CAPITOLO 7

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  Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
( Oscar Wilde. )  


A svegliarmi ci pensa il sole di... mezzogiorno? Mi stiracchio tra le morbide coperte e mi rigiro un paio di volte fin quando i miei occhi incontrano due occhi scuri che mi osservano divertiti.

"Cavolo, sei lenta a svegliarti" la voce di Hiram arriva da una poltrona a l'altro capo della stanza. Non mi succede mai, di solito al mattino mi alzo presto, gli orari rigidi della Sebak sono difficili da dimenticare. Purtroppo, sarà stato l'alcol, la piccola sbronza o il letto morbidissimo, ma svegliarmi era impossibile.
Mi sollevo a tentoni e le vertigini pervadono tutta la mia testa. Odio i postumi, soprattutto perché ce l'ho di rado.

"Prendi questa" mi porge un'aspirina e un bicchiere d'acqua freddo che bevo in un solo sorso.

Mi osservo attorno tutto è come... no, non lo ricordavo per niente. Ieri ero troppo brilla per poter memorizzare per bene ogni minimo particolare della stanza. E solo quando mi soffermo su Hiram mi accorgo che lui è già vestito mentre io... sono con una maglia il triplo della mia taglia che, da seduta, sale sulle cosce lasciandomele scoperte. Che io, ovviamente, non copro.

"Ehm..." tossicchio.

"I tuoi Jeans erano scomodi cosi ieri sera ti ho lasciato questa maglia da poter indossare. Eri brilla ma non pensavo così ubriaca" ridacchia. In effetti sì, ora ricordo. I jeans neri erano troppo aderenti per potermi muovere libera a letto, letto lasciatomi gentilmente da Hiram.
"Ora alzati, fatti una doccia r vestiti. Usciamo." Mi lancia i miei jeans scuri e una felpa grigia che presumo sia la sua. Il problema è che credo che felpa e stivaletti da cowboy, come li definisce lui, facciano leggermente a cazzotti nella moda.
Hiram osserva il mio sguardo che va dalla felpa ai stivaletti sul tappeto chiaro, così sbuffa e raccoglie da un cassetto una t-shirt nera semplice.

"Rivoglio tutte e due indietro. La felpa portala, potrà fare freddo dove andremo." Esce dalla stanza e solo quando poso gli occhi sulla sedia accanto alla scrivania noto che sopra sono riposti un asciugamano e un accappatoio.

Non indugio un minuto in più, perché il sudore della sera prima sembra rendere la mia pelle particolarmente appiccicosa.

Dopo quindici minuti e una doccia rigenerante ho indosso i miei jeans stretti, gli stivaletti leggermente rialzati, la T-shirt di Hiram che metto nei jeans e la felpa appoggiata sulle spalle.

Il bagno di Hiram è esattamente come Hiram: maniacale.
Tutto esattamente ordinato e al loro posto, tranne io.
Mi chiedo se sto portano avanti la missione nel modo giusto, se è questa la via più semplice o quella più complessa.

Sospiro asciugando il viso. Fortuna che nella borsa di Sydney c'è sempre del trucco, perché una passata di mascara e un po' di burro cacao non guastano mai, così come le mentine. Diciamoci la verità, chi è che vuole parlare con una che ha bevuto, dormito e il giorno dopo non lava i denti? Io no di certo.
Così utilizzo tre, quattro o forse cinque mentine come se fossero dentifricio, ripassandomele per ogni angolo della bocca.
Ho anche scritto ad Elena per chiederle come stava, in cambio ho ricevuto un suo selfie in accappatoio e con una camomilla fumante.
Almeno una delle due è in vena oggi.

"Pensavo di doverti venire a lavare io" commenta sarcastico una volta che lo raggiungo in salone.

Ridacchia ma non si aspetta una mia risposta, nemmeno aspetta che io la dia, perché è già all'ingresso.

L'ascensore ci porta fin giù al parcheggio. Seguo Hiram di corsa e proprio mentre credo che stia per entrare nella sua auto, svolta a destra per poi arrivare ad un parcheggio più piccolo, dedicato solo alle moto. E che moto, ragazzi. Di ogni tipo. E soprattutto, costose.

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