Fuori

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Mi hanno sempre detto che ero quella in disparte, quella non coinvolta nelle situazioni, quella che non si faceva coinvolgere, quella che non voleva farsi coinvolgere, quella che si faceva i cazzi suoi. E mi ci ritrovavo anche in quella descrizione, l'accettavo, anche passivamente, non mi andava di modificare quel mio lato asociale, quel mio lato a cui piaceva restare solo, quel mio lato mai coinvolto. Ed ora si, volevo proprio che qualcuno mi ricordasse come si facesse a farmi i cazzi miei.

- "Gre ma fatti i cazzi tuoi!" Questo qualcuno doveva dirmi –

sbottai, ero in chiamata con Pietro ed era successo un casino

Io avevo consigliato a Claudio di parlare con Flavio, lui aveva accettato, ma non al primo colpo, avevo dovuto insistere, poi aveva detto di si. Avevano parlato e avevano chiarito. Al chiarimento non poteva che seguire il mio essere automaticamente fuori dalla band. Claudio era tornato alla grande, era come se mai avesse litigato con Flavio, come se il suo migliore amico non si fosse scopato la sua ragazza, come se quell'episodio di merda, quell'episodio scandaloso, che aveva provocato, prima di tutto in me, un botto di pensieri, sul mio futuro, sul mio essere a Roma, sul mio provare qualcosa per Flavio, fosse svanito, cancellato, come se non fosse mai esistito.

- Bhe io te l'avrei detto! –

Sorrise l'ormai non più biondo dall'altro lato del telefono, sorridendo.

Il colore dei suoi capelli mi metteva più malinconia di quella che già non avessi addosso. Non erano biondo platino, non erano marroni, si vedeva questa ricrescita tristissima, con la rimanenza della tinta. La tristezza dei suoi capelli, però, non accompagnava la perdita del suo umorismo.

- Madonna, lo sapevo: avrei dovuto chiedere a te prima di far postare quella foto di merda, prima di acconsentire ad un confronto con Claudio, prima di consigliare a Claudio di parlare, e ovviamente di chiarire, perché io la storia la sapevo, con Flavio! –

Sbottai ancora una volta portandomi le mani ai capelli, davvero disperata. Era questo quello che intendevo quando dicevo che non sapevo fare a meno di Pietro, del mio migliore amico, del mio consigliere, lo avrei anche definito psicologo se ogni qualvolta qualcosa non fosse andato bene non mi avesse consigliato di andare a bere. Sorrisi a quell'ultimo pensiero poi ritornando subito seria alla sua voce.

- Tesò ma calma! –

Esclamò

- Io stavo scherzando! Ma sei scema? Cosa cazzo avresti dovuto fare? Non farli parlare, magari farti un altro nemico, uno che avrebbe potuto sputtanare tutto, te, Flavio, quello che era successo con quella tipa...-

Concluse però lasciando la sua frase a metà, come a farmi capire che la mia mossa era stata la più intelligente, la più furba, ma io ero convinta, e lo sarei stata ancora per molto, che quella mia mossa era stata una grande stronzata.

- Si Piè, bello tutto, nessuno sputtanato come dici tu, ma io qui ora non ho un cazzo, non ho un lavoro, non ho nient'altro che questa casa, i miei libri e la chitarra! –

Constatai

- Ma hai Flavio! –

Sorrise lui alludendo al fatto che io e Flavio ormai non potessimo più vivere uno senza l'altro, uno senza la voce dell'altro, uno senza i pensieri malinconici dell'altro, senza le riflessioni profonde che accompagnavano le nostre lunghe passeggiate sul Tevere, anche di quelle non potevamo farne a meno

- Si ho Flavio... -

Sussurrai abbassando la testa e pensando che a lui non avevo detto niente, della mia situazione disastrosa, della mia quasi volontà di tornare al Sud, dove si, avrei solo dovuto comprare una nuova casa, perché mia madre non mi avrebbe permesso di restare da lei dopo la pazzia di tornare a Roma contro la sua volontà, lei lo aveva detto. Non sarei stata in grado di fare un cazzo da sola, lei aveva sempre ragione e questa cosa mi dava ancora più fastidio della situazione che si stava verificando attorno a noi, a me.

Una canzone che non so | GazzelleWhere stories live. Discover now