Ventisei

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27 Aprile

Resilienza. Mi é capitato in questi ultimi giorni di sentire questa parola, non sapevo cosa significasse, cosa volesse raccontare, così sono andata su internet e ne ho cercato l'etimologia. In realtà si possono assegnare diversi significati a questa parola, ma quello che più mi ha colpito é quello legato alla parte sociale e psicologica: "É la capacità di un individuo di superare difficoltà e traumi passati". E fin qui, tutto molto figo. Peccato che, a causa della mia ingordigia, ho voluto a tutti i costi guardare da cosa derivasse questa parola. Deriva da "resilio" un verbo latino che letteralmente significa "saltare all'indietro". Sulle prime mi sono detta cosa cazzo c'entrasse il saltare all'indietro con il superare traumi, arrivando alla sciocca conclusione che i Romani si fumassero un po' di oppio per non soccombere alle delusioni della vita.

Poi però, mentre ero intenta a farmi esplodere un brufolo, mi sono resa conto di come spesso, per superare un trauma, bisogna fare prima un passo indietro, rimuginando sulla propria vita, sulle proprie esperienze e sui propri rapporti.

É giusto non perdersi nel passato e nei ricordi, vivendo il presente così com'è, ma a volte é fondamentale ricordarlo per andare avanti. Perché se si vuole fare un salto lungo, bisogna prima prendere la rincorsa.

Forse farsi esplodere brufoli fa diventare automaticamente intelligenti...

Chiudo il diario e lo ripongo di nuovo sotto al letto. Devo sbrigarmi, ho perso di vista l'orologio e ora rischio di fare tardi a scuola. Ma d'altronde, chissenefrega, se non avessi scritto questa pagina di diario stamattina, me ne sarei sicuramente dimenticata, e questo non va bene.

Ho da sempre sentito il bisogno di fissare i miei pensieri sulla carta. Ovviamente non tutti, perché se lo facessi arriverei ad avere un libro tanto spesso che "Dante Alighieri levati proprio".

Scendo al piano di sotto e mangio a malapena tre biscotti, prima di lanciarmi fuori e camminare a passo svelto verso scuola.

Durante il tragitto non faccio che pensare a ciò che ho scritto sul mio diario e a come tutto quello che ho pensato combaci perfettamente.

Mi viene in mente Charlie con la parola resilienza, e il modo con cui sta cercando di superare e mettere a posto il trauma che ha subito. La sua é resilienza, tutto quello che sta facendo, il suo impegno costante nel camminare, nel fare sempre più chilometri a piedi, nel salire e scendere le scale e nell'affrontare i giudizi altrui e le voci inchiodate sopra alla sua testa. Perché sí, quando vivi in una cittadina non troppo grande, nella quale la gente è piuttosto chiacchierona, le notizie si spengono in fretta. E l'incidente sulla statale quarantacinque tra un furgoncino che vendeva vasi e una Kia Sportage, alla cui guida c'era un ragazzo di diciassette anni, è ormai già arrivato alle orecchie di tutti.

Charlie ha ripreso ad andare a scuola da una settimana, e il giorno prima di ricominciare, mi aveva confessato quanto avesse paura dei commenti e dei giudizi su di lui. Una paura che non aveva mai sperimentato, nemmeno quando si era trasferito lì a seguito di quella sciocca e insulsa espulsione.

A Charlie non é mai importato dei giudizi, mai e poi mai. Si é da sempre fatto scivolare qualsiasi cosa sulla pelle, ignorandola, buttandola immediatamente nel dimenticatoio delle cose inutili e prive di senso. Era arrivato a sdraiarsi nei corridoi, perché amava fissare il soffitto e dare una forma alle macchie di umido che lo contornavano. E volendo proprio guardare, questo é anche uno dei motivi, o il motivo, per cui noi ci siamo conosciuti, e forse anche innamorati...

Eravamo seduti su una panchina, al parco, e mentre mi confessava tutto, mentre si esprimeva con me, teneva lo sguardo basso, sulle sue mani, in un modo timido che mi era sembrato quasi non appartenesse al suo estro estroverso e amichevole. Alla fine lo avevo abbracciato, gli avevo sussurrato parole di conforto all'orecchio e gli avevo accarezzato il volto, ripensando a quanto potessi capire tutti quei pensieri, da brava scopofobica quale sono.

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