Tre

827 78 190
                                    

Fa freddissimo, quando suona la sveglia mi viene quasi da piangere: non voglio abbandonare il tepore delle coperte. Rimango ferma qualche istante, poi sospiro, convincendomi a uscire dalla mia calda e accogliente tana. L'aria gelida mi investe e una debole e spettrale luce bianca filtra dalle persiane chiuse. Sembra il set di un film ispirato agli alieni.

Mi dirigo verso la finestra, la apro e spalanco le persiane, mentre la luce inonda la stanza, spaccandomi gli occhi carichi del buio in cui erano immersi prima.

Ora ho capito perché fa freddo: sta nevicando, e anche bello forte. Il paesaggio è ricoperto da quel dolce e candido strato bianco brillante. Non è la prima nevicata che fa quest'anno, precedentemente ce n'era stata un'altra, ma non è nulla a confronto di questa. Chiudo le finestre e mi strofino con la mano la punta del naso completamente congelata per scaldarla, poi apro il mio armadio-casino e preparo l'outfit per oggi: leggins felpati neri, maglietta a maniche lunghe e felpa nera ultra calda e gigante. Quando la indosso, un senso di piacere mi avvolge: è così morbida! Mi arriva fino alle ginocchia e scalda il mio corpo per benino, di sicuro oggi non sentirò freddo.

Scendo al piano di sotto e faccio colazione. Poco dopo arriva anche Eddie. Con aria assonnata si siede a tavola e versa i Corn Flakes nella ciotola piena di latte.

«Hai visto? Sta nevicando» dico, tanto per iniziare una minima discussione con lui.

Annuisce, mentre si porta il cucchiaio alla bocca e divora i cereali con voracità.

Eddie non ama molto parlare al mattino presto, specialmente perché si deve ricordare come si chiama, quanti anni ha e qual è il suo scopo nella vita. Anche io di solito sono così, ma oggi mi sento stranamente pimpante.

Mamma irrompe nella cucina, con la vestaglia rosa scolorita addosso e i capelli scompigliati, prende posto a tavola e inizia a spalmare la marmellata sulle fette biscottate.

«Zilla, oggi prenderai l'autobus» dice di colpo, ancora prima di darci il buongiorno.

Per la sorpresa il pezzo di biscotto che ho appena addentato mi va di traverso e comincio a tossire ripetutamente.

Eddie mi lancia un'occhiata e batte un paio di volte il palmo della mano destra contro le mie scapole, nella speranza di salvarmi dal soffocamento. Fortunatamente il biscotto si scastra dalla mia gola e scende peggio di un mattone nel mio esofago. Ci impiego alcuni minuti per ritrovare la capacità di comunicare e alla fine sbotto:

«Non voglio andare in autobus! Preferisco andare a piedi!»

«A piedi? Sta nevicando, fuori si muore dal freddo e le strade sono completamente congelate, stavolta non andrai a piedi, prenderai l'autobus e andrai con Edward, sono stata abbastanza chiara?».

Vorrei ribattere, ma so che non ho chance di riuscita. Mi limito ad annuire e a finire gli ultimi due biscotti. Mentre mastico a testa bassa, Eddie mi posa una mano sulla testa e si china per sussurarmi all'orecchio:

«Ci sediamo dove c'è poca gente, te lo prometto».

Cerco di rasserenarmi a quel pensiero, ma non ci riesco, so già che ogni angolo di quel maledetto mezzo di trasporto sarà pieno di gente.

Eddie è l'unico che sa della mia scopofobia, o almeno, l'unico che lo sa e che la prende con serietà. I miei genitori ne sono da sempre stati al corrente, fin da quando ho scoperto di soffrire di questa fobia, ma l'hanno sempre considerata una stupidaggine, uno sciocco capriccio di una ragazza adolescente. Ho provato un milione di volte a cercare di spiegare ai miei cosa fosse questo sentimento, ovvero una vera e propria paura, un disgusto psicologico, ma come riscontro ho ricevuto un'unica risposta: «Sono tutte balle che leggi su internet, appena cresci ti passa». E ciò, quello che è appena successo con mia madre, è la prova definitiva che non le fotte niente della mia paura. Fortuna che c'è Eddie, il mio unico appiglio in un mondo fatto di indifferenza.

La Fantasma ~E l'articolo NON é sbagliato~Where stories live. Discover now