Poesia 37.

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Dnipro, 11 Giugno 2011.
Mikhaylyna.

Palazzi di vita.

Sono seduto sul bordo di un palazzo.
Sono seduto sul bordo di un palazzo
a scarabbocchiare idee
a sbuffare emozioni
a fare della mia vita un quadro finito.

Sono seduto sul bordo di un palazzo
con le gambe a penzoloni
che sfiorano l'oblio
e forse
l'idea di farne completamente parte
di essere finalmente dentro qualcosa,
non pare poi così male.

Sono seduto sul bordo del mio palazzo,
sul bordo della mia vita
e non so più cosa sia giusto
o cosa sia sbagliato
se è il male ad avere la faccia del bene
o il bene a non esistere affatto
se è il nulla
ad avere più peso del tutto
se quando tutto sembra crollare
quell'anima solitaria
in mezzo alle macerie
c'è.

Se quando un corpo percepisce il dolore
si ritrae o, lascia che tutto
lo travolga e lo spinga;
non lo so,
non lo so se son difettoso io
o il gran gioco chiamato mondo
nel quale io sono
solo una misera pallina
da flipper, sballottata
senza più percezioni
che non sa nemmeno più
percepire la flebile distinzione
fra un bacio sul collo
ed il sangue sul corpo.

Non so più il mio nome
non so più chi sono,
potrei essere te
e tu me
ma non sarebbe un granché
perché se io
poi, fossi te
mi vedrei buttato qui
e non vorrei che
per caso, se
tu vedessi poi
quando te c'è in me
ed io
quanto poco me c'è in te
poi seriamente non avrei
più niente attorno a me
e mi butterei giù, giù, giù
e non vedrei che, infondo
le nuvole ogni giorno
subiscono senza ma e senza se
lo stupro delle piogge
che gli alberi ed i fiori
vengono violentati dal vento che và
e che anche la Terra
viene pestata come niente.

E mi renderei un minimo conto
che osservando dal bordo del mio palazzo
giù verso al cemento
io non voglio urtarlo davvero
e che se vedessi bene capirei che
tutte le persone che vivono lì giù
hanno tutti la pelle incisa
un po' come me,
da frecce di emozioni
lanciate dal cuore e poi
tirate indietro trafiggendo lo stomaco,
da lame e bisturi
che lavorano come artigiani
su legno grezzo
intaccandolo così tanto
da morire in ogni attimo,
e da ferite ancora sanguinanti
cucite grossolanamente con fili
giostrati da chi poi
a proprio piacimento
fa comparire
sui loro volti
solo finti sorrisi.

Mi renderei conto
di non essere diverso dal mondo
e che volare giù
sarebbe solo un imbroglio
un modo per scalfire
il mio essere uomo
e per prendere
quello che in fondo
unicamente
solo
sono.

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