Piante di Cristallo, Parte IV

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Quando tornò in se, aveva il fiatone. Si sarebbe tolto il casco se non l'avesse ritenuta una mossa estremamente rischiosa in quella situazione, così lontano dalla radura. Aveva passato diversi minuti nell'albero: l'eureka era complicata, a tratti quasi difficile, profondamente elaborata. Era un'idea che richiedeva tempo per essere assimilata, soprattutto per la lunga serie di raffinate sottotrame che permettevano al suo finale di essere così grandioso. Ma ad agitarlo non era l'eccitazione per aver ritrovato finalmente ciò che gli era a lungo sfuggito, nè il fatto che fosse perfino più imponente di quanto si fosse aspettato. Era quello che la trama gli suggeriva a fargli battere il cuore come una furia. Il suo nucleo risultava per lui profondamente inquietante. Perché sotto la scorza degli abbellimenti, le infiorettature, la rielaborazione romanzata e le deviazioni narrative superflue, quell'eureka nascondeva la spiegazione di tutto.

Un movimento sullo schermo lo riportò alla reltà. Si era distratto: l'albero stava scomparendo. L'unico appiglio che lo separava dal baratro si stava ritirando nelle profondità della sua mente. Avrebbe dovuto semplicemente tornare a concentrarsi; era molto vicino all'eureka, non sarebbe stato un problema. Qualcosa però glielo impedì. Una delle più irrazionali reazioni umane. Il panico.

Non riusciva a mantenere calma la sua mente, i pensieri scorrevano fuori controllo. L'albero si ritirava lentamente, allontanandosi via via dal bordo del precipizio. Aveva paura. Molta paura. Più cercava di riportare l'idea alla superficie, più l'immagine dell'inevitabile caduta nel vuoto gli offuscava il cervello. Il ramo che aveva usato per arrivare lì era ormai inutilizzabile, troppo piccolo e contorto. Vide un nuovo appiglio che ancora non si era del tutto ritirato. Arrivava appena al bordo, ma se non si fosse sbrigato l'avrebbe perso. Non poteva più preoccuparsi di essere cauto e attento, non ne aveva il tempo. Muoveva la cloche in fretta, cercando solo di sbrigarsi. Più pensava ad essere rapido, però, meno pensava all'eureka: l'albero cominciò a ritirarsi ancora più in fretta.

"Pensa, concentrati!"

Neanche si rendeva conto che stava parlando ad alta voce. Fu costretto a lasciarsi cadere su un ramo più basso: il suo stava per sparire.

"Dai, ora ricordi l'eureka. Puoi farcela. Pensa!"

Non conosceva comandi per saltare o fluttuare, e anche il nuovo pavimento stava retrocedendo.

"Coraggio, ripensa alla storia. È la storia di un creativo. Dai, dai, concentrati!"

Destra, davanti, sinistra. Le curve del ramo si facevano più strette.

"Un creativo che ha una grande idea. Su, concentrati!"

L'estremità del ramo era a pochi passi, troppo lontana dal bordo del baratro. Intorno a lui non vedeva altri possibili percorsi, e i rami al di sotto erano anch'essi troppo corti.

"Devi pensare alla trama nel suo insieme. Sforzati!"

Riusciva a sentire la fredda profondità del baratro nella sua mente, il richiamo della follia.

"Un creativo ha una grande idea, ma gli viene cancellata con la macchina per far sì che generi nuove idee altrettanto..."

L'estremità sparì sotto di lui. Vide che la sonda sullo schermo stava cadendo, e contemporaneamente sentì un crollo nella sua coscienza. Chiuse gli occhi, ma non abbandonò il filo di trama che aveva recuperato. Vi si aggrappava come avrebbe voluto aggrapparsi a quei rami virtuali. Per un secondo potè rivivere l'eureka tra i suoi pensieri in tutta la sua interezza, come se fosse nuovamente nell'albero. Vedeva il creativo, il suo protagonista, sviluppare un'idea magnifica. Vedeva il suo tecnico che, dopo averla registrata, comunicava tutto al suo superiore. Vedeva il produttore decidere di non venderla, ma di cancellarla: costui sapeva che così facendo avrebbe innescato una reazione a catena nella mente del creativo, facendogli produrre una serie di trame altrettanto belle nel tentativo di ricordare quella. Tutto ideato ispirandosi a quanto gli aveva rivelato Joe sul funzionamento della macchina. Tutto successo veramente anche a lui.

Riaprì gli occhi. Aveva funzionato. Era riuscito a recuperare la pianta. Percorse, stavolta con la giusta attenzione, la radice su cui la sonda era atterrata, portandosi in una zona sicura. Solo quando fu abbastanza lontano dal pericolo si concesse di lasciare i comandi. Le sue mani tremavano, coperte da una patina di freddo sudore. Si abbandonò a un lungo sospiro, accasciandosi sulla poltrona. Era svuotato, stremato. Non riusciva a muovere un muscolo. Tutto quello che voleva fare era riportare la sua coscienza nella zona sicura e togliersi quel casco, ma non riusciva a radunare le forze sufficienti per allungare la mano verso i comandi. Decise di concedersi qualche minuto per riprendersi, aspettando che il suo cuore si placasse.

L'attesa gli lasciò il tempo di riconsiderare quanto aveva scoperto. Era possibile? Anche se aveva prove più che sufficienti non riusciva a crederci. Avevano davvero preso la sua idea per applicarla nella realtà? Avevano davvero cancellato una sua eureka per sfruttare un meccanismo della macchina? Tutto coincideva perfettamente. Tutto aveva senso. "Hoeder, sei una iena maledetta." Quell'uomo aveva messo a rischio la sua sanità mentale, gli aveva rimosso dei ricordi per perseguire i propri scopi. Non poteva lasciare che rimanesse impunito, rischiando che commettesse quel crimine ancora e ancora.

Doveva fermarlo.

Riprese la cloche e si preparò a tornare nella radura, che brillava in lontananza. Si trovava dalla parte sbagliata del baratro, ma poteva aggirarlo: di certo non avrebbe tentato di nuovo la sorte attraversandolo. La paura che aveva provato si fece di nuovo strada nella sua mente, accompagnata dal ricordo di come si era salvato. Ripensare, anche se solo per un attimo, all'eureka fece riapparire la flebile luce dell'albero nella voragine. Con lei, a fianco alla sonda, comparve qualcos'altro. Il terzo albero. Nel caos degli ultimi eventi lo aveva totalmente dimenticato. Era lì, a pochi passi da lui. Il creativo sentì un peso crescergli nel petto, un oppressivo timore. Cos'altro c'era da scoprire? Non era sicuro di volerlo sapere, ma si rendeva conto che non poteva farne a meno. Se lo avevano cancellato, doveva essere un ricordo importante. Riluttante, mosse la cloche verso la piccola pianta. Doveva essere un breve frammento di memoria, non sembrava potesse nascondere grandi segreti. Tuttavia, l'uomo deglutì. Con un movimento del polso, spinse la sua mente in quel passato dimenticato.


"...può davvero essere fatto?" Hoeder era nella sala di produzione, di fronte al tecnico. Il creativo era seduto sulla sua poltrona. Non riusciva a decifrare le emozioni che provava nel ricordo, era in qualche modo combattuto.

"In teoria sì, ma non lo consiglierei. Come spiegavo al creativo, ad un certo punto bisognerebbe prendere una serie di precauzioni per evitare la follia, una sorta di valvola di sfogo. Bisognerebbe fargli accettare ciò che è successo senza veramente farglielo capire. Sarebbe difficile e soprattutto rischioso."

"Ma la storia delle eureka... quella per cui il protagonista riesce poi a produrre tante ottime idee... è tutto vero?"

"Le ripeto: in teoria sì. In pratica: chi può dire cosa succederebbe?" Hoeder non sembrava contento della risposta, ma dopo poco rivolse al tecnico un sorriso arrendevole.

"Capisco, capisco. Vorrà dire che rimarrà una buona trama, non sarà difficile venderla. Dopotutto, anche se tutto ciò non fosse così difficile il Consiglio non lo autorizzerebbe mai."

"Non ci sarebbe bisogno di interpellare il Consiglio se ci fosse un soggetto volontario." Era stato il creativo a parlare stavolta.

"Cosa stai suggerendo?" La luce negli occhi di Hoeder era quella di un uomo che intravede una grande occasione.

"Non è evidente? Sacrificare una buona eureka per un'incalcolabile quantità di nuove idee. Sono anni che non produco più trame come questa e non voglio smettere di nuovo. Il gioco vale la candela."

"Sei sicuro che..." Il creativo non lasciò al tecnico il tempo per finire la frase.

"Fatelo. Fatelo su di me. Cancellatemi questa idea."

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