Poesia 20.

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Francoforte, 11 Marzo 1934.
Una ragazza.

La ragazza della rugiada.

Sono pazzo
sono folle
sono un cazzo di guaio.

Io non sono Io.
Io sono solo voci,
quelle della gente
che parla quando passo
e quelle che sento
soffocarmi la mente
le orecchie
la bocca
le volontà,
per prendere il mio posto.

Non è colpa mia
se ho questo
morboso e ossessivo bisogno
di vederti dalla finesta
al mattino,
di imparare a memoria
ogni tuo tratto
difetto
luogo
ricordo,
e sbaglio.

Sbaglio
ma sbagliare
è il mio gran sbaglio
e io continuo a sbagliare
sempre e comunque.

Così dondolo,
per dondolare
dondolo sempre
fra la sanità
e l'infermità mentale;
dondolo anche
sul bordo di un balcone
coi rampicanti alle spalle,
con un coltello in mano
che tengo rivolto verso il petto,
su di uno sgabello in bilico
con una fune stretta sotto al mento.

Cazzo,
perché sono così sbagliato?

Si, io sbaglio
ma tu
rugiada e
bugiarda facile sei,
fai come lei
e ti mostri a me
solo al mattino
fra un vicolo e
un cappuccino.

Io sono pazzo
e di quelle rose in giardino
vorrei portartene un cazzo di mazzo
ma poi
mi ricordo di
non essere niente
di non essere nessuno
di non conoscerti nemmeno,
quanto io sia un cazzo di guaio
di come mi incazzano
i numeri pari,
di come la destra
deve essere uguale alla sinistra,
di come non basta controllare
che la porta sia chiusa a chiave
una volta
ma per farmi stare meglio
almeno una trentina;
di come ora che
mi sto assassinando
non mi bastano due pugnalate
per mandarmi giù,
ma almeno cinquanta:
venticinque con la destra e
venticinque con la sinistra.

Cazzo,
perché sono così sbagliato?

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