CAPITOLO 19

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"Dormivo solo per far andare via il dolore. Poi mi svegliavo e mi maledicevo di essere ancora vivo."
( Kurt Cobain )

Apro e chiudo gli occhi, respiro a malapena.
Non posso alzarmi da questo letto.
Me lo ripeto da cinque giorni. Continuo a raccontarmi bugie.
Di certo non sarei pronta per una passeggiata al sole, ma potrei sicuramente alzarmi per fare pipì più di due volte al giorno. Ma non ne ho voglia. Non ho più voglia di nulla.
Starmene a letto mi ha fatto riscoprire il piacere del dormire. Dormivo sempre troppo poco e male, adesso continuo a dormire male, ma perlomeno dormo tanto. Così tanto che in ventiquattro ore forse sono sveglia sette\otto.
Mi giro e rigiro tra le lenzuola, provo a sgranocchiare qualcosa, ma nulla ha più senso.
Osservo il cellulare per la millesima volta e il mio cuore, se è possibile, si spezza nuovamente quando mi ritrovo ad accettare il fatto che anche stavolta Hiram non mi ha cercata.
E' scomparso, è fuggito via, come gli avevo detto. Sarebbe stato un pazzo a non farlo.
Sospiro e invio un emoticon sorridente ad Elena, che crede stia dai mie genitori. Non sono pronta a dire addio alla mia unica amica e non sono pronta a raccontarle perché il The New Day è momentaneamente chiuso.
Non sono pronta, è questo che mi ripeto da cinque giorni.
Non sei pronta, Viktoriya.

"Oggi pasta." Ermak arriva piazzandomi un enorme piatto di pasta con verdure sul letto perché starmene un'ora seduta a tavola è totalmente impossibile, il mio corpo non ce la farebbe. E sì, è un'ora il tempo che impiego a mandar giù almeno metà delle cose che ci sono nel piatto. Non lo faccio di proposito, non voglio far pena ad Ermak né voglio che lui si senta in dovere di starmi accanto, ma non ho più voglia di nulla nella vita.

Lentamente mi siedo poggiando la schiena allo schienale del letto, pregando che lì dove la pelle si sta cicatrizzando non mi faccia male come ieri sera.
Passo in rassegna la pasta e mediamente capisco che mi ci vorrà una vita per finire tutto.
"Li hai trovati?" domando, non troppo a voce alta, perché non sono certa di voler chiedere e sapere la sua risposta.
Ermak alza gli occhi al cielo e beve lentamente un bicchiere d'acqua.

"Non te lo dirò quando e se già li ho trovati, devi mettere un punto a tutta questa storia, Viky. Devi andare avanti! Hai una nuova vita, una vera vita... vivila!" Il suo tono dolce quasi mi fa sorridere, ma il vero sorriso è dovuto all'ironia della situazione. Quale nuova vita? Io non ho più una vita.
Sono morta il primo giorno in cui ho ucciso un altro essere umano.
Sono rimorta quando ho perso Hiram e sono morta ancora una volta quando ho capito che tutto quello che ho fatto in questi anni non è servito a nulla, perché anziché rendere libero Ermak, l'ho imprigionato alla Sebak.
Quindi, quale vita?
Sospiro e mando giù un altro boccone.

"Vado a fumare una sigaretta." Risponde stizzito al mio mutismo selettivo.

"Da quando fumi?" Chiedo, sinceramente perplessa.

"Da mesi."

Esce fuori, in balcone, senza attendere una mia risposta. Anche lui è stufo di me e della mia autocommiserazione.
Io stessa non mi sopporto, come potrebbe farlo qualcun altro?
E da quando fuma?
Sospiro ancora e poggio il piatto sul comodino, anche oggi non riuscirò a cenare.

"Maledet..." sento Ermak imprecare sotto voce per poi vederlo attraversa di corsa tutta la stanza, finché non sento la porta di casa chiudersi con estrema forza.
Resto a fissare il vuoto davanti a me. Lo fisso da giorni e ancora non ne capisco il motivo.
Sto per alzarmi quando sento tonfi e imprecazioni, poi la porta spalancarsi.

"Mi dispiace Viktoriya, non ne vuole sapere di andar via e non voglio spaccargli la faccia sapendo che tra qualche giorno farò fuori suo padre." Ermak parla in fretta, ma mi perdo nel discorso quando dietro quei capelli biondini vedo comparire la figura di Hiram.
Respiro a malapena, ma vederlo è come una dose di eroina. Non sono più lucida, non sono più lucida quando si tratta di lui.
E' ancora più bello del solito, forse un po' più stanco, ma il viso totalmente barbuto gli dona tantissimo. Molto più del viso liscio che riserva ai suoi clienti.

"Viktoriya..." sussurra.

"Cazzo, amico, sei proprio fuori per venire fino a casa di due assassini sapendo che uno dei due vuole farti fuori!" mormora Ermak. "Sei fortunato! Sei salvo solo perché Viktoriya è impazzita. Ti do dieci minuti." Si volta verso di me. "L'ho perquisito, tranquilla. Innocuo come un bambino. Lo sarebbe anche con una pistola tra le mani, in realtà."

"Guarda che ti sento." Mormora Hiram.

"Lo so, l'ho detto proprio per questo." Ermak esce spintonando Hiram di proposito, ma lui è più bravo di tutto questo e lo ignora.
Vorrei alzarmi da questo letto ma resto bloccata, inerme.
Provo a mandare giù il groppo di saliva rimasto in gola.

"Cosa ti hanno fatto?" I suoi occhi vagano sulle mie braccia fasciate, sul labbro spaccato, sulle mani visibilmente mal ridotte, poi ricomincia daccapo.
"Chi è stato a farti questo?" Chiede ancora. Non mi importa il motivo per cui lo fa, può anche chiederlo perché voleva lui essere il primo a farmi fuori, ma sentire quella piccola tensione nella sua voce per quello che mi hanno fatto, quasi allevia tutto il dolore.
Ma la verità è che io lo meritavo. Non per i motivi di Conrad, ma per tutto il male che ho causato alle mie vittime.
Scuoto piano il capo al ricordo delle persone che a causa mia hanno perso la loro vita.

"Viktoriya... cosa ti è successo?" si avvicina ma dopo qualche passo ci ripensa e torna indietro. Passa in rassegna la stanza e porta una mano alla fronte, del tutto disorientato.
Posso quasi riconoscere i suoi occhi dolci e teneri, che ha sempre riservato a Sydney. Posso quasi percepire il suo dispiacere.

"Sto bene" provo a mormorare. Ma questo non lo convince, perché sbuffa rumorosamente.

"Anche in questa situazione non sei in grado di dirmi la verità! Ho fatto male a venire fin qui." Alza leggermente la voce, ma non urla. Non è arrabbiato, piuttosto amareggiato.
Si volta verso la porta, ma non lo lascerò andare via così.

"Perché sei venuto?"

Resta fermo qualche secondo, non si volta, né risponde. Cala il capo, quasi come se si arrendesse all'idea di dover dire qualcosa.

"Perché ti ho osservato, Viktoriya. Ho controllato casa tua per giorni interi. Ho visto quando Ermak ti ha portata qui con il suo Pick-up nero. Ho atteso, ma non esci da questo posto da almeno cinque giorni. E prima che tornassi, sei stata via per più di una settimana..." sospira "Pensavo fossi morta." Ammette a voce bassa.
Mi ha osservata.
Quei giorni passati alla Sebak per potermi riprendere, almeno per poter tornare a casa, tutti quei giorni passati rinchiusa in quella stanza vuota... lui era qui fuori ad aspettarmi.
Si volta, con gli occhi più veri del mondo ed io mi sento tremendamente sporca di fronte a tanta sincerità.

"Ti ho vista quando tua fratello ti ha riportata qui, ho visto la fatica che impiegavi a camminare, ho visto le bende..." sospira. "Ero felice, Viktoriya. Ero felice perché finalmente stavi avendo ciò che meritavi. Volevo che stessi male. Volevo che soffrissi. Ma al tempo stesso ero arrabbiato, perché non ero stato io il primo a ferirti." Deglutisco rumorosamente. Non è proprio ciò che mi aspettavo, ma lo osservo avvicinarsi, molto lentamente. "Ma più i giorni passavano... più tempo passava senza sapere come stessi, più il mio cuore si spezzava. E sono passato dall'essere arrabbiato con te all'essere arrabbiato con me stesso, perché dopo tutto quello che mi hai fatto..." scuote il capo "Non riesco a pensare di perderti." Si asciuga una piccola lacrima che non fa a tempo a solcargli la gote, poi deglutisce. "Perciò dimmi che c'è una soluzione." Si avvicina ancora un po' e il mio cuore credo non reggerà tutto questo. "Dimmi che c'è. Dimmi che c'è una soluzione che non preveda la morte di mio padre, dimmi che c'è..." afferra la mia mano. "Ho bisogno di sapere che c'è, Viktoriya, perché non posso lasciare che lui muoia per poter stare ancora con te. Ho bisogno di una scusa valida per poter fare questa pazzia e baciarti ancora una volta."

Scoppio a piangere. Non solo perché Hiram prova ancora qualcosa per me, non solo perché Hiram prova a perdonarmi... scoppio a piangere perché so che questi sono i suoi ultimi momenti con suo padre e li sta sprecando con me, quella che era incaricata per ammazzarli.
Scoppio in lacrime perché il mio cuore non riesce a reggere tutto questo. Non ci riesce, non ha mai provato così tanto.

"Questo è un no..." sussurra.

Chiudo forte gli occhi, quasi a desiderare che scompaia, quasi a desiderare che tutto questo possa essere solo un sogno, perché preferire sapere che Hiram è su un'isola a divertirsi piuttosto che qui, ad ascoltare ciò che non ho da dire. Ciò che gli fa male.
Piuttosto che deluderlo ancora.

"Cosa ti è successo?" cambia discorso, ma questo non cambierà la realtà. Mantengo ancora gli occhi chiusi ma riesco a percepire il suo sguardo su di me, sento la pelle bruciare e non per le ferite, ma per i suoi occhi.
Le sue mani percorrono le mie braccia, stanche e doloranti, coperte da fasce bianche, lo fa con estrema delicatezza, quasi come se avesse paura di potermi rompere.
Passa alle mani e ripercorre la linea di ogni taglio, dei cerotti che inutilmente provano a coprire parti di pelle che cerca di ricomporsi. "Cosa ti hanno fatto..." sussurra incredulo.
Non ne hai idea, Hiram, non hai idea di cos è capace la Sebak. Del male che è in grado di fare, del male che sono stata in grado di fare, di quanto male Jordan mi ha risparmiato e di quanto me ne ha inflitto.
Non ne hai idea, Hiram.

"Non è nulla..."

"Ti stavano facendo a pezzi, Viktoriya." La sua mano risale verso il viso, mano in cui mi ci poggio, quasi come se fosse un cuscino, e sospiro al contatto dell'unica cosa che riesce a darmi sollievo dopo giorni di dolore allucinante.
"Apri gli occhi." Sussurra. Io ci provo, ma ho paura. "Aprili, ho bisogno che tu mi guardi per capire che non mi sbaglio." Li apro, solo perché è lui a chiedermelo.
Quegli occhi color nocciola che ho sognato per notti intere sono ora davanti ai miei, persi e smarriti, ma che sanno perfettamente quali sono gli occhi amati.
"Dimmi che non sono pazzo se ho quasi perso la testa al pensiero che potessi essere morta. Dimmi che non lo sono, dimmi che non sono una brutta persona se non faccio altro che pensare a come poter ammazzare quella gente... Dimm.."

"Non lo sei, ok? Non sei pazzo e non sei una brutta persona... non lo sei per niente. Ma devi promettermi che starai alla larga da Conrad e della Sebak. Melo devi promettere, Hiram."

"Conrad... è così che si chiama? Ha anche un nome del cazzo." Si strofina la fronte, ma poi riprende. "Perché ti hanno ridotta così?"

"Perché non ho rispettato le regole della Sebak. Ho mentito, ho nascosto prove riguardanti te, ho fatto saltare la copertura, mi sono innamorata della vittima... non ho rivelato cosa tu sapessi, né dove fossi. Non lo sapevo, è vero, ma non l'avrei fatto anche se lo avessi saputo."

Sorride e scuote il capo, questo mi confonde tremendamente. "Cosa li ha fermati dall'ucciderti?"

"Mio fratello. Ha promesso di restare alla Sebak anche dopo le cinquanta missioni." Lo osservo attentamente. "E di uccidere tuo padre..." Non pare sorpreso, né arrabbiato, soltanto stanco, e amareggiato.

"Cos'hai di così speciale?" chiede sotto voce, più a se stesso che a me."Perché non riesco a fare a meno di te nonostante so che sei in grado di uccidere, che tuo fratello vuole far fuori mio padre e grazie a voi non riesco a pensare ad altro che a quale pistola può uccidere più silenziosamente..." porta le mani alla testa e la stringe, forse con troppa forza, o forse è solo l'espressione affranta a farmelo pensare. "Guarda in cosa mi hai trasformato, Viktoriya... guardami." Ci provo, ma distolgo lo sguardo. La voce spezzata dalle lacrime mi suggeriscono che presto il suo viso perfetto sarà pieno di dolore, ed io non posso sopportare anche questo. "Ti ho detto guardami!" alza la voce,ma non urla. "Sono pazzo di te e non so come uscirne perché dovrei odiarti!" Poi, come avevo previsto, ma come mai avrei creduto, delle piccole lacrime incorniciano il viso perfetto. Anche così, resta l'essere umano più bello che i miei occhi abbiano mai visto. Ma dura per poco, perché le asciuga in un attimo.
Si siede accanto a me, sul mio letto, letto in cui ho trascorso giorni interi a immaginare lui qui, accanto a me. Ed ora che è così vorrei solo che scomparisse perché non voglio più causargli dolore.

"Cosa ti ho fatto?... Cosa hai fatto tu a me." Sussurro. I suoi occhi sono ancora una volta su di me, mentre i miei sono fissi sulla trapunta. "Non so più chi sono, Hiram, non lo so più... ero così sicura di me, delle finte giustificazioni che davo alle mie azioni mostruose, ero sicura di tutto quello. Adesso non so più chi sono. Non so con chi stai parlando, ma non sono più io. Non sono Sydney, non sono Viktoriya... non sono più nessuno. Jordan non ha fatto a pezzi solo la mia carne ma anche una parte della mia anima. Così come Conrad per tutto ciò che mi ha costretto a fare. Quindi, Hiram, non so tu di chi sia pazzo... ma qui non c'è nessuno." Farfuglio le ultime parole perché le lacrime escono più velocemente di quanto i miei polmoni riescano ad incanalare aria."Non sono nessuno, Hiram." Sussurro tra le lacrime.
Mi attira a sé, delicatamente, e quando il mio capo si poggia sul suo petto,posso giurare di sentir battere di nuovo il mio cuore.

"Sei una ragazza a cui sono successe cose brutte e che ha fatto cose brutte... ma a tutti è concesso perdono. Anche a te, Viktoriya Volkov." Sussurra tra i miei capelli.
Ma non è vero.
Il perdono è per gli angeli, io sono sempre stata il diavolo.
"Scopriremo insieme la vera viktoriya, se me lo permetterai."

"Come puoi voler stare con un mostro come me?" trattengo un singhiozzo, ma il tentativo è vano poiché tutto, ogni cosa, ogni dolore, si trasforma ora in lacrime.

"Perché nella tua anima leggo dolore, non cattiveria. Tutti sbagliamo, io stesso non sono stato una brava persona. Io ho stesso ho rovinato la vita di altre persone..." sbuffa. "E non posso lasciar andare l'unica donna che io abbia mai amato."

Mi ama.
Il cuore si ferma.
L'orologio di camera mia si ferma.
Gli orologi di tutto il mondo si fermano.
Tutto il mondo si ferma.
E quando riparte, capisco di dover essere migliore, perché essere migliore ne vale la pena.

"Ti amo anch'io, Hiram." sussurro. "Ma io sono una brutta persona... ti ho fatto del male. Ti ho ferito. Ho ferito altre persone. Sono una brutta persona..."

"Shhh" sussurra. Mi stringe forte, e anche se il dolore alle costole mi fa stringere gli occhi, il contatto con il suo corpo mi dona comunque sollievo.
Hiram, Hiram è la mia medicina a tutto.
Hiram è tutto.

"Troveremo una soluzione, te lo prometto." E' lui a consolare me, nonostante sia io quella in difetto. Ancora una volta, non so essere migliore di lui. Ancora una volta, dimostra di essere una persona migliore di me. La persona che amo.

"Ci serve un piano." Ermak è poggiato allo stipite della porta, con lo sguardo determinato e dopo tanto tempo... mi sembra di vedere una luce in fondo al tunnel.

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