CAPITOLO 25 - HIRAM

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"L'unico miracolo che possiamo fare sarà quello di continuare a vivere, difendere la fragilità della vita giorno per giorno."

( José Saramago, Cecità)


Ero a conoscenza del fatto che la Russia fosse grande, ma non credevo così tanto.
Il viaggio è stato lungo ed esasperante. Elena non ha fatto altro che parlare di Nick e di cosa ha intenzione di dirgli al ritorno di questa "avventura", sì, l'ha chiamata proprio così. Sembra quasi che le piaccia questa situazione, se non la conoscessi penserei che è eccitata all'idea di cosa ci aspetta.
Io no. Non lo sono per niente.
Certo, ho una voglia matta di rivedere finalmente il viso di Viktoriya e di poterle dire cosa penso. Anche se adesso non so davvero cosa penso. Penso solo di sembrare uno stupido. Abbiamo viaggiato un giorno intero per raggiungerla. No, in realtà abbiamo viaggiato un giorno intero per raggiungere Nick.
So cosa starete pensando, come hai fatto a non insospettirti? Beh, quel figlio di put***a è sempre in giro, sempre a scovare foto del cazzo e, nonostante il fuso orario, mi ha scritto spesso durante la settimana precedente. Di certo non si può dire che non è bravo nel suo mestiere.

Sospiro pesantemente mentre mi guardo in giro, osservo i palazzi e le case, lo stile europeo e quel tocco di cultura in ogni angolo della città. La città di Viktoriya.
Il termometro sul cellulare segna zero gradi, ma posso assicurarvi che quando incontro gli occhi di Nick io ne avverto ottanta. E non perché Nick riesca a provocarmi sensazioni piacevoli in qualche parte precisa di me, ma perché so che lui sa. So che sa dov'è. So che a breve ci porterà lì da lei.

"Speriamo che le mentine bastino." Mormora Elena. Poverina, per la fretta del viaggio abbiamo lasciato i bagagli in un motel qui vicino e non ci siamo soffermati ad acquistare cose utili come, non so, un dentifricio e degli spazzolini perché a quanto pare questo è un suo punto fisso.

"Tu non parlare, allora." Sussurro divertito ma il sorriso svanisce in fretta quando anche quello di Nick si affievolisce man mano.
Mi avvicino senza dire nulla, lo abbraccio forte come fanno le ragazze tra di loro e capisco di aver avuto fin ora troppi pregiudizi.
Chi l'ha detto che un uomo deve essere solo forte? Chi l'ha detto che un uomo non può aver bisogno di un abbraccio, di affetto?
Siamo troppo attaccati agli stereotipi. Ma se c'è una cosa che ho imparato con Viktoriya è che la forza non appartiene solo agli uomini, ma anche alle donne. Che la prepotenza non è solo una brutta qualità dell'uomo, ma può esserlo anche della donna. Che le parolacce possono dirle tutti, non solo gli uomini. Che i mostri possono essere di qualsiasi sesso e gli angeli anche.
Con Viktoriya ho imparato a piangere e capire che non c'è niente di male nel farlo. Dovrei ringraziarla anche solo per questo.

"Sono felice di rivederti vivo." Scherza Nick. Anche io, a dire il vero.

"Sono pronto."

"Seguitemi."

Entriamo in un furgoncino nero dai vetri oscurati e viaggiamo per circa venti minuti. Nessuno parla, nessuno accenna a quello che mi aspetterà. Ci aspetterà. Sì, perché Elena merita delle risposte. Merita di sapere perché la sua prima vera amica l'ha piantata in asso e mentito spudoratamente. Ma sono fiero di lei. Fiero che non ricorra più al liquore per poter zittire i pensieri.
Quando quello stronzo di Steve l'ha lasciata ho davvero temuto che potesse ricascarci, che potesse davvero ritornare a quei brutti anni. Invece Viktoriya era lì con lei. In qualche modo Viktoriya è riuscita a capirla e ad aiutarla. Da quel giorno è nata la loro amicizia. E, sebbene mi infastidisse l'idea che ne avesse parlato più con lei che con me, ero felice nel sapere che finalmente si stava aprendo con qualcuno di diverso da me. Attenzione, non che io non voglia ascoltarla, ma il fatto che inizi a fidarsi anche di altre persone è una cosa estremamente importante. E quando Viktoriya è andata via ho temuto per Elena e la sua sobrietà. Invece, ancora una volta, è stata forte. Forte come devo esserlo io tra qualche minuto.
L'auto accosta accanto ad un palazzo caratteristico fatto in pietra scura.

"Prima che voi saliate ho bisogno di dirvi delle cose." Si schiarisce la voce. "E' atterrata a San Pietroburgo il giorno dopo il funerale di tuo padre. E' qui quindi da circa otto giorni, ed è uscita da quel portone solo due volte. Una volta per fare la spesa, la seconda due giorni fa per consegnare una lettera. Non sono riuscito a leggere cosa ci fosse scritto nella lettera ma sono riuscito a rintracciare a chi era indirizzata." Mi fissa negli occhi, poi guarda Elena. "Era indirizzata a te." Elena fa un sussulto e si copre la bocca sorpresa. Beh, a dire il vero lo sono anche io. Non immaginavo che potesse davvero volerle così bene e invece Elena l'ha sempre saputo. Non ha mai dubitato della loro amicizia e dei loro sentimenti come amiche. Non come me. Che ho messo sempre in dubbio la sua sincerità.
Elena, nonostante sapesse che Viktoriya le avesse mentito su quasi praticamente tutto, non ha mai smesso di credere nel bene reciproco.
Io l'ho cacciata via per una cosa che non aveva fatto.

"Quando ritornerai a Los Angeles probabilmente ti aspetterà nella cassetta delle lettere."
Elena annuisce convinta.

"Abita al terzo piano, appartamento 3B. Se avete bisogno di me basterà urlare, vi aspetterò qui davanti al portone." Annuiamo in silenzio ma la verità è che me la sto facendo addosso dalla paura.
Usciamo dal furgone ma le mie gambe restano incollate al suolo. Non si muovono. Il mio cervello dice di fare dei passi in avanti ma loro decidono di stare ferme.
Elena mi afferra la mano e la stringe forte, ma io non sono pronto.
E' una cosa più grande di me, non riuscirò mai ad affrontarla davvero.

"Siamo arrivati fin qui, Hiram, non tirarti indietro proprio adesso."

"Non ci riesco."

"Non vuoi riuscirci. Non vuoi tu, Hiram. Perché hai paura che vedendola vorrai amarla piuttosto che odiarla e odiarla invece ti serve per poter avercela con qualcuno. Hai bisogno di qualcuno da incolpare ed è più facile se quel qualcuno è lei. Ma non starò qui a guardarti mentre ti fai del male." La voce alta, forte e decisa. Questa è la mia Elena.
MA ho davvero bisogno di qualcuno da incolpare? E perché è più facile incolpare lei che Ermak? Lo ammetto, ho odiato più lei che lui negli ultimi dieci giorni, perché è lei che mi ci ha messo in questa situazione... ma non è lei quella che ha premuto il grilletto.

"Hai bisogno di vederla, di parlarle, di chiarirvi." Sospira e scuote il capo. "Puoi farcela, Hiram, devi solo lasciar andare il dolore."

Stringo forte le sue dita intrecciate alle mie e spingo il portone in avanti. Nick ci guarda con un sorriso sincero e annuisce quando ci voltiamo.
Terzo piano. Appartamento 3B.
Scegliamo le scale piuttosto che l'ascensore malandato eppure quando arriviamo al primo piano sembra di averne già fatto venti. Ho così tanta agitazione nel cuore che potrei vomitare. Che figlio di puttana vulnerabile sto diventando.
Salgo le sale e quando svolto a destra l'unico appartamento è il 3B.
Fisso a lungo la porta in legno scuro, sospiro e tengo stretta la mano di Elena.
Perdonami, papà, se sto per rivedere la sorella del tuo assassino.

Busso con una mano, due tocchi ma decisi. L'agitazione sta per mangiarmi vivo.
Niente, nessuno. Ci riprovo, ma anche stavolta niente. Allora busso con più forza e più decisione, ma niente.
Gli occhi preoccupati di Elena incontrano i miei altrettanto pensierosi. Iniziano a venirmi in mente gli scenari più assurdi. Si è suicidata? Ha scritto una lettera ad Elena per dirle addio? E se qualcuno della Sebak fosse venuto qui per ucciderla? Sto pensando a tutte queste cose quando una pistola molto, molto, molto grande mi punta improvvisamente alla fronte.
Mi rendo conto che stavo trattenendo il respiro soltanto quando caccio fuori l'aria una volta che i miei occhi incontrano quelli di Viktoriya.
I suoi occhi... sono terrorizzati. Sgranati come non mai, tristi come non li ho mai visti.
Il suo viso è scarnito, anche il suo corpo. I capelli non sono più gli stessi. Ha tagliato le sue lunghe ciocche castane e li ha lasciati poco sopra le spalle. Anche quelle scarnite.
Cosa ti è successo, Viktoriya?
Cala la pistola incredula mentre con lo sguardo vaga da me ad Elena, da Elena a me.
Vorrei dire qualcosa, ma lascio che sia lei a parlare.

"Cosa ci fate qui? Come avete fatto a trov..?" ci riflette un secondo "Nick. Avrei dovuto immaginarlo."

"Perché te ne sei andata così?" Elena spara subito a zero.

"Entrate dentro, non possiamo parlarne qui sul pianerottolo."

Viktoriya depone la sua pistola in un cassetto accanto all'entrata.
Entriamo in una casa apparentemente nuova, ma si percepisce subito che ha un che di vissuto. E' piccola ma abbastanza spaziosa. Soggiorno e cucina sono un un'unica stanza, tutta sul legno chiaro con grandi finestre che inondano la casa di luce.

"Sono dovuta partire in quel modo perché non avevo più niente lì, dovevo farlo. Ti ho scritto una lettera, Elena, è tutto spiegato lì dentro ma ti pre... vi prego, vi prego di lasciar perdere. Non insistete più con questa storia, andate avanti con le vostre vite e dimenticatemi."
Dov'è finita la mia Viktoriya? Quella forte e audace? Quella che ho davanti non è più lei. Non mi guarda neanche negli occhi. Non incrocia il mio sguardo, quasi ignora la mia presenza.

"Hai mai tenuto alla nostra amicizia? Devo saperlo."

"Elena io ho amato la nostra amicizia." Gli occhi sinceri le si inondano di lacrime che prontamente ricaccia indietro. "Sei la prima vera amica che io abbia mai avuto e nonostante io sia un essere spregevole... il bene che ti voglio non cambia. Non ho mai mentito su questo." Ha un attimo di esitazione mentre Elena sorride. Non risponde, forse perché c'è poco da dire se non sa cosa è davvero successo e ho un colpo al cuore quando mi ritrovo a fissare lo sguardo vuoto e triste di Viktoriya.
"Adesso però dovete andar via."

"Viktoriya, dobbiamo parlare." La mia voce è così calma che non sembra neanche la mia.

"No, voi dovete andare via."

"No, dobbiamo parlare."

"No, Hiram. Voi non capite... dovete andar.."

"Volevo chiederti scusa."

Prova a sorridere ma è chiaro che non sorride sul serio. "Tu chiedi scusa a me?" la voce sarcastica ma lo sguardo resta spento.

Prendo un respiro profondo... poi faccio un passo avanti. E non parlo di quello fatto con le gambe. "Volevo chiederti scusa per averti dato la colpa di un qualcosa che non era sotto il tuo controllo, tantomeno il mio. Volevo chiederti scusa perché ti ho mandata via, nonostante tu avessi messo in pericolo te stessa e tuo fratello per due sconosciuti. Volevo chiederti scusa perché ti ho detto di andar via nonostante non fossi stata tu a premere il grilletto..." ricordarlo fa ancora male e i suoi occhi me lo confermano. "Ti chiedo scusa perché ti ho detto di andar via anche se ero l'unica persona che ti restava."

"Sono un mostro." Sussurra.

"Smettila di ripeterlo."

"Lo sono, Hiram, e lo sai benissimo."

"Sei solo una persona che ha commesso molti errori ma che ha deciso di cambiare."

"Sono un mostro che ha ucciso centinaia di persone. Persone che oggi non faccio altro che rivedere nella mia mente." Elena sussulta e viktoriya non può fare a meno di notarlo. "Sì, Elena, sono questo. Sono un essere... spregevole. Ho fatto del male a troppe persone e non merito il vostro perdono o la vostra compassione."

"Meriti di ricominciare, come chiunque altro." Elena esita, ma la voce è sincera.

"No! Io merito il carcere. Merito di morire. Merito le peggiori torture perché è questo ciò che merita un'assassina. Non puoi dire sul serio. Come posso ricominciare? Come ho potuto pensare di ricominciare? Come ho potuto credere di meritarmi la felicità se ho distrutto quella degli altri?" parla così velocemente che faccio fatica a starle dietro. "Non dormo più, Elena. Dormo un paio di ore a notte, quelle che bastano per sognare tutti quei volti distrutti a causa mia. E non mangio, perché qualsiasi cosa ingerisca mi fa correre in bagno a rimettere tutto, perché ho lo stomaco sotto sopra per lo schifo che ho fatto. Non esco, perché non merito quel momento di svago che ho distrutto per sempre a molte famiglie.
Resto giornate intere sul divano, provando a capire in che modo mettere fine alla Sebak e alla mia vita. Ma in entrambi i casi non trovo mai il coraggio." Sembra un libro aperto. Parla a raffica e le lacrima ormai le solcano le guance troppo scarnite. Non si preoccupa neanche di controllare se stiamo ascoltando, continua a parlare con gli occhi rivolti al cielo. Come se parlasse anche a qualcuno, e mi chiedo se non si stia rivolgendo a tutte le persone a cui ha tolto la vita. "Non riesco più a vivere... io... io non voglio più vivere, Hiram. Non voglio più vivere e non desidero altro che morire ma sono troppo codarda per farlo. Chiudo gli occhi con la speranza di non riaprirli ma puntualmente li riapro. E' probabilmente la mia punizione... ma io voglio morire. Voglio morire! Non ho mai desiderato così tanto qualcosa. Non merito di vivere e non merito che voi siate qui." urla così forte e le lacrime sono così tante che faccio fatica a distinguere il resto delle parole. Porta le mani alla testa e stringe così forte che a momenti potrebbe schiacciarla. "Sono un mostro e il vostro affetto non potrà guarirlo. Niente potrà guarire l'orrore che ho commesso. Capisci perché ti dicevo che sono spezzata? Perché lo sono. Perché non sono più intera. Non sono più niente. Non sono.. non sono.." le manca l'aria per quanto piange e il mio cuore si spezza, ancora una volta. Elena corre ad abbracciarla con gli occhi umidi. Viktoriya si lascia andare sul pavimento tra le braccia della sua unica vera amica. Ma io resto bloccato. Avverto qualche lacrima sulla gote... ma non riesco a muovermi. E non perché la odi, non perché ripenso a quello che è successo... ma perché è così fragile che ho paura di poterle fare del male.
"Non riesco più a respirare." Sussurra tra le lacrime in preda ad un attacco di ansia.

"Viktoriya." La mia voce la risveglia e mi fissa quasi incredula. "Non hai scelto tu quella vita, ti è stata imposta. Hai commesso degli errori, moltissimi errori... ma puoi provare a fare qualcosa di buono, puoi provare a smascherare la Sebak e mettere fine a quell'orrore. O puoi semplicemente donare un po' di pace a quelle famiglie. Puoi mettere solo un punto, se ti va... ma ti prego, non dire di voler morire. Hai fatto delle cose orribili, ma quante persone si sarebbero rifiutate con una pistola puntata alla testa 24h su 24?" sospira così impercettibilmente mentre prova a calmarsi. "La Sebak ha scelto per te per troppo tempo, non lasciarglielo fare ancora." Le sue lacrime smettono di uscire a fontana, adesso ne esce solo qualcuna lentamente incorniciando quel viso perfetto. "Ah, e c'è ancora un'altra cosa... volevo chiederti scusa anche per non averti ascoltata prima... e per non averti detto di restare quando volevo che lo facessi." Viktoriya chiude gli occhi, quasi come se le mie parole le facessero bene al cuore. Quasi come se un desidero le si fosse appena avverato. Quasi come se stesse tornando a respirare per bene. Un attimo dopo sono a terra, di fronte ad un corpo minuscolo che Elena stringe forte.

"Ti amo, Viktoriya. E non ho intenzione di andar via se non con te." Le prendo le mani e il cuore si spezza ancora una volta quando le ritrovo così piccole e scarnite. "Sono con te, Viktoriya... non ti lascerò, non ti lascerò mai più sola."
Non risponde, non so se perché spaventata da se stessa, dalla situazione, o se perché ormai arresa... ma annuisce con gli occhi chiusi, sul petto di Elena, mentre le sue mani stringono forte le mie.
Una lacrima solca il mio viso quando la sua voce dolce sussurra "Я люблю тебя всем сердцем,Hiram." Apre gli occhi e mi regala un mezzo sorriso, il primo vero da quandosiamo arrivati.

"Ti amo con tutto il cuore, Hiram."


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