CAPITOLO 18

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"Gli esseri umani, a volte, sono destinati, per il solo fatto di esistere, a fare del male a qualcuno."
(  Murakami Haruki )
 



Il sangue non mi è mai parso così scuro come oggi.
Non mi sono mai soffermata, in realtà, ad osservare il colore del sangue delle mie vittime, ma il mio... mi affascina.
Più perdo, più mi sembra scuro, più diventa scuro e più capisco che è solo il riflesso della mia anima.
Il sangue è lo stesso per tutti, provo a ripetermi.
Ma non per Conrad, il suo dovrà essere nero.
Sputacchio ancora sangue e osservo esausta Jordan, più esausto di me.
Siamo così forse da un'ora, o due... forse tre, chi può dirlo? Da quando ho davvero consapevolezza del mostro che sono il mio tempo si è fermato. Per quanto mi riguarda potrebbe essere passata una giornata intera, io non lo noterei.
Respiro a malapena ma non mi arrendo.
Jordan mi osserva incredulo. Tiene gli occhi fissi sul mio sangue a terra, sui miei vestiti, sul mio viso, riprende aria e poi passa alla parte decisiva.
"Te lo ripeto per la cinquantesima volta, Viktoriya..." sospira "Cosa cazzo sa quel fottuto ragazzo?" sbraita.

Si avvicina piano, mi guarda negli occhi e mi rendo conto perché tutti ne parlano male dei suoi. Sembrano assatanati.
Sputo a terra il resto del sangue. "Dì a Conrad che può andare a farsi fottere!" sbraito, o almeno ci provo. Ormai non tengo più la testa salda.
Abbandona il piccolo coltellino e passa in rassegna quale utilizzare per finirmi completamente. Ha fatto del suo meglio per rendere la mia morte estremamente lenta e dolorosa e non perché mi odia, ma perché, a suo modo, ha provato a darmi tempo.
Il mio tempo è però scaduto da troppo.

La porta si apre nell'istante stesso in cui Jordan sceglie un coltello simile ad una spada, data la lunghezza e l'ampiezza della lama.
Conrad arriva con l'aria di chi si è annoiato nelle ore precedenti e adesso ha bisogno di divertirsi. Almeno è quello che penso, fino a quando dalla porta, dietro la sua figura massiccia, vedo comparire Ermak.
Non mi lascio scappare l'espressione incredula e ansiosa che lo coglie di sorpresa quando mi vede qui, mezza morente.

"Guarda un po' chi è venuto a trovarmi oggi." Esordisce Conrad.
Ermak vorrebbe avvicinarsi, strapparmi via queste corde e salvarmi, ma venendo qui non ha fatto altro che mettere in pericolo anche se stesso.
"Passerò al sodo, perché forse tra venti minuti non riuscirai neanche più a sentirmi." Ridacchia ma io non faccio caso a questo, riesco a malapena a tenere il capo alzato senza avere le vertigini.
Tossicchia. "Tuo fratello ha avuto una grandiosa idea. La sua vita per la tua!" la sola parola "vita" mi riporta subito alla realtà.
Alzo più che posso il capo e guardo inorridita Conrad che ridacchia.
"Tranquilla, tranquilla. Non mi sono spiegato bene. Ermak ha deciso di dedicarsi totalmente alla nostra organizzazione per poterti liberare." Congiunge le mani davanti al suo corpo, fiero di quanto appena detto e concordato.Conrad sarà sempre il male.
"Ovviamente dopo aver ucciso Derrick Campbell." Aggiunge sorridendo. "Tuo fratello è un abile ammaliatore. E' riuscito a convincermi nel lasciar andare te ed Hiram Campbell in cambio della sua totale e completa disponibilità alla Sebak. Ovviamente di Hiram non diremo nulla a Richard Ford." Stavolta è più serio ma il sorriso beffardo non lo perde. "Pensa, Viktoriya, ti voglio così bene che sono disposto a mentire per te." Mormora. E' la prima volta che forse credo davvero alle parole di Conrad. Non mi vuole bene come se ne vuole ad una figlia o ad un'amica. Ma a suo modo, perverso e malato, prova affetto per me.
Questo però non l'ha fermato dall'imprigionare mio fratello per sempre ed io non ho lottato fin ora per questo.
Non mi arrenderò adesso, non lo deluderò adesso.
"Non provare a ribattere, Viktoriya, potresti perdere qualche dente e dopo non saresti più così tanto carina." Lo stronzo si prende il lusso di fare battutine, del tutto non ben accette.

"Non ti..." tossicchio, beh, tossicchio molto. Jordan ci è andato giù pesante e sebbene non credo di poter perdere qualche dente, sono certa che a momenti perderò tutto il sangue che ho in corpo. O almeno abbastanza da svenire... e basta. "Non ti lascerò morire." Mormoro. Provo a tenere il capo alzato ma non ci riesco, più passa il tempo e più sento il bisogno di accasciarmi per poter trovare un po' di sollievo.

"Sei tu quella sul punto di morire." Sentenzia Conrad.

"E' già tutto deciso, Viky, lascia che per una volta sia io a salvare te." Ermak sembra deciso ma io per niente.

"Oh per cortesia, quanto siete melodrammatici." Sbuffa Conrad.
Preferisco morire adesso e sapere che un giorno sarà libero piuttosto che vivere e sapere che da un momento all'altro Ermak morirà in qualche missione suicida.
Scuoto il capo ma non ho le forze di rispondere quello che penso, quello che sento. Non ho più le forze neanche di respirare.

"Non c'è niente che tu possa fare per cambiare le cose, Viktoriya." Conrad abbandona il tono serioso e autoritario e assume un tono più.. umano. "Ascoltami, ho sempre saputo che tu eri destinata a fare grandi cose, ho sempre saputo che la tua mira era la migliore e che nessuno poteva batterti nei tempi quando si trattava di correre come un razzo." Si avvicina piano alla mia figura ma la testa fatica a restare alta e salda e continua a cadere giù ogniqualvolta provo a tenerla su per più di dieci secondi. "Ho sempre saputo che eri una delle migliori perché nessuno ha mai provato il tuo odio. E proprio per questo, ho sempre saputo che un giorno saresti andata via. E no, non per le cinquanta missioni... ma per il tuo cuore." Non so se è il sangue al cervello che mi sta dando allucinazioni o è davvero Conrad a parlare, ma sembra così umano che quasi non lo riconosco. "Non dare tutta te stessa... doveva essere questa la tua arma, in ogni santa missione. Te l'ho sempre detto, Viktoriya, gli innamorati sono sempre i primi a fallire. E tu hai fallito." Sospira. "Ma non posso ignorare quanto hai dato alla Sebak e quanto Ermak potrà dare, quanto potenziale ha. Purtroppo, per sua sfortuna, è sempre stato oscurato dalla tua bravura." Avverto qualcuno che mi aiuta a liberarmi dalle corde ma ormai anche tenere gli occhi aperti è diventato impossibile.
"Hai sempre voluto far evadere Ermak dalla Sebak ma forse era il tuo sogno, Viktoriya, non il suo. Quindi, ascolta tuo fratello e... vivi."
Non so cosa accade dopo, non so chi mi trascina in infermeria, chi urla o chi piange. Forse non urla nessuno e lo sto immaginando io. Forse è questo l'inferno. Sono all'inferno. E' quello che si merita un mostro come me. Non sento altro che urla. Sono tutte le anime dannate, come la mia. Un essere umano così spregevole come me non poteva avere altra sorte.
Ma forse sono io ad urlare, o forse no.
So solo che gli occhi restano chiusi per troppo tempo e quando li riapro Ermak è accanto a me, a stringermi la mano.

"Viky" sussurra entusiasta.
Io, di tutta risposta, grugnisco.

"Mh, quindi sono ancora viva." Sospiro. "E' questo il mio inferno, è chiaro." Mi guardo attorno e ci vuole poco a riconoscere la stanza bianca, asettica, per nulla accogliente che solo la Sebak può offrire.
Ermak tiene salda la mia mano, o quello che ne resta.
Jordan ha ben pensato di prendere tempo staccando pezzettini di pelle qui e lì, so che a modo suo voleva solo temporeggiare, ma adesso mi ci vorrà una vita per rimettermi davvero in sesto.

"Prima che tu dica qualcosa, la decisione l'ho presa io, Viky."

"Sta zitto!" lo ammonisco. Non sono pronta, non adesso. Mi sono appena risvegliata dopo non so quante ore, non so più neanche che giorno sia, quindi no. Non sono pronta.

"Per una volta ascolterai, Viktoriya, e non te lo sto chiedendo." Sospiro rassegnata e annuisco, non posso fare diversamente. "Nessuno mi ha costretto a prendere questa decisione, avrei potuto patteggiare qualsiasi altra cosa, o lasciarti morire, ma non posso immaginare la mia vita senza di te." Adesso è lui a sospirare. "Abbiamo ucciso già prima d'ora, e tu lo hai fatto per troppo tempo al mio posto, ora tocca a me e tu puoi finalmente vivere una vita normale. Uccidere Derrick non è nulla confronto alle missioni che dovrò fare e sinceramente non mi importa, non so neanche chi sia. So che sei affezionata ad Hiram ma potrai trovare qualcun altro. Potrai ricominciare daccapo, rifarti una vita. Potrai avere il tuo lieto fine e nel frattempo io troverò un modo per raggiungerti." Mi stringe la mano trattenendo qualche lacrima, è sempre stato fin troppo emotivo. "Non puoi scegliere per me, Viktoriya. Contando anche le mie missioni hai superato la cinquantesima missione da un bel po', per la Sebak sei libera da un pezzo... e devi esserlo." Bacia delicatamente un punto della mano ancora integro. "Sto solo ripulendo un tuo casino ed è una mia scelta, non tua."

"In questo modo scegli anche per me." Mormoro senza forze. Apprezzo il suo gesto, ma come posso accettare che rischi la sua vita per sempre solo per un mio errore? Sono io a doverne pagare le conseguenze, non lui. Non sono io a dover vivere, non io che ho il male dentro, ma lui.

"Lo hai fatto tu per anni, hai scelto cosa fosse giusto per me ed io ero troppo codardo per prendere in mano la situazione... ma adesso no. Adesso sono pronto a combattere!" afferra con delicatezza anche l'altra mano e le stringe entrambe con estrema dolcezza, come solo Ermak riuscirebbe a fare.
I suoi occhi, colmi di determinazioni, sono nei miei, pieni di rimorsi.

"Mi hai regalato per anni un rifugio sicuro, fin da quando sono nato. Mi hai dato sicurezza, conforto, amore, senza mai pretendere nulla in cambio." Trattengo le lacrime con tutta me stessa, ma invano. "Hai fatto tutto per me, sempre... Adesso io voglio regalarti la vita che ti meriti, la pace che ti è dovuta. Voglio regalarti quello che ti spetta da parecchio e che hai rimandato solo a causa mia. Quindi, ti prego, Viktorya... vivi, e fallo per entrambi!"

Annuisco, con le lacrime che scendono lungo la gote, con il cuore spezzato e la testa annebbiata.
Annuisco ma dentro di me so cos'è giusto, e non è questo.
Sì, è vero, ho fatto numerose missioni per Ermak.
Sì, è vero, ho superato la cinquantesima missione.
Sì, è vero, potrei iniziare una nuova vita.
Ma questa è la mia battaglia, non la sua.
Sono teoricamente libera dalla Sebak, ma come ci si libera davvero dal male che mi ha fatto? Dal male che ho fatto? Come ci si libera dal dolore della perdita si se stessi?
Non si può.
Non fin quando non si affronta il problema.

Ermak fa partire un CD in un lettore musicale, il mio cd preferito che racchiude tutte le canzoni per me più importanti e più belle. Lo riconosco perché parte da "No One's Here To Sleep" dei Bastille. L'ascoltiamo in silenzio, lui seduto e con lo sguardo rivolto verso il basso, io sdraiata e con gli occhi chiusi.
E' l'unico modo che ho per evitare che le lacrime aumentino, è l'unico modo che ho per non vedere gli occhi di Ermak mentre mi vede distrutta.
Non posso più vedermi riflessa nei suoi occhi o ne morire.
"Quanti giorni sono passati?" sussurro.

"Quattro."

"Mi ha cercata qualcuno?" Ermak non risponde ed io non apro gli occhi, non posso o inonderei la stanza di lacrime.
Avrei preferito che Hiram mi cercasse per tutta Los Angeles per ammazzarmi, piuttosto che scoprire che per lui sono totalmente morta.
Tanto lo sono davvero.

Dan Smith canta: "Sei sempre stato più veloce di me. Non ti raggiungerò mai, mai."

Ogni parola mi riporta a Conrad, alla Sebak.
Tutto il dolore che ho dentro mi devasta.
E' sempre un passo avanti, lo è sempre stato... ma troverò il modo per batterlo.
Mi ripeto di non avere paura, di rassegnarmi all'idea che queste cicatrici non guariranno e che Hiram mi odierà per sempre.
Ma mi lascio cullare dalla felice idea che vivrà per farlo.
"No Line On The Horizon" degli U2 parte e mi sfugge un singhiozzo quando Bono Vox canta: "Conosco una ragazza con un buco nel cuore"
Perché la conosco anch'io e quello che più mi fa piangere è che non c'è più nessun modo per riportarlo intero.
Un singhiozzo diventano due, poi tre, e poi un lamento continuo.
Le mie urla si confondono agli "oh oh oh" della band fino a quando superano tutto.
Non ho la forza di aprire gli occhi ma so che Ermak mi sta guardando, so che sta soffrendo con me.
Mi contorco ripetutamente in questo letto freddo e scomodo e ad ogni movimento sento quasi i punti strapparsi uno ad uno. Ma non urlo per questo, non mi dispero per il dolore fisico ma per quello che so di aver procurato ad Hiram, ad Ermak, a tutte quelle persone innocenti.
Sono esausta.

"Andrà tutto bene" sussurra quando riesco a riprendere fiato.
Lo sa anche lui che non è così.
Jordan avrebbe dovuto uccidermi.

Sorrido quando parte "Don't Cry " die Guns'N'Roses e Ermak canticchia dolcemente:

"Hai dovuto farlo a modo tuo
Ma starai bene ora, zuccherino
Ti sentirai meglio domani
Arriva la luce del mattino ora, piccola"


Non lo sa che io sono il buio delle tenebre.

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