Gli occhi nostri mescolarsi e diventare gialli

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Dire che in quel momento stessi odiando Pietro era poco. Vi giuro: non poteva scegliere giorno peggiore, e soprattutto, luogo peggiore. Era venerdì, il giorno in cui io e Flavio eravamo soliti stare insieme, lì, poi, proprio lì: nel pub che Pietro aveva scelto per distrarmi.

Ero così agitata che mi sfiorò anche l'idea di fumare. Di andare da uno sconosciuto, magari proprio quel ragazzo biondo, un biondo diverso da quello di Pietro, che era lì poggiato alla porta e chiedergli una sigaretta. Le aveva sicuramente, ne aveva una tra le sue dita. Era da quella che aspirava il suo fumo avido, come se fosse l'unica causa di distrazione, l'unica cosa che riusciva a salvarlo. Magari anche lui stava vivendo un momento di merda, tipo il mio, o magari lo faceva per abitudine, senza pensarci e tutto quello che stava passando nella mia testa era un semplice film... che poi, semplice...

- Piè ma proprio qui dovevamo venire? –

Ero rassegnata. C'era lui che mi teneva la mano e mi portava con se tra tutta quella gente che c'era solitamente nel locale. Mi trascinava quasi, forse temeva che potessi scappare. Forse faceva bene: l'unica cosa che volevo in quel preciso istante, dopo al fatto di poter tornare indietro e non distruggere tutto con Flavio, era quella di tornare a casa, di piangere, proprio quello che stavo facendo prima che Pietro chiamasse e mi distruggesse i piani di depressione

- Ma cos'hai contro questo magnifico locale?! –

Esclamò lui, come se non sapesse che quello era il locale in cui eravamo soliti andare io e Falvio.

Scossi la testa sconsolata come risposta.

La prima cosa che riconobbi fu quel bancone. Quello che tanto amavo, quello che definivo Casa. Era un po' il posto in cui stavo bene con le persone che amavo, con la persona che amavo. Il posto in cui poter parlare, chiarire, piangere e divertirsi, magari tutte le cose contemporaneamente, o magari non fare niente di tutto ciò. Magari stare lì seduti a guardarsi.

Che bello che è poter guardarsi negli occhi senza parlare. Mi è capitato di leggere che il silenzio può esistere solo se le cose tra due persone funzionano, vanno bene. Solo se le due persone in questione, o magari di più, stanno bene insieme. Altrimenti si rischia di rimediare nei più svariati modi: solitamente cercando di riempirlo con parole a caso, le prime che ci escono dalla bocca, le prime che non riusciamo a controllare. Solo per interrompere quel suono meraviglioso: il silenzio.

Ordinammo da bere, poi ci accomodammo alle sedie alte. Quelle che tanto adoravo, quelle per cui quel pub era diventato il mio preferito.

- Ma che cazzo succede ? –

Sentii quasi strillare Pietro accanto a me. Alzò così tanto la voce che si girò anche un altro ragazzo, uno che non conoscevamo, nonostante la musica abbastanza alta.

- Oddio –

Fu la risposta dello stesso ragazzo

- Scusami non ti avevo visto –

Parlava con Pietro del disastro che aveva combinato. Gli aveva rovesciato addosso quel drink, quello che aveva nel suo bicchiere, forse qualcuno lo aveva spinto, o lo aveva fatto di proposito per attirare la sua attenzione. Bhe c'è da dire che Pietro è un gran figo e che se fossi un ragazzo gay sarebbe potuto essere il mio fidanzato. Non capisco come non riesca a trovare la sua anima gemella, come tutti lo usino e poi lo buttino via. È un ragazzo d'oro, uno di quelli speciali, uno di quelli che bisogna tenersi stretto, sempre accanto.

- Ma porca troia –

Rispose il biondo strappandomi un sorriso

- Tesò ora arrivo, vado in bagno a pulire sto disastro. –

Una canzone che non so | GazzelleWhere stories live. Discover now