Capitolo 12.

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Se Dio mi assiste non vedrò più Ermal. Questo aveva pensato Fabrizio appena tornato da Milano.

Ma era evidente che Dio si fosse dimenticato di lui in quel periodo, perché nel momento esatto in cui mise il piede sull'asfalto fu la prima persona che vide una volta arrivato al concertone del primo maggio. «E te pareva» mormorò.

La scena che gli si parò davanti fu esattamente questa: Ermal appoggiato al muro e la sua bellissima fidanzata bionda con i suoi bellissimi occhi azzurri avvinghiata su di lui. Le mani di lei erano sul suo volto, quelle di lui sui suoi fianchi. Silvia, se avesse potuto, gli avrebbe mangiato la faccia.

Dalla macchina, oltre Fabrizio scesero anche i suoi due pargoli e la sua ex compagna. Quel giorno toccava a lui stare con i bambini solo che doveva anche essere al concertone, quindi avevano optato per un primo maggio in famiglia, nella speranza che Anita non pensasse che stessero tornando insieme e nonostante la riluttanza di Libero a stare in mezzo a tanti strumenti musicali e cantanti.

Anita con la mano sinistra teneva la mano del padre e con la destra quella della madre, con l'altra mano libera, Fabrizio, teneva per mano il suo primogenito. Sembravano una famiglia tipica del Mulino Bianco. I due adulti che prima erano avvinghiati, si erano separati distratti dagli urletti di Anita.

Vide il volto di Ermal rabbuiarsi e Silvia esclamare «Che siete carini insieme. Siete proprio una bella famiglia!»
«Chi è?» chiese Giada curiosa.
«Una stronza» rispose Fabrizio con voce dura. Si diressero verso il camerino del moro, era ancora pomeriggio ma doveva fare alcune interviste, in una era apparso addirittura Libero che anche se non lo voleva ammettere stava gongolando. Le due donne, invece, erano andare a prendere un gelato più per calmare i capricci di Anita che per fame. I suoi musicisti si erano apparentemente dati alla macchia, dato che li aveva incrociati per sbaglio qualche ora prima e poi erano scomparsi di nuovo. «Vedi Lì, questo è il posto dove papà incontra tutti gli altri colleghi. Altri cantanti, altri musicisti...» e gli sembrò di vedere Libero a suo agio, nonostante fosse in un luogo pieno di musica e lui odiasse la musica.

«Papà, posso giocare a calcio?», gli chiese improvvisamente. «No, Lì, qua no. Ce stanno troppe cose che se possono rompe'. Te porto in camerino, però dobbiamo gioca' piano»
«Ma chi ce vuole gioca' co te, sei una pippa», rise il bambino. Fabrizio rispose ridendo e si diressero verso il camerino.

Fu proprio quando era praticamente arrivato al camerino che udì una voce non del tutto nuova. Gli riportò alla mente ricordi sgradevoli. Stava parlando con una donna, scherzavano perché ogni tanto ridevano. Le voci provenivano da qualche metro più in là, purtroppo però non riuscì a mettere a fuoco i due individui perché non aveva portato con sé gli occhiali. Ci mise un po' a collegare tutti i punti. E lo fece tramite una sola frase: «Sei un drogato di merda. Lascia stare Ermal. Sei stato solo una distrazione».

Strinse forte la mano del figlio, al punto tale che il piccolo se ne lamentò. Sentiva il respiro ed il battito irregolari. Sapeva cosa stava per succedere, gli era successo anche qualche giorno prima a Milano. Entrò velocemente nel camerino sotto lo sguardo attento e preoccupato di suo figlio. Si sedette per terra portandosi una mano al petto cercando di calmare il battito del cuore. Nel frattempo non respirava più, ansimava.

Libero vide suo padre accasciarsi al suolo e impallidire. Non respirava per bene e aveva una mano al petto e gli occhi chiusi. «Papà?» lo chiamò. L'uomo mosse la mano, segno che aveva sentito. Il respiro non accennava a calmarsi e con le guance rigate di lacrime estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni del padre e chiamò Giada. «Fabrì» rispose Giada dopo un paio di squilli.
«Mamma papà sta male. Ha gli occhi chiusi respira male. Mamma ti prego torna. Papà sta male. Sta male». Giada sentì il figlio dall'altro lato del telefono singhiozzare e si preoccupò il triplo. «Libero, amore, ascolta. Papà risponde se lo chiami?»
«Sì», rispose il bambino tirando su col naso. La donna non faceva alcuna fatica a sentire l'ex-compagno in lontananza che respirava affannosamente in cerca di aria.
«Ok tesoro. Questo è un buon segno».
Nel frattempo aveva preso la sua bambina ed aveva iniziato a dirigersi verso piazza san Giovanni. Grazie a Dio non si erano allontanate di molto. «Bene. Adesso cerca un adulto. Meglio qualcuno che conosci, ma non importa e gli dici che papà sta male e che hai bisogno di una mano. Noi stiamo arrivando ma puoi stare al telefono con me. Puoi anche passarmelo se vuoi». Liberò annuì e uscì alla ricerca di un adulto che potesse aiutarlo.

Amici mai || MetaMoroWhere stories live. Discover now