La vita è così buona, se resti tra le mie lenzuola

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Arrivò la sera, e un altro giorno si concluse, un altro giorno che avrei passato a casa di Flavio. Me lo aveva esplicitamente chiesto, ed io... Io non sapevo dire di no... Una voce nella mia coscienza mi suggeriva che in realtà non volevo dire di no.

Però non era venerdì, niente birra, ma un grandioso giro panoramico della città, un po' come la prima volta che ci siamo visti qui, a Roma. Terminate le prove che si protrassero fino alle 21.30 di sera, "prove", non riuscivamo a provare senza perdere tempo stando insieme: tra una canzone e l'altra c'erano balletti imbarazzanti di Gabriele, il batterista, o canzoni napoletane improvvisate da parte del pianista, Flavio mi propose di tornare un attimo a casa per rinfrescarci, subito dopo mi avrebbe fatto una sorpresa.

Così facemmo, infondo dovevamo riportare le buste con tutte le cose che avevo acquistato, che erano rimaste in macchina per tutta la mattinata. Uscimmo dallo studio insieme, così come eravamo arrivati, e ci dirigemmo alla macchina, con un sorriso a 32 denti sulle labbra. Eravamo Felici. Eravamo sereni. Forse perché eravamo insieme, forse perché ci stavamo divertendo. Ma eravamo felici.

Entrammo in macchina, sorrisi vedendo che Flavio aveva accuratamente riposto i miei occhiali sui suoi capelli, come a bloccarli, anche se erano cortissimi. - Ti piacciono davvero ? - chiesi continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada - Te lo avrei detto se non mi fossero piaciuti - Sorrise anche lui voltando per un secondo la testa, percepivo che anche lui stava sorridendo, ne ero sicura. - Sono contenta - constatai ancora, poi accesi la sua radio e partì Battisti, come al solito.

Giunti a casa sua parcheggiò velocemente, era la seconda volta che ci entravo, ma mi sentivo bene lì. La casa era molto più piccola della mia, forse perché lui ci abitava da solo, prima da me ci abitava mia nonna con cinque figli, i miei zii, forse perché quella l'aveva comprata con i suoi risparmi e la mia era stata comprata con i soldi di mio nonno, risparmiati si, ma per tutta una vita. Una cosa era certa: mi piaceva, e ci stavo bene.

Decisi di cambiarmi e di indossare un completo di quelli che avevo preso quella mattina dal negozio indicatomi da Flavio. Scelgo un pantalone di velluto nero e largo, ci abbino una felpa gialla, anche questa larga e concludo tutto con i miei amati anfibi che non mi abbandonavano mai. - Flà sono pronta, ti aspetto in cucina!- dico entrando e notando che lui era già lì pronto, che aspettava me. - Ah, sei già pronto- sussurrai, poi sorrisi vedendolo lì seduto che mi fissava. - Stai benissimo! - esclamò squadrandomi, sono sicura che arrossii, sentii le mie guance andare a fuoco, mi portai la mano nervosamente tra i capelli e farfugliai un - grazie -.

Poi uscimmo. Mi portò sul Tevere, che poi è una delle cose che amo fare di più. Scendemmo sulla riva e passeggiammo, un po' immersi nei nostri pensieri, un po' persi nelle nostre parole. - Oh Flà, prendiamo un panino?- proposi, ma rifiutò - No, andiamo da qualche parte a mangiare - sorrisi, poi continuò - Hai fame? - dissi di no, anche se il mio stomaco non mentiva, un po' di fame l'avevo, ma volevo che la serata continuasse con quel ritmo lento e massacrante che ci faceva avvicinare sempre di più.

Seconda tappa fu il colosseo, e fu proprio vicino a questo monumento romano, bellissimo e unico, che Flavio scelse la nostra meta per cenare. Entrammo in un locale niente male, un locale non di lusso, ma era proprio quello che piaceva a me, c'era un palco. Forse ci sarebbe stato un live o magari una serata karaoke. Realizzai solo nel corso della serata che le mie ipotesi erano entrambe sbagliate. L'amplificazione era a servizio di tutti i clienti che, se avessero voluto cantare, avrebbero potuto prenotarla.

- Flavio, mi devi una canzone - dissi, quando già eravamo a metà cena. - Ah si? - Rispose lui scherzoso - non sei tu che devi qualocosa a me dato che ti ospito in casa mia? - continuò, sbuffai rumorosamente a quella sua domanda sarcastica - Oh, mi sembrava ti fossi offerto volontario per ospitarmi, ma se ti da fast... - Mi interruppe bruscamente - Oh ma che permalosa. Scherzo stupida. Certo che ti ospito! - Poi riprese guardandomi sorridere - Perché ti dovrei una canzone ?- Sorrisi rumorosamente e spiegai - Tu mi hai chiamata, io ti ho detto che la mia, tua, canzone preferita è "tutta la vita". Poi tu dopo esserti complimentato per i miei gusti mi hai detto "la prossima volta che suoneremo insieme la dedico a te"- sorrise anche lui, ripresi - Abbiamo suonato insieme, ma non me l'hai dedicata-

Si alzò velocemente e mi prese la mano, poi disse - La dedico a te, solo se suoni con me- Sbuffai, poi accettai. E ci trovammo lì su quel palco a suonare.

La serata passò in fretta e ci trovammo a casa sua, io con poi suoi indumenti addosso e lui, con il suo pigiama, nel suo letto. Ci mettemmo nelle stesse posizioni della sera prima, distanti uno dall'altro, come se prima durante la canzone non si fosse creata da capo quell' atmosfera elettrica del primo concerto.

Passarono dieci, quindici, venti minuti, ma il sonno non veniva, mi voltai verso il centro e lui, percependo il mio movimento, fece lo stesso. - Non riesci a dormire? - Chiese guardandomi negli occhi - A quanto vedo neanche tu! - esclamai distogliendo lo sguardo e sedendomi con la spalla contro la spalliera del letto. Fece lo stesso, poi si alzò, andò in cucina e tornò. Tra le sue mani aveva una chitarra e un quaderno.

-Scriviamo qualcosa?- chiese ridendo e rimettendosi sotto le coperte - Va bene- conclusi afferrando il quaderno cedendogli la chitarra, infondo era lui l'esperto.

- E mischio gli occhi tuoi con le lenzuola
E fidati non è una cosa buona - cominciò strimpellando e accennando qualcosa con la voce, poi mi guardò e riprese - Ma fidati la vita è così buona
Se resti tra le mie lenzuola - Sorrisi arrossendo, parlava di me, poi mi disse di scrivere velocemente quella frase prima che la dimenticasse e di apountarci su gli accordi.

E la serata andò avanti così, io, lui, la chitarra e il letto, fino alle 2 di mattina circa. Poi tutto nero. Ci addormentammo.

Una canzone che non so | GazzelleWhere stories live. Discover now