CAPITOLO 26

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Juliet

"Hai iniziato tu!"

Sul serio? Dove siamo, all'asilo?

Tiro un lungo sospiro per provare a calmarmi, sono sicura che lo sta facendo apposta e non ho intenzione di dargliela vinta.

"Quando hai finito possiamo iniziare se vuoi" gli dico con il sorriso più falso che riesco a fare.

Lui mi fa cenno con la mano in direzione dei libri e mostrandogli gli esercizi, strano ma vero, inizia a spiegarmeli uno ad uno con una serietà tale da lasciarmi senza parole. Lo osservo con attenzione e capisco, dal modo in cui lo fa, che ci sa davvero fare con i numeri. Lo ascolto senza distrarmi nemmeno un istante e quando terminiamo con i primi due argomenti, provo a mettere in pratica i suoi consigli eseguendo degli esercizi. All'inizio faccio un po' di difficoltà, poi con il suo aiuto riesco a risolverli quasi tutti. Mi sento euforica: non ci posso credere di avercela fatta davvero!
Okay, ancora siamo solo all'inizio ma cavolo, stiamo parlando di me, non pensavo nemmeno di arrivare fino a qui!

Gli rivolgo un sorriso di gratitudine che fa di conseguenza allargare anche il suo.

"Mi fai paura" mi dice scherzando.

Scuoto leggermente la testa e con espressione divertita alzo gli occhi al cielo.

"Guarda che puoi dirlo che sono un bravo insegnante, non mi offendo" continua lui con un ghigno, avvicinandosi leggermente: le nostre ginocchia si toccano.

Devo ammettere che ha ragione, è davvero bravo. Però non c'è bisogno che lui lo sappia, non ho intenzione di alimentare il suo ego: è già abbastanza grande così.

"Non montarti la testa Einstein" lo prendo in giro girandomi a guardarlo.

Non appena i miei occhi si posano sul suo viso, noto che è diventato improvvisamente serio e adesso mi sta fissando le labbra. Mi immobilizzo all'istante, il cuore che sembra dotato di vita propria e sicuramente non in accordo con il mio cervello, inizia a battere furioso. Non di nuovo, non glielo permetterò.

"Non merito un ringraziamento?" mi dice con voce roca avvicinandosi lentamente.

Non farlo, mi sta urlando la testa.
Fallo, mi grida invece il cuore.

Testa o cuore?

Me lo ritrovo ad un soffio dalle mie labbra.
Quando si è avvicinato così tanto?

Testa.

Mi allontano dalla sedia con uno scatto, puntando indignata un dito nella sua direzione.

"Avevi promesso!" affermo con voce affannata: mi sembra di aver corso una maratona.

Lui sembra divertito dalla mia reazione e gli si forma sul viso quel maledetto ghigno strafottente che mi fa solo venire voglia di mettergli le mani addosso. Sta solo giocando, mi ripeto, sarei l'ennesima ragazza a finire con il cuore spezzato per colpa sua e non glielo permetterò. Non sono una delle tante, prima lo capisce, meglio è.

Ritorniamo a dedicarci a numeri ed equazioni e dopo un'ora, sono esausta. Grayson ha più o meno mantenuto la promessa e devo ammettere che sto iniziando a capirci qualcosa ,anche se mi rendo conto che ho ancora parecchia strada da fare. Non so se sia una buona idea continuare questa cosa con lui, ma ci sa davvero fare e finché si comporta bene posso anche accettarlo.

Non lo faccio perché mi piace passare del tempo con lui: ho solo bisogno di qualcuno bravo in matematica che sappia anche spiegarla e, guarda il caso, lui lo è.

Cosa ci posso fare?

"Sei pronta?" mi chiede mentre aspetta che sistemo le mie cose nello zaino.

"Si, andiamo" rispondo io incamminandomi verso l'uscita.

Una volta fuori ci accorgiamo che è buio.
Tiro fuori il telefono per chiamare mia madre ma lui mi blocca: "ti accompagno io se vuoi" mi propone.

Lo guardo... lo voglio?

"Non c'è problema posso chiamare qualcuno".

Mi prende il telefono di mano e si avvia verso la sua auto, così, non potendo fare diversamente, lo seguo alzando le braccia al cielo.

"Grayson!"

Sale sull'auto sbattendo piano la portiera: non mi resta da fare altro che seguirlo. Mi accomodo nel posto del passeggero allacciando la cintura di sicurezza ed infine voltandomi dalla sua parte, noto che mi sta fissando in un modo strano... deglutisco porgendogli la mano tremante per farmi restituire il telefono. Sembra avere un attimo di esitazione a quel mio gesto, poi appoggia il dispositivo sulla mia mano, mette in moto l'auto e parte.

L'aria é elettrica all'interno dell'abitacolo ed io inizio a sudare freddo...

GET MEWhere stories live. Discover now