Capitolo 10.

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Ermal correva veloce per le strade di Milano premendo convulsamente il piede sull'acceleratore. Perché aveva deciso di andare?
Perché era stato così ingenuo da sperare che le cose tra loro sarebbero migliorate?
Perché l'immagine di quel moro tatuato e muscoloso, che contrastava con quella del ragazzo dedito ai vizi, continuava ad inseguirlo anche quando meno se l'aspettava?
Cosa gli aveva fatto? Qual era il suo segreto?

Il cellulare sul sedile continuava a suonare ininterrottamente, lo prese di scatto senza manco guardare chi fosse. «Che c'è?» ringhiò.
«Ermal? Tutto bene?» dall'altro lato della cornetta c'era sua sorella Sabina. La voce dolce con cui si preoccupò di lui lo addolcì. Decise di accostare. «Ciao Sabina! Scusa, sono un po' stanco, domani parte il tour e sai come funzionano queste cose» si giustificò.
«Che c'è, con l'età che avanza non riesci a gestire più lo stress?» dall'altro lato Sabina rideva e rise pure Ermal, di gusto. «Allora, mi dici cos'hai?» Ermal esitò.

Nessuno sapeva di Fabrizio, o meglio, lo sapeva solo Rinald perché era la persona di cui si fidava di più al mondo. Non l'aveva presa con l'entusiasmo che Ermal aveva sperato, però aveva deciso di accettare la sua scelta. Quando Ermal era tornato a Roma e aveva scoperto che Fabrizio se n'era andato, Rinald aveva iniziato a chiamarlo quasi ogni giorno per assicurarsi che stesse bene. Era soprattutto grazie a lui che si era ripreso. «Ma niente, vedrai che è solo un poco di stanchezza. Passerà non appena avrò un momento di pausa».
«Ermal, ti conosco da troppo tempo per crederti. Tutto bene con Silvia?» Ermal sospirò perché non sapeva manco lui come andassero le cose con Silvia, negli ultimi giorni si erano visti praticamente il minimo indispensabile. «Non lo so» ammise. «È tutto così confuso».
«Ti manca il mare?» chiese all'improvviso. A me manca Fabrizio Mobrici, pensò. 

Ma sua sorella aveva centrato, in parte, il segno. Stare al mare e poter far ordine nella sua mente con in mano foglio e penna da un lato e la chitarra dall'altro, fare pace con i propri pensieri e la propria anima, essere cullati dal rumore delle onde e sentirsi più leggeri. Perché quando affidi il tuo dolore al mare e il mare lo accoglie nel suo moto tranquillo si ha la sensazione di avere un peso in meno sulle spalle. «Sì» sospirò.
«E scendi giù qualche giorno!» Ermal rise.
Poi cambiò argomento, le chiese di sua mamma, della bambina, di Dario. Parlarono quasi per un'ora, ed Ermal si sentì meglio, quasi risollevato. Per quel lasso di tempo si era lasciato Fabrizio alle spalle. Non aveva pensato alla litigata di qualche giorno prima, o al bacio interrotto nel camerino. Aveva riso come non faceva da giorni. «Meno male che ci sei tu, Sabina!»
«Mi hai insegnato tu ad essere così» rispose lei.
Quelle parole ribaltarono il cuore di Ermal. Sembrava ieri che sua madre tornava a casa con quella pallina bionda e adesso era madre e stava per diventare moglie. «Ti voglio bene», disse semplicemente. «Anche io. E buon compleanno, anche se ormai è il 21 aprile».
«Cazzo, domani mattina presto devo partire!» esclamò passandosi una mano sul volto. Si scambiarono una veloce buonanotte ed Ermal ripartì per tornare a casa.

Fabrizio, steso sull'ennesimo letto d'hotel, non riusciva a prendere sonno. Si girava e rigirava e pensava a tutto ciò che era successo quella sera, a quanto gli fossero mancate quelle labbra che erano diventate una dipendenza più forte della droga.
Quel corpo magro che aveva accarezzato fin troppe volte e che se avesse continuato a farlo avrebbe sicuramente rovinato. Perché lui era così, rovinava tutto quello che toccava.

Aveva rovinato la sua storia con Giada.
Aveva rovinato la sua carriera dopo il festival del 2007.
Aveva troncato i rapporti con la sua famiglia che non aveva visto per anni.
Era riuscito perfino a rovinare il rapporto con suo figlio Libero che odiava la musica ed in parte lui.

Ai tempi aveva fatto la scelta più giusta scegliendo di abbandonare Ermal, forse nel modo sbagliato, ma per un motivo valido.
Per mettere pace al suo cervello iniziò a strimpellare un verso di qualche sua vecchia canzone:

Amici mai || MetaMoroWhere stories live. Discover now