secondo tentativo di inchinarsi che fu peggio del primo e che lo convinse a correr via il più veloce della luce.
Appena lui fu scomparso, Zora e Jayden si fissarono, poi alzarono gli occhi al cielo, diedero in una risata, e, infine, abbassarono gli occhi sul piccolo foglietto di carta sul pavimento.
Zora lo raccolse, lo lesse e fece un'espressione sgomenta:
«Che diavolo vuol dire?» chiese, porgendolo a Jayden.
Jayden lesse ad alta voce: «Quando la nostra comune amica arriverà, dille che l'aspetto ai piedi della foresta, dalle stalle, questa sera stessa. Per chiarirci: intendo quella coi due draghi appesi al collo».
«Io.... ho un ciondolo con due draghi!» balbettò Jayden, allibita.
Lo mostrò a Zora: i due draghi, uno bianco e l'altro rosso, intrecciavano le code a formare un cerchio. Spaventata, aggiunse: «Lo tengo sempre nascosto sotto al vestito: era di mia madre. Chi può averlo visto? Sono su questo pianeta solo da mezz'ora!».

Spazio autrice 💚
Ecco, ora avete conosciuto quasi tutti i personaggi principali. Che ne pensate?
Manca ancora qualcuno alla lista, ma... beh, ve l'ho detto: la vostra pazienza sarà ripagata.

Lo so che vi state chiedendo se mi sono dimenticata di Reymond... mi dispiace, ma qui ci vorrà MOLTA pazienza!

Triplania- il predestinatoWhere stories live. Discover now