In Fabula, Parte I

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"Ben arrivato, signor Hume." Ross cercava di mostrarsi fermo mentre tendeva la mano al nuovo arrivato, ma era evidentemente eccitato. Il dottor Eimund si trovava lontano dalla clinica e per la prima volta era lui ad occuparsi di un paziente. Come se non bastasse, si trattava di un caso tremendamente interessante. Certo non avrebbe potuto tenere delle sedute, era ancora troppo inesperto, ma gli sembrava che già solo accogliere quell'uomo fosse un enorme miglioramento rispetto alle sue solite mansioni di assistente. Un altro piccolo passo verso il sogno di diventare psicologo.

Hume sorrise, rispondendo alla stretta. Sembrava che trovasse la situazione divertente. "Grazie, signor Ross." L'assistente fu sorpreso che l'altro conoscesse il suo nome, ma poi ricordò che portava il suo badge al petto. Per un momento aveva creduto che si trattasse di una dimostrazione degli strani poteri di cui si vantava quell'uomo. L'eccitazione può fare strani scherzi. Hume lo guardó ancora più divertito, prima di superare il pesante cancello della clinica.

"Questo è il terzo centro in cui viene mandato, giusto?" Chiese Ross, curioso di sapere tutto del paziente.

"Per quanto mi riguarda potrebbe essere il primo, o il centesimo." Il giovane assistente non fu sorpreso tanto dall'enigmatica risposta quanto dall'atteggiamento pacato e tranquillo di Hume. L'uomo era stato in altre case di cura, certo, ma solitamente nessuno di quelli che venivano mandati lì si comportava in modo simile. Alcuni erano nervosi, altri spaventati, altri arrabbiati. René Hume era serafico, e forse leggermente curioso. Sembrava quasi un monaco nel compimento del suo rituale.

Un inserviente li superò portando le poche valigie del paziente. "Dove le lascio?" Chiese a Ross.

"La terza stanza al secondo piano." Rispose. Poi, rivolgendosi a Hume: "Il secondo piano è riservato ai pazienti non violenti."

L'altro non lo ascoltò, troppo intento a guardarsi intorno. Stava ammirando l'ampio viale su cui camminavano, affiancato da file di cipressi, oltre i quali si scorgeva un giardino all'italiana tutto aiuole e vecchie statue dal gusto classico. Il panorama era bruscamente interrotto dalle alte mura che segnavano il perimetro della clinica, oltre le quali non si vedeva altro che il cielo. Dalla strada che aveva percorso per arrivare lì, però, Hume sapeva che dietro quelle pareti di pietra c'erano solo ettari ed ettari di prati incolti. Nient'altro.

"Le piace il giardino?"

"Non male, ma mi pare un po' strano. Non è d'accordo?" Il paziente, che non aveva abbandonato il suo fare calmo e controllato, pareva un maestro che interroga il suo alunno.

"Strano? Cosa intende?"

"Lei mi sembra un tipo intelligente, Ross. La psicologia è il suo campo. Non le pare inusuale che ci sia una clinica psichiatrica in un posto simile?" Ross sorrise. Aveva letto che quel tipo di domande erano tipiche di Hume, che cercava subdolamente di coinvolgere altri nella sua allucinazione. Era intrigato dalla cosa, e quasi si dispiacque che la risposta in questo caso fosse tanto semplice.

"Capisco da cosa possa sorgere il dubbio, ma no. Non lo ritengo strano. Questo posto, prima di diventare una clinica era un maniero della famiglia Eimund. Dopo averlo ereditato, il dottore l'ha riadattato per il suo lavoro. Non è stata una scelta casuale: il luogo si presta molto bene al suo nuovo scopo. È pacifico, cosa d'aiuto ai pazienti, ed è lontano da centri abitati, così da impedire interventi esterni e tentativi di fuga."

"Gli Eimund dovevano essere davvero ricchi. Possibile che avessero un solo erede?"

"Così pare." Erano arrivati al portone della gigantesca struttura. Hume aveva contato quattro piani con finestre, e forse un altro ancora più in alto. L'edificio sembrava asimmetrico, probabilmente a causa di un crollo subìto in passato.

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