CAPITOLO 12

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"Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro."

(Friedrich Wilhelm Nietzsche )




Pettino i capelli lentamente tenendo attentamente lo sguardo fisso sui miei occhi.
Questo specchio non mi è mai piaciuto.
Sono qui dentro da almeno venti minuti ma non ho il coraggio di uscire. La possibilità di incontrare Hiram mi devasta.
Non dovrebbe essere così.
Non dovrei aver paura di incontrarlo, non dovrei aver paura della sua decisione. Sempre se dieci ore siano sufficienti a ponderare una decisione.
Sono sufficienti? E perché mi importa così tanto?
Non dovrebbe.
Non dovrebbe.

Non avrei mai pensato che potesse fregarmene qualcosa, ma invece sì. Mi importa.
Mi importa così tanto che non sono in grado di lasciar perdere.
Mi importa a tal punto da pensare che forse...

"Sydney, è tutto ok?" La voce dolce e calma di Elena mi riporta alla realtà.
Annuisco e provo a non incontrare il suo sguardo quando esco dal bagno. E' la seconda volta che mi pone questa domanda e non sono certa di essere pronta per una terza.

Non mi sono mai sentita così agitata in questo posto. Non mi sono mai sentita agitata in una missione. Hiram ha cambiato tutto. Hiram mi ha resa diversa. Mi sta rendendo vulnerabile.

"Hiram" sussurro quando lo vedo fermo accanto alla mia scrivania.
Lo sguardo serio e le labbra serrate gli conferiscono un aria dura che in altre circostanze avrei trovato sexy.
Oggi niente giacca, nessuna cravatta o pantalone elegante. Solo un Jeans semplice, una maglia bianca e un giaccone, un accenno di barba a completare un look completamente opposto a quello che Hiram utilizza per lavorare.

"Dove sei stata tutto questo tempo?" questi occhi così seri non sono gli occhi che io conosco. Gli occhi che mi hanno accarezzato da lontano per giorni quando non potevano essermi troppo vicini.

"Ero al bagno." Provo a dargli tempo per rispondermi ma le parole escono più in fretta dei pensieri. "Possiamo parlare?"

"No. Non ne ho voglia, Sydney. Non ho voglia di ascoltarti." La voce è un po' più alta del dovuto e questo cattura l'attenzione della gran parte delle persone in stanza.
Mi afferra per un braccio e mi attira a sé. "Non ho più bisogno di parole. Ho bisogno di fatti, Sydney. Ho bisogno di conoscerti, perché non ti conosco affatto." Sussurra.
Il suo fiato sulla mia pelle mi riporta in vita. Mi dona pace.
Inspiro il suo profumo e il calore della sua pelle e le parole appena pronunciate mi ricordano quante menzogne ho ancora da raccontare.
Ma non oggi.

"D'accordo. Lo farò. Adesso." Ho raccontato e dovrò raccontare ancora tante bugie, tante falsità e gli spezzerò il cuore, ma per oggi, solo per oggi... voglio che sappia qualcosa di me, di Viktoriya. Voglio che sappia delle verità, voglio godermi, solo per oggi, solo per un giorno, il gusto della libertà, della verità... e poi tornare alla missione. Completarla una volta e per tutte in meno di una settimana.
Mettere fine a tutto, anche ai miei pensieri.
Ma... almeno per oggi, voglio tornare a vivere.

Un lampo di speranza passa tra i suoi occhi, ma dura poco. So quanto è difficile per lui. So che non si fida più di me. So che sta iniziando a dubitare. Mi è già successo.
Ho condotto numerose missioni ed è già capitato che mi sfuggisse un piccolo particolare, che sbagliassi qualcosa o che semplicemente destassi qualche piccolo sospetto. Ma questo accadeva alla fine, negli ultimi giorni, o addirittura nelle ultime ore.
So cosa sta pensando, che non mi conosce affatto. Che non sa chi sono e che probabilmente sono peggio di ciò che appaio.
E non si sbaglia.
Sono il peggio che poteva incontrare.

In auto resta in silenzio, forse per la mia guida o forse perché in questo momento preferirebbe strozzarmi.
E nonostante il gelo che c'è tra noi, dopo un'ora e mezza circa di viaggio, riesco ad arrivare alla mia meta: Le Santa Monica Mountains.
Fortunatamente in auto ho sempre un paio di stivaletti, anche se non sono perfetti con i pantaloni di seta, ma questo non ha importanza.
Piuttosto, mi auguro che Hiram non si ponga domande sul perché ce l'abbia.
Mi segue cauto, senza rivolgermi parola, e questo, per la prima volta, mi ferisce.
Non avrei mai pensato che il silenzio potesse ferire così tanto, ma il suo mi ferisce. Mi manca quasi il respiro, e non perché siamo così in alto e cerco di salire una montagna con pantaloni di seta, giacca e top bianco, ma perché Hiram è qui con me, a fare una cosa che adoro, ma è come se non ci fosse.

"Perché hai dei stivali in auto?" certo, l'unica cosa che riesce a dirmi è l'unica che non doveva chiedere.

Sorrido. "Non si sa mai quando mi va di salire una montagna." Faccio spallucce e lo supero di qualche metro.
Non ho intenzione di scalare tutta la montagna, siamo già abbastanza in alto da poter vedere le strade lontane, le case lontane, il mondo sotto di noi.
Mi poggio ad una roccia e lo osservo mentre fa lo stesso.
Resterei qui a fare solo questo per tutto il resto della giornata, ma lui non mi rivolgerebbe comunque la parola.
E' qui per un solo motivo. Dopo più di un mese ci ritroviamo nella stessa situazione che aveva creato lui al Pyramid Lake, dopo quella sera in discoteca. Stavolta però sono io a raccontarmi.

"Ho trascorso molto tempo sulle montagne." Sospiro. "Non queste, quelle della Russia. Le ho scalate tutte, le ho visitate e ammirate, le ho vissute. Due, in particolare, resteranno per sempre nei miei ricordi. La prima è situata a Karabash, nella regione di Chelyabinsk. Se sali sulla sua montagna più alta, che sovrasta tutta la città, potrai capire cosa l'uomo è stato in grado di fare. Le montagne sono nere, sfoglie, prive di vita, così come la terra completamente arsa. L'acqua ha perso il colore cristallino, la delicatezza che la contraddistingue, la limpidezza... perché è arancione.
Alla cima della montagna puoi trovare una croce, forse a simboleggiare il "Riposa in pace" di ciò che non c'è più lì su. O almeno io preferisco pensarla così."

Non gli racconterò del perché ho raggiunto quelle montagne. Non gli racconterò del mio addestramento lì, non gli racconterò delle ore di corsa e del rischio di dover stare per minuti interi in quell'acqua se non si rispettavano le regole, se non si era abbastanza bravi.
Non gli racconterò del dolore ai piedi o dei proiettili volati a caso.
Non gli racconterò delle vite perse li sopra, non gli racconterò dell'orrore che ho vissuto e dell'orrore che i miei occhi hanno visto.

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