15 -E POI A PASQUETTA UN DOWN PAZZESCO

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A Pasquetta avevo un down pazzesco.
Forse per una pura causa chimica, il calo di endorfine causato dall'attività rilassata del giorno precedente.Avevo gambe finite, con tendini e menischi infiammati, polsi e schiena doloranti per gli esercizi che mi ero inventato per preservare un po' le gambe.Non avevo semplicemente la forza di fare di più senza rischiare di compromettere il mio corpo che, per quanto ne sapevo, era già compromesso.Ho guardato la sveglia alle sette e dieci, alle otto e dieci mi sono alzato incapace di riaddormentarmi e innervosito dall'ora persa a rigirarmi nel letto.Blue è come non fosse esistita.Non era umana.Non era una ragazza che avrei potuto portare in camera e farci qualcosa di divertente fino a riportare le endorfine ad un livello decente, né un'amica con cui prendere un asciugamano, distenderlo in mezzo al parcheggio e giocarci a carte sotto il sole.Avevo fatto una lavatrice, cercato di sistemare alla meglio le cose in un frigo e in una dispensa che ormai straripavano senza senso, cucinato per la settimana.Ed ero sempre più infastidito.Dalle cose che riempivano la casa, dal disordine, dal tempo prima tutto concentrato e poi tutto dilatato che richiedeva questa gestione.Mi sembrava intollerabile il fatto che fossero ormai arrivate le undici e mezza e non avessi nemmeno più voglia di rinvasare le piante in quello che nei miei sogni doveva essere un bellissimo giardino in terrazzo.La casa era lurida, e nel tardo pomeriggio mi aspettavano pure le pulizie.L'idea mi dava il vomito, anche se lo casa pulita mi avrebbe sicuramente fatto sentire meglio.Sarei dovuto essere al mare, in montagna, in una città straniera a un paio di ore di aereo, o almeno in un caffè in una piazza a una decina di minuti di macchina.Ovunque ma non lì.Nella casa che avevo voluto, cercato e trovato, che era mia, a mia misura e mi piaceva.Mi mancava l'aria.Non mi mancava niente, eppure mi mancava tutto.Ero svuotato, privo di forze.Non avevo voglia di niente, se non di fare una qualunque cosa, un giro in bici, una gita, una nuotata, senza un limite di tempo e spazio.Non avrei imparato nulla da quella esperienza.Avevo decine di libri e spunti e cose da fare, ma niente.Mi sembrava tutto un'imposizione forzata da questa circostanza assurda.Non facevo un minimo di sforzo per parlare con Blue, spaesata dalla mia gentilezza del giorno prima e dalla mia totale assenza il giorno dopo.Lo so.Il cibo, una dormita e la mia corsetta dopo mi avrebbero rimesso in bolla.Avevo le fragole col limone, e una confezione di Ciobar fatta raffreddare e riempita di muesli a mo' di budino ipercalorico, non ci voleva molto.Ma non avevo voglia di mangiarli.Non perché fossi a dieta, cosa che di fatto ero perché ero stufo anche dell'immagine che lo specchio mi rimandava in continuazione, impietoso giudice del mio stare a casa.Un'app malefica non mancava di ricordarmi che qualunque cosa mangiassi, qualunque, superava abbondantemente il mio fabbisogno giornaliero.Andavo a dormire affamato, nonostante avessi ingurgitato almeno il cinquanta per cento in più di quello che mi sarebbe stato sufficiente per sopravvivere facendo attività fisica, secondo l'opinione della mia app e del coach virtuale che mi ricordava di cenare quando ancora mancavano due ore nella mia routine completamente sballata.Ma la cura di me, mi era forse più necessaria di tutto.A differenza della maggior parte della gente che conoscevo, mi facevo la barba al massimo ogni tre giorni, di solito comunque uno o due.L'unica volta che l'ho lasciata quattro giorni, la sensazione di fastidio che ho provato davanti alla tele quando il doppio mento mi grattava sul collo i suoi spuntoni appuntiti, mi aveva innervosito e depresso.Sono arrivato al punto che lo stato della mia barba influisce sul mio umore, figurati.Quindi, per evitare ricadute, quando mi svegliavo tardi la mattina, optavo per un taglio serale, magari combinato con il taglio dei capelli.Avevo vissuto quasi come un trauma il dover rasare a zero il poco che era rimasto sopra la mia testa, ma in quarantena si era rivelato un inaspettato vantaggio.E in realtà pregustavo il ritorno in ufficio, tra persone sovrappeso e pelose, io lindo, muscoloso, curato e dimagrito, e sogghignavo di fronte a questa immagine, probabilmente completamente irreale.Volevo perlomeno uscirne ripulito.Ma mi stavo sporcando dentro.C'era un nero opprimente che avvolgeva tutto, altro che un blu luminoso che sapeva di cielo e mare."Perché non esci?"Blue mi ha interrotto nel flusso dei miei pensieri."Esco dopo.""Perché dopo? È adesso che stai male.""Chi ti dice che sto male?""Dai. Sei musone, cupo e fastidioso.""Ho le palle girate, ok?""Perché non chiami qualcuno per fare due chiacchiere? Qualcuno di simpatico che ti faccia ridere.""Ho quasi finito i minuti, devo tenerli per lavoro.""Come vuoi."Ci aveva provato, ma aveva capito come andava.Sapevo che in qualche modo soffriva, ma non me ne importava nulla.Mi avrebbe parlato, e ascoltato, e avrebbe giocato volentieri a carte con me.Ma io non la vedevo.Ero terribilmente solo.Il mondo era pieno di persone, di luoghi, di cose da fare, c'era un sole fantastico in cielo e io non ce la facevo.In un giorno normale di sarei esaltato all'idea di mangiare un piatto di alette di pollo e patate in compagnia.Invece abbiamo mangiato in silenzio voltandoci le spalle, senza dirci una parola.Blue ha preso solo mezza porzione, e l'ha finita a fatica.Non so se ti senti anche tu così, o se questi giorni ti stanno scivolando addosso leggeri o forse migliorando, addirittura.Se hai la testa piena di progetti o se magari li stai già realizzando.Io non ho davvero voglia oggi.Voglio solo che arrivi un giorno in cui ci dicano che siamo di nuovo liberi.

COVID-GIRL: Blue, la ragazza virusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora