Capitolo 5.

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Dal ritorno a Milano Ermal era molto turbato. Era scostante, distaccato, non la guardava più con lo sguardo di prima. Sembrava fosse preso da qualcos'altro. Più volte aveva provato a parlarci ma senza ottenere grandi risposte. Solo vaghe scuse. Un giorno era "solo stanco", il giorno dopo era lo stress, poi era preso dal lavoro, un'altra volta ancora il mal di testa.

Silvia seccata aveva iniziato a controllare il suo cellulare ma non c'era niente di compromettente. Neanche nelle note. Niente. Assolutamente niente di niente. Una quasi risposta arrivò mentre raccoglieva i vestiti per fare la lavatrice. Stava controllando le tasche di un pantalone, quando all'interno vi trovò una foto. La osservò c'erano due ragazzi. Quello più alto era sicuramente Ermal, aveva circa vent'anni, l'altro era un tipo col caschetto, occhi scuri, pesanti occhiaie, espressione seccata. Si chiese chi fosse quel tizio e come mai non ne avesse mai parlato e perché avesse una loro foto nella tasca dei pantaloni. Girò la foto e lesse la dedica, ciò che la colpì fu il modo in cui questa si concludeva: "sempre e solo tuo, Ermal".

Erano parole forti, Silvia non era sicura che Ermal le avesse manco mai dette a lei. Tornò a fissare quel ragazzo chiedendosi chi fosse, anche se le ricordava qualcuno e non riusciva a capire chi. Mise la foto nella tasca posteriore dei pantaloni, mise il bucato e andò a lavoro. Fu proprio lì, mentre cercava informazioni su Fabrizio Moro, che ebbe la risposta. Vide una foto di Sanremo 2000, istintivamente prese la foto che aveva trovato quella mattina, il suo sguardo vagava dallo schermo del pc alla foto cercando di dare un senso a tutto.

Nel frattempo a Roma Fabrizio cercava di tenere a bada la sua agitazione. Aveva salutato i suoi figli la sera prima e già ne sentiva la mancanza. Più che altro perché era stato grazie a loro che era riuscito a non uscire fuori di testa in quel mese. Non aveva più visto Ermal dalla sera della cena. Non da vivo, almeno. Nei suoi pensieri era vivido, alcune volte sembrava essere in carne ed ossa davanti a lui. Spesso la sera si era svegliato di soprassalto dopo aver sognato la loro prima volta. «Ti piace, eh?» chiese Maurizio. Fabrizio sbiancò passandosi una mano sulla fronte. «C-chi?»

«Ma come chi, la Notargiacomo» ridacchiò. Fabrizio tirò un sospiro di sollievo. «Sai che non ti facevo attratto dalle bionde con gli occhi azzurri?»
Infatti, pensò Fabrizio, Io sono attratto dal suo fidanzato che di biondo non ha proprio niente e non ha manco gli occhi azzurri. Fabrizio rise istericamente, «Nella vita si cambia».
Quella situazione stava diventando decisamente troppo. Quello che lo turbava forse più di tutto era il fatto che non riuscisse a trovare più la foto che aveva scattato con Ermal nel lontano 2000, quell'unico ricordo che gli era rimasto di lui. Si mandò a fanculo da solo per essere un eterno disordinato, soprattutto in quell'ultimo periodo.

Ciò che lo spaventava di più era che la foto potesse essere finita in mani compromettenti. E soprattutto, dalla foto erano facilmente riconoscibili tutti e due. Sospirò buttando fuori l'aria, il pensiero di dover fare un'intervista con la compagna di Ermal rendeva il tutto abbastanza più complesso. Sospirò poggiando la testa sul sedile e chiuse gli occhi, sperando che al suo risveglio avrebbe sentito il cuore più leggero.

Venne svegliato qualche ora dopo da Maurizio, erano arrivati in hotel, avevano giusto il tempo di rinfrescarsi un poco e poi dovevano andare alla radio. Fabrizio non aveva chissà quale rapporto con la religione, però quella netta sensazione che sarebbe stata l'intervista più difficile della sua vita, lo spinse a chiedere a Gesù di far passare quel pomeriggio il prima possibile.

Arrivarono alla radio circa due orette dopo, vennero accolti da Silvia e da altri suoi colleghi. «Ciao Fabrizio!» esclamò. Era una ragazza solare, pensò che Ermal era stato abbastanza fortunato a trovare una donna come lei, sicuramente era quello che si meritava dopo lui. «I bambini?» chiese.
«Un casino, come sempre» rispose ironico Fabrizio.
«Ma guarda com'è carina, si preoccupa dei bambini!» rise Maurizio sottovoce.
Fabrizio gli tirò una gomitata sullo stomaco, infastidito da quel commento del tutto fuori luogo.

L'intervista iniziò qualche ora più tardi. Fu abbastanza tranquilla con le solite domande cliché del tipo "a chi è dedicata Portami Via", "Perché hai chiamato il disco Pace", "Quando trovi la tua Pace", riferimenti vari ed eventuali a "Pensa", ai vari Sanremo della sua vita e riguardo al tour che stava per iniziare. «E della tua vita privata che ci racconti?» chiese con troppa innocenza nella voce «Mah, è un po' un casino» rispose ridendo, si dilungò un pochettino parlando dei bambini per poi far prendere parola alla speaker.
«Giusto ieri parlavamo degli inizi degli anni 2000, ne abbiamo parlato anche oggi qui con te ricordando la tua prima partecipazione a Sanremo, ma oltre questo, cosa ti è rimasto più di quel periodo?»
Quella domanda fu una doccia fredda, un fulmine a ciel sereno. Perché Gesù non lo aveva ascoltato? Cosa aveva fatto di male? C'era uno strano luccichio negli occhi della donna, tra curiosità e malizia, forse, che lo inquietarono, possibile che lei sapesse? Ermal Meta io ti troverò e ti ucciderò. Iniziò a sudare perché l'unica risposta che avrebbe voluto dare era proprio "Ermal". Inspirò profondamente prima di rispondere «Non mi piace parlare di quel periodo della mia vita, è stato piuttosto difficile».

Ermal per rimediare alle sue mancanze da fidanzato aveva deciso di passare in radio a trovare Silvia per poter cenare insieme, magari in qualche localino appartato. Si fermò di botto quando vide una figura maschile, che ben conosceva, fumare una sigaretta. Meditò di cambiare strada, ma ormai non aveva molte altre soluzioni. Il moro sembrava piuttosto innervosito, anzi no, era proprio incazzato. Camminava avanti e indietro rigirandosi la sigaretta tra le dita. Quando lo vide gli si scagliò contro con rabbia. «Che hai detto all'amica tua?» Ermal lo guardò confuso. «Che ho detto?»
«Io capisco che tu voglia vivere il tuo rapporto alla luce del sole, però almeno potevi chiederle di evitare certe domande!» sbottò. Ermal non capiva. «Fabrizio che è successo?»
«Chiedilo alla fidanzata tua» sputò. Era frustrato e stanco.
Ermal lo prese per le spalle temendo che potesse avere un crisi di panico tanto era furioso, quel contatto provocò un fremito in entrambi, per questo Ermal decise di interromperlo bruscamente. «Mi devi raccontare cosa è successo, perché io non capisco. Non ero all'intervista, non posso sapere».
Fabrizio prese un lungo respiro e poi iniziò a parlare. «Mi ha chiesto cosa ricordo del 2000, poi ha iniziato a parlare delle foto, dei ricordi...». Ermal abbassò la testa colpevole.
«Fabrì...» sospirò Ermal.
«Non chiamarmi in quel modo» rispose freddo Fabrizio.
«Dovrei essere io quello incazzato» sbottò Ermal.
«Ti avevo lasciato con la promessa di rivederci a settembre e quando sono tornato eri scomparso nel nulla, volatilizzato, nessuno sapeva dove fossi finito ed io non avevo manco un cazzo di posto in cui cercarti. Hai idea di come potessi stare? Di come mi sentissi umiliato, abbandonato, tradito, rifiutato!»
Quelle cose le aveva trattenute per troppo tempo. Lo odiava eppure allo stesso tempo lo amava. Fabrizio per tutta risposta abbassò la testa schiacciando il mozzicone della sigaretta. Vide i suoi occhi velarsi di tristezza.
«Sai Ermal, non tutto quello che vedi tu è la verità» disse per poi dirigersi alla macchina per salircisi e affossare il volto nel cappotto.

C'è una linea sottile

tra aspettare e scoppiare.

(La linea sottile – Ligabue)

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