Poesia 35.

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Ciudad Juárez, 2 Maggio 1962.
Guadalupe.

Le due donne.

Le due donne
della sua vita
una ragazza
e una bottiglia,
le teneva entrambe
su per il collo
e non importava alla gente
che passava
di vederla malamente;
tanto più importante è
la birra se vien rovesciata
che il sangue se vien versato.

Le usava entrambe
di fretta e furia
senza pensarci
col solito piglio ubriaco
e la determinazione in alto
di possedere, di avere,
di governarle.

Più la seconda donna c'era
più la prima perdeva tutti i suoi petali
mentre lui,
più le usava e più cadeva
senza rendersi conto
nella dipendenza -
d'un bel visetto e una bella bevuta -
che gli girava attorno
fino a soffocarlo
per avere sempre più
e ancora di più.

E no,
non lo capiva
il male che faceva alla sua donna
ma non a quella di vetro scarno
attorno ad un liquido insano,
s'intende;
no, non lo capiva
che il sangue poi scorre
e va in mare
e pur a qualcuno deve arrivare
e a qualcuno deve bruciare
che al cuore a cui faceva parte
deve mancare
e che l'ira poi inizia a pulsare.

No, e forse
nemmeno la ragazza ne era cosciente
di quanto finto interesse gli desse
e di quanto la sua vita
non fosse naturale
di come il male
si confondesse col bene;
di quanto amore mancato avesse
di quanto arretrato avevo io da darle
di quanto cuore vorrei
finalmente regalarle,
ma che ormai non posso più
e mi costringo solo a portarle
due rose rosse
davanti alla lapide.

Che poi la gente
parla e parla
e non fa niente
ma quando si è sotto terra
è sempre presente,
che quando si urla pietà con gli occhi
và a pensare ai propri specchi
e quando il corpo non c'è
vuol rimediare con orpelli;
che poi forse manc'io
sono un granché
perché poi
pur'io porto ste rose rosse
senza aver mai fatto niente,
e ormai
non dormo, mi lesiono e piango,
bam
un colpo,
e il game over è fatto.

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