L'Essere di Un'Altra Dimensione, Parte II

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L' S-char ci permetterà di aprire uno spioncino attraverso la nostra realtà aveva detto una volta il professore. Era una metafora estremamente semplificata, ma molto efficace. La complessa interazione tra il fascio del laser e un particolare oggetto noto come prisma, avrebbe creato quello che gli addetti ai lavori chiamano semplicemente "foro": un vuoto dimensionale che, sperava lo scienziato, avrebbe permesso di studiare ciò che c'era oltre.

Con queste argomentazioni, il professore aveva approcciato dei privati che inizialmente si erano dimostrati interessati al progetto. Purtroppo avevano presto cambiato idea: la prospettiva di aprire un buco nella nostra realtà gli era parsa un'ipotesi inquietante. Niente fondi da parte loro.

Stesso esito aveva avuto la proposta, ripetuta ben due volte, all'università. "Non possiamo permetterci di finanziare un esperimento del genere senza prima avere un'idea di ciò che potrebbe esserci dall'altra parte. Sempre, sia ben inteso, che quest'altra parte esista. Quando lei o qualcun altro sarà capace di fornirci le prove dell'esistenza di una nuova dimensione, e di illustrarci gli effetti che l'apertura del foro potrà avere, allora riconsidereremo la cosa. Il suo esperimento, professore, è in anticipo di qualche anno, e noi preferiamo aspettare." Spaventati dall'ignoto, come credeva il professore, o forse semplicemente dall'idea di finanziare qualcosa che molti, nella comunità scientifica, ritenevano ridicolo. D'altro canto, l'innovativa idea del S-char non li aveva inquietati per niente: le applicazioni sembravano, e sono, effettivamente, infinite. Offrirono al professore di costruire almeno quello, utilizzandolo per altri progetti nell'attesa delle conferme richieste. Lui non si lasciò sfuggire quell'occasione. Mentre stringeva le mani per siglare l'accordo già pianificava il proseguimento clandestino del suo esperimento. Per questo motivo, quando tale esperimento fu effettivamente lanciato, non ebbe la risonanza che meritava. Solo due persone nel mondo sapevano ciò che stava succedendo.

Julien aveva abbandonato rancore e nervosismo. Non gli rimaneva altro che eccitazione. Il comportamento di Dante, l'inevitabile sfuriata di Mara, le sorti del professore erano tutte cose lontane e poco importanti al momento. Ciò che contava veramente era il lento moto della lancetta sull'orologio a muro.

Il suo sguardo passava da quella stanghetta agli schermi dei computer, totalmente neri. Appena i tre minuti rimanenti fossero scaduti, quel vuoto sarebbe stato riempito da una cascata di dati. Numeri privi di senso per un profano, ma uno sguardo in una dimensione ignota per lui. Il solo pensiero lo faceva fremere d'attesa. Attesa che riportò la sua attenzione alla lancetta: la sua compagna più sottile, quella dei secondi, sembrava andare a tempo con i rintocchi dell'allarme. I due giri e mezzo che doveva ancora compiere, però, erano praticamente infiniti. I minuti sembravano fermi. Era come se il quadrante dell'orologio fosse pieno di colla.

Sbuffò, alzandosi in piedi. Dante gli rivolse uno sguardo annoiato. Quanto possono durare centoventi secondi? si chiese. Si trattenne dal commentare a voce alta, immaginava che come riposta avrebbe avuto solo una smorfia. Tornò a guardare gli schermi. Nella sua mente erano coperti di cifre, che ammirava a volte con timore reverenziale, altre con profonda delusione. Quale delle due lo attendesse solo il tempo poteva dirlo: quei pochi millimetri che separavano la lancetta dalla sua meta. Cominciò a fare il tifo per lei, come se stesse combattendo una mano invisibile che tentava di trattenerla. Trascorse così gli ultimi secondi di tranquillità che gli erano rimasti da vivere. Da quel momento in poi ben altre emozioni avrebbero occupato la sua coscienza.

La vittoria della lancetta sulla mano invisibile fu sancita dall'improvviso arresto dell'allarme. Il premio non si fece attendere. Sotto lo sguardo affamato di quattro occhi trepidanti, i pixel dello schermo centrale si illuminarono. Sebbene per noi inesperti sia di difficile comprensione, riporto ciò che lessero i due scienziati:

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