Venticinque

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Starnutisco e cerco in fretta un fazzoletto. Mi sono buscata un raffreddore notevole, tutto siccome ieri ho dovuto aspettare mezz'ora al gelo perché Eddie uscisse da scuola.

Mi soffio il naso, emettendo un suono simile a quello di un elefante in calore. Quanto odio avere una narice tappata, ancora di più se lo sono entrambe. Insomma, fa schifo respirare con la bocca: con il naso perlomeno depuriamo un po' l'aria impura che ci respiriamo, ma con la bocca no, inspiriamo direttamente tutto lo schifo che svolazza allegramente in giro.

Bleah se penso che una parte dell'aria che respiro é stata già respirata da qualcun altro, mi viene da vomitare.

Entro nella stanza centouno e appoggio la mia borsa sulla poltrona, salutando Charlie con una voce pari a quella di Le Tont, l'amico basso e brutto di Gaston nel film"La bella e la bestia" della Disney.

Mi sono sempre stupita di come quel nanerottolo dall'insuccesso clamoroso con le donne, riuscisse a pendere dalle labbra di un tipo così coglione e insopportabile come Gaston. Le fiabe sono strane, ma la Disney lo è ancora di più.

«Sai chi mi ricordi con quel naso rosso?» chiede Charlie, sul suo volto é impresso un sorrisetto di scherno

«Le Tont?»

«Chi?»

«Niente, sobo solo biei assurdi bensieri». Traduzione: «Niente, sono solo miei assurdi pensieri».

«Stavo per dire Rudolph o Gatto Silvestro in realtà...»

«Simbatico».

Scuoto leggermente il capo, sorridendo prima di alzare lo sguardo su di lui.

Noto solo adesso che al posto dei soliti vestiti da ospedale indossa degli abiti veri, fatti del suo unico e inimitabile stile: una felpa viola scuro e un paio di jeans neri slavati.

«Ti vedo bene oggi» commento, osservandolo dall'alto al basso con una strana sensazione di piacere misto a orgoglio.

«Perché? Gli altri giorni com'ero?».

Sorrido allusiva. «Diciamo che ti preferisco di gran lunga con dei vestiti normali piuttosto che con un camice bianco a pois blu».

Annuisce, sa che ho ragione e non perde il suo leggero sorriso. Il suo sguardo da me passa alla protesi, riposta con cura in un angolo della stanza. La addita con l'indice.

«Me la passi per favore?».

Anche se ho molte domande legate a quella richiesta che mi ha appena fatto, non gliene pongo nemmeno una, limitandomi a obbedire in silenzio e a guardare quello che vuole fare.

Charlie alza la gamba vuota del pantalone fin sopra al ginocchio e lega con cura la protesi al suo corpo.

«Hai imparato a metterla da solo» osservo, mentre mi siedo accanto a lui. Che fosse questo ciò che voleva mostrarmi? L'abituarsi alla sua nuova protesi e alla sua nuova vita?

«Be', sono cinque giorni che mi sto allenando, sono diventato bravino»

«Non bravino, bravissimo».

Lo penso veramente, in questi cinque giorni successivi dall'arrivo della protesi, i progressi di Charlie sono esplosi, permettendogli di raggiungere obbiettivi sempre più avanzati. Ieri addirittura, è riuscito a raggiungere con il mio aiuto l'altro capo del reparto e tornare addirittura indietro, senza mostrare un minimo segno di affaticamento. Il Dottor Smith è tanto fiero di lui e a parer mio fa bene a esserlo: Charlie si sta impegnando davvero molto.

Il suo sorriso si amplia leggermente, mentre le sue guance si tingono leggermente di rosso. Mi dà un piccolo bacio di ringraziamento, mentre mi stringo a lui.

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