34. Battute da frocio ✓

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«Je venisse un colpo a Valerio e Gianfranco che m'hanno fatto stà venti minuti fori ar freddo mezzo ignudo.»

Claudio aprì l'armadio e frugò tra i suoi vestiti.

«E je venisse pure a Simone, ché 'sto casino è tutta colpa sua.»

Valerio e Gianfranco avevano terminato la perquisizione delle camere. Avevano gentilmente concesso ai ragazzi e alle ragazze di rivestirsi e dato loro appuntamento entro dieci minuti in sala mensa. Le indagini sul furto di alcolici non erano finite.

Tiziano incrociò le braccia davanti al petto. «L'hai sentito?»

«A chi? Allo stronzo egocentrico alcolizzato?» Claudio sospirò guardando a terra. «M'ha scritto un messaggio, sta4 già in sala mensa. E vacce pure tu, ché sei vestito. Che ce fai ancora qui? Me devi dì quarcosa?»

«Volevo mettermi i calzini e le scarpe chiuse, ho freddo anch'io.» Tiziano si indicò i piedi: era in ciabatte.

«Eh. E che aspetti? Vièlli a pijià.» Claudio si sfilò la maglietta umida, la gettò a terra con un gesto nervoso e ne infilò rapidamente una asciutta e pulita. «Che cazzo, Simone s'è fottuto l'ultimi pantaloni lunghi che ci avevo.»

«Se vuoi te ne presto un paio.»

«Sì, così poi me chiedono se ci ho l'acqua alta a casa... no, grazie, ne metto un paio corti.»

Tiziano si affiancò a Claudio per prendere i calzini. Claudio non si spostò, e Tiziano ebbe un brivido quando le loro braccia si toccarono: la pelle dell'altro ragazzo era gelida.

In realtà i calzini erano solo una scusa per rimanere lì. Avrebbe voluto chiedergli di Simone, dei suoi problemi. Avrebbe voluto saperne di più. Ma non sapeva come chiederglielo, non voleva sembrare invadente.

«Che numero ci hai de piede, tu?»

«Quarantatre» disse Tiziano.

«Ok... io quarantasei... me usciranno un po' le dita davanti, ma me poi prestà 'e ciavatte? Nun me posso mette 'e scarpe fraciche.»

Tiziano si levò le ciabatte con un calcetto e le indicò a Claudio con la mano aperta, per invitarlo a servirsene.

Ma Claudio non le indossò. Rimase per qualche secondo fermo, come assorto su qualche pensiero.

«Sei... preoccupato?» chiese Tiziano, titubante.

Claudio sollevò le sopracciglia. «Preoccupato?» Strinse le labbra. «No. Cioè... sì. Il fatto è che se Valerio lo sgama... se Simone se becca pure 'sta batosta è la fine. Quer rincojonito nun ce torna più, in squadra. Nun ci avrebbe er coraggio, se vergognerebbe. E se Simone smette pure de giocà... va a finì che passa tutte le giornate a...» Claudio lasciò la frase in sospeso. Il suo sguardo era così triste. «Perché lui ci ha sempre la scusa bona: e perché vole festeggià, e perché s'annoia, e perché sta male...»

E io e il mio desiderio del cazzo gli abbiamo appena fornito una scusa nuova.

«Ma...» Tiziano si morse un labbro. «Ma quanto sta messo male Simone? Cioè... possibile che... io non mi sia mai accorto di niente? Ok che sono rincoglionito, però...»

«No, non sei rincoglionito... cioè, sì che sei rincoglionito, ma in questo caso non è colpa tua. È lui che è bravissimo a nasconderlo.»

Claudio si infilò un paio di pantaloni di tela che gli arrivavano al ginocchio. Fece due passi verso la porta d'ingresso e si fermò.

Appoggiò la schiena al muro e prese la testa tra le mani.

«Se solo trovasse il coraggio di mollarla...»

L'ultimo desiderio (BoyxBoy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora