CAPITOLO 14

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"Non posso continuare a mentire a me stesso dicendo che cambierò. Io sono veleno. C'è veleno nel mio passato,  c'è veleno dentro di me e distruggo tutto quello che tocco.  E' questa la mia eredità."
( Bojack Horseman )



Il vuoto mi culla nel suo silenzio, mi abbraccia con il nulla e mi tiene stretta per non rompermi ancora.
Il vuoto mi conforta.

Sbatto piano le palpebre, provo a fissare lo sguardo su qualcosa ma la luce è troppo forte e i miei occhi troppo stanchi.
Il vuoto mi richiama, mi vuole con sé.
Il vuoto mi conforta.
Ad ogni respiro avverto delle fitte al petto e alla schiena e quando provo a portarmi le mani al viso mi rendo conto di essere legata.
Il vuoto prova a riempirmi, il vuoto mi conforta.

Non so per quanto tempo sono rimasta svenuta, per quante ore io abbia dormito, non so da quanto sono qui legata, ma so che nel vuoto si stava bene. Il vuoto mi confortava.

I miei occhi si abituano ad una luce che non è in realtà forte, anzi, una lampada troppo poco nitida per poter vedere tutto con estrema chiarezza.
Sono in un edificio abbandonato, non solo perché è tutto rotto e inutilizzato, ma perché non c'è alcun rumore.
Nessuna auto, nessun clacson, nessuna sirena o bambino che urla. Nessun rumore.
Solo il vuoto.

Chiunque mi abbia legata, ha optato per della semplice corda piuttosto e anche abbastanza scadenti. Il nodo non è perfetto ma è fatto piuttosto bene. Per sfortuna di chiunque mi abbia legata, io so sciogliere qualsiasi nodo.
E' una delle prime lezioni alla Sebak.
Chiunque mi abbia colpito, aveva intenzione di tenermi in vita ma rischiava quasi di ammazzarmi perché l'impatto con l'asfalto è stato troppo brusco rispetto a come dovrebbe essere.
Sospiro dolorante ma non mi snodo, non ancora. Non urlo, non chiedo se c'è qualcuno e non imploro di essere liberata, se avessero voluto uccidermi, lo avrebbero già fatto. Ciò vuol dire che servo viva.
Immersa nei miei pensieri avverto dei passi, i passi di una sola persona. Catalizzo bene il rumore scricchiolante dei stivali di cuoio su un pavimento malandato e inondato di vetri, legno e tanto altro.
L'andata è decisa, per niente lenta e intimorita o troppo veloce e impaziente.
Il passo giusto, per un rapitore intelligente.

Poi il vuoto scompare e il mio cuore si spezza. Si frantuma in mille pezzi e si infiamma.
Poi scompare.
I miei occhi vagano nel nulla, poi nei suoi, poi nel nulla.
Poi ritornano in quelli di Hiram.
Non credevo di avere ancora così tanto cuore, fin quando non è arrivato Hiram e l'ho sentito rompersi, pezzo dopo pezzo. Ancora e ancora.
Hiram sa tutto.

Il suo sguardo è cupo e serio, con la barba più lunga del solito e un abbigliamento scuro e comodo, comodo per rapirmi.

"Ce ne hai messo di tempo per svegliarti." Mormora infastidito.
Mi osserva per qualche secondo, sono certa che sta cercando dei segni di cedimento... non sa che io sono abituata alle fiamme dell'inferno sulla mia stessa pelle.
I suoi occhi mi penetrano fin dentro le ossa, li sento su di me ma non mi parlano più.
Non sono più i miei occhi.

"Lo sapevo che mentivi, l'ho sempre saputo." Sussurra con voce spezzata. "Te l'ho detto fin da subito che una con i tuoi occhi deve per forza nascondere qualcosa." Calcia una piccola pietra e poi continua. "Sapevo che non eri sincera, è per questo che nelle ultime settimane ti ho fatta seguire. Credevo che fosse legato solamente a quel ragazzo, Ermak, ma quando Nick ti ha seguita fino ai servizi segreti, mi è stato subito chiaro che nascondi molto di più." La voce piena di rammarico e tristezza, ma anche dura e piena d'odio.
Si avvicina ad un piccolo tavolo dove vi poggia una pistola, una classica beretta. Questo potrebbe creare timori, ma io non ho paura di morire. Non per mano di Hiram.
Sul tavolo malridotto è poggiata una caraffa di acqua ed un bicchiere che riempie fino all'orlo.
A passo deciso mi raggiunge e poggia delicatamente il bicchiere sulle mie labbra.
Nonostante tutto, nonostante le bugie e il male che gli ho fatto, continua a preoccuparsi per me.
Bevo tutto d'un fiato. L'acqua fresca è come un coltello nello stomaco che regala fitte continue, un dolore a cui mi sto abituando, fin quando avverto la presa stretta di Hiram dietro la testa.
Getta il bicchiere per terra e con la mano sinistra mi tiene per la gola, con l'altra tira i capelli in modo tale che il mio capo sia piegato e possa guardare il suo, dal basso.
"Chi cazzo sei?" sibila.

LIES Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon