Mind War, Parte I

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Ancora una volta, Loki aveva ragione. "Il giorno che ti bloccherai durante un vero combattimento, ci farai fare una brutta fine." gli aveva detto giorni prima. Così era stato. Stavolta, però, Mark non riusciva ad accettarlo. Stavolta Loki avrebbe dovuto sbagliarsi. E invece il caporale era morto e Alicia stava esalando i suoi ultimi respiri. Tutto per colpa sua. Proprio come aveva detto Loki."

Ascoltami." sussurrò l'amica, cercando invano di ignorare il dolore delle profonde ferite che le scavavano lo stomaco. Aveva fatto uscire tutti dal salone dove l'avevano portata, nel cuore di quel palazzo abbandonato. Rimanevano solo loro due.

"Io non sopravviverò, Mark. Non arriverò agli elicotteri."

Il cuore di Mark si contrasse dolorosamente. "No. No. Non è vero. Non puoi dire così." Lei aveva ragione, lo sapeva, ma per lui era insopportabile sentire certe cose. Rendeva tutto troppo reale. "Troveremo un modo per portarti fuori. Vedrai che ce la farai. Io... Noi... Vedrai che..."

"Ascoltami, ho detto!" Anche solo alzare la voce la fece sbiancare. Fu costretta a calmarsi, stringendosi la pancia. Le bende intrise di sangue erano ormai inutili. "Ti prego, non interrompermi più. Non so quanto ancora... sarò in grado di parlare." Tossì un grumo di sangue. Provò ad asciugarlo, ma il braccio stanco le ricadde sulla divisa. Mark le ripulì le labbra col pollice, cercando di essere il più delicato possibile. Lei lo ringraziò con un debole sorriso, che però si spense troppo in fretta. Cercava di sembrare forte, ma lui conosceva bene quel viso. Riusciva a distinguere con dolorosa chiarezza la paura negli occhi di lei, e questo non faceva che stringere ancora di più il filo spinato che gli avvolgeva il petto. Il senso di colpa gli avvinghiava la carotide, cercando di soffocarlo. "Dimmi" le sussurrò rocamente.

Lei annuì. "Dopo la mia..." chiuse gli occhi, come per farsi forza. "...quando non ci sarò più, non avrete nessuno al comando. Eva, Lin ed io... dei tre capi-squadra ormai... non è rimasto nessuno. Il caporale è morto. La linea di comando è interrotta." Fece una pausa per prendere fiato. Ogni secondo era più pallida, più debole. "Voglio che sia tu a guidare gli uomini fuori da questo inferno."

"Cosa?" Loki aveva previsto anche questo. Ti vuole eleggere capo-plotone gli aveva sussurrato uscendo dalla stanza. "Lo sai che non posso, Alicia. Lascia che sia Loki a comandare, oppure Zeta o uno dei ragazzi del plotone che..."

"No." Il suo sussurro fu sufficiente a zittirlo. "Non conosco bene gli altri del plotone. Zeta non è... non è adatto al comando. E' un bravo ragazzo, ma non è portato... per il compito."

"Allora Loki..."

"Mai. Loki ci... vi farebbe ammazzare tutti. Non farti ingannare dalla... dalla sua calma. Mi ha fatto dei discorsi... prima dell'imboscata..." Tossì di nuovo. Non riusciva più a parlare. Piegò la testa sul lettino, cercando di prendere aria. L'ossigeno raschiava nella sua gola, i polmoni non riuscivano più a trattenerlo. "Promettimi... che non... cederai... il comando. Pro... metti." Senza nemmeno accorgersene, Mark aveva cominciato lacrimare. La sua migliore amica stava morendo davanti ai suoi occhi e invece di dirle quello che aveva sempre provato per lei era costretto a discutere le linee di comando.

"Sì Alicia, te lo prometto." In risposta ebbe solo un lievissimo tremito del labbro.

Non era giusto che andasse così. In quel momento Mark si odiò come non si era mai odiato prima. Si odiò perché era colpa sua, si odiò perché non sapeva cosa fare e si odiò perché non aveva mai trovato il coraggio per dirle ciò che doveva. Soprattutto, si odiò perché egoisticamente, inutilmente, voleva dirglielo ora.

"Alicia, devi sapere qualcosa che... che ho sempre..." Le lacrime gli annebbiavano la vista. Poggiò una mano su quella della ragazza. Era fredda. Troppo fredda. "Alicia?" Non rispose. Lo sguardo di lei era vuoto, perso nel nulla.


"Quanti uomini abbiamo perso, Alicia?" Rabbia e determinazione, queste erano le uniche due emozioni che avevo letto sul volto del caporale da quando lo conoscevo. Non pensavo che ne avrei mai vista un'altra. Di certo non questa. Era... sconvolto.

"Ventiquattro, signore. Cinque dei sopravvissuti sono gravemente feriti, non so quanto resisteranno."

"Merda. Dobbiamo andarcene da questa colonia. È una cittadella maledetta. Avverti gli uomini che torniamo indietro." Senza la sua maschera emotiva per la prima volta mi accorsi di quanto era giovane. Poco più vecchio di noi, in effetti.

"Signore..." Era evidente che Alicia non sapesse come gestirlo. Mi guardò in cerca di aiuto, ma io ero in difficoltà tanto quanto lei. "Signore, la strada che abbiamo preso è piena di quei... pazzi. Se torniamo indietro saremo massacrati."

"Giusto, giusto. Passami il comunicatore, devo richiedere l'intervento di un plotone di supporto."

"Troppo lento." Intervenì uno dei presenti. "Quelli qua fuori ci cercano, cazzo! Se stiamo qui ad aspettare ci ammazzeranno tutti!" Aveva dimenticato il "signore" e stava urlando, oltre al fatto che aveva usato un linguaggio inappropriato con un superiore. In un giorno normale, il caporale lo avrebbe quanto meno fatto frustare per una simile mancanza di rispetto. In quel momento, invece, sembrò non farci nemmeno caso.

"Si, hai ragione ragazzo. Elicotteri di soccorso, questo ci serve." Continuava a spazzolarsi la divisa, col solo risultato di allargare la macchia di sangue che la copriva. Non era il suo: uno dei cittadini impazziti aveva spaccato la testa a un soldato, e il cadavere era caduto tra le braccia del caporale.

"Signore?" Mi feci finalmente avanti io. "Hanno il nostro cannone antiaereo." La richiesta di soccorso che ci avevano spedito ore prima i cittadini di quella colonia, poi rivelatasi una trappola, parlava di aerei del Fronte Indipendentista: una squadriglia scarsa e troppo lontana dalla propria base, perfetta per un esercitazione delle nuove reclute. Troppo perfetta. Ripensandoci in un secondo momento, era chiaro che il fine di quei deviati fosse proprio impadronirsi dell'arma. Avevano fatto in modo che portassimo il cannone, ma che fossimo comunque pochi e inesperti. Carne da macello, in pratica. Da questo punto di vista, la loro finta richiesta era un'opera d'arte.

"Smettete di elencare problemi, datemi delle soluzioni!" Il caporale si stava innervosendo. "Tu che hai parlato, Mark, giusto? Cosa proponi?"

"Beh... vediamo... c'è... c'è un colle poco lontano da qui. Se volano basso e atterrano lì dietro, dovrebbero farcela."

"Cosa?!" Era di nuovo il ragazzo isterico di prima. "E noi come usciamo da..."

"Silenzio! Il colle andrà bene." Questo era il tono che mi aspettavo dal caporale. Lanciò un'occhiata oltre il vicolo in cui eravamo rintanati. "Eva e Lin stanno tornando dal giro di esplorazione. Sentirò cos'hanno da dire, magari quel maledetto fumo che copre il lato est sarà la nostra via di fuga. Se Dio vuole, ci aiuterà a rimanere nascosti, altrimenti saremo costretti a ritirarci in questo edificio abbandonato. Alicia, invia la richiesta e poi seguimi."


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