Sei

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Prima o poi arriva, come tutte le settimane: l'ora di ginnastica, o educazione motoria, se vogliamo fare i fighi.

Io la chiamo e la chiamerò per sempre: "L'ora delle discriminazioni e delle torture".

Sì, proprio così, perché oltre ad essere una tortura dover fare dieci giri di corsa, seguendo il perimetro del campo da basket, é l'ora per eccezione nella quale puoi notare le differenze nei corpi delle persone, nel livello di bravura di ogni studente e nell'attenzione che si presta a eseguire un esercizio.

Nella mia classe ci sono persone molto brave, che eseguono esercizi complessi con estrema facilità, cuccandosi di conseguenza sfavillanti dieci in pagella. Io, purtroppo, non sono fra questi.

Non saprei se definire questa mia incapacità nelle attività motorie come una sfiga oppure no: da una parte devo sudare come un lottatore di sumo per arrivare a un sei striminzito, ma dall'altra non é che me ne freghi più di tanto di questa materia, reputata inutile dalla maggior parte degli studenti di questo istituto. Ma ahimè le ore di ginnastica sono obbligatorie, e io farei di tutto pur di esonerarmi da queste, compreso lanciarmi di faccia dal quinto piano di un palazzo o farmi la ceretta all'inguine.

«Vogliamo muoverci? Oppure volete passare tutto il tempo chiuse dentro quello spogliatoio?» la voce burbera del professore di ginnastica si fa sentire, mentre le mie compagne si sbrigano a spruzzarsi il deodorante, infilarsi i pantaloncini e schiappettare fino in palestra sulle loro lunghe gambe atletiche.

Rimango immobile sulla panca dello spogliatoio, fisso i miei piedi calzanti le scarpe da ginnastica nere e bianche della Nike, poi mi alzo e mi do un'occhiata allo specchio: capelli corvini legati in una coda alta, leggins leggeri, maglietta bianca semplicissima e faccia di una che sta, probabilmente, pensando al modo più rapido e indolore per farsi fuori. Sospiro e decido di uscire dallo spogliatoio. La luce accecante della palestra mi investe e brucia i miei occhi come fogli di giornali.

Arrivo al centro del campo e rimango lontana dai miei compagni, in attesa di spiegazioni del prof.

«Cominciamo con otto giri di corsa del campo, via!».

I miei compagni partono a raffica, solo alcune sono lente. Ci impiego un po' a convincere le mie gambe a muoversi, poi inizio a correre, cercando di risparmiare energie. Sono una lumaca, me ne rendo conto, i compagni più bravi mi hanno già superato due volte da quando ho iniziato a correre, e sono come minimo tre giri in avanti rispetto a me. Uno in particolare, Steven, quando mi supera si guarda indietro e mi lancia un'occhiata che non riesco a decifrare. Appena però la incontro, un senso di disgusto si fa strada in me, non riesco più a gestire il mio corpo, inchiodo in mezzo alla pista e inizio a tremare leggermente. Mi ha guardato perché sono imbranata, questo é poco ma sicuro. Ora mi starà prendendo in giro, starà ridendo come un pazzo. I miei occhi cercano di seguire Steven, sul suo volto non è dipinto nessun sorriso o risolino, ma mi sembra palese che se la stia spassando.

«Allen! E muovi quel culo!».

Tento di svuotare la mia testa da qualsiasi pensiero, mentre riprendo a correre. Mi sento un'idiota, un'idiota gracilina che non riesce a gestire le sue emozioni. Mi sento quasi fuori dal mondo, ho perso il mio posto, vorrei sparire nelle viscere più profonde di questo maledetto pianeta. Le mie gambe sono pesanti, la mia testa piena, le braccia cercano di coprire il seno che da un momento all'altro mi pare si stia muovendo troppo, e che magari possa attirare l'attenzione di qualche maschio malizioso. Mi sento male, mi manca il fiato, i polmoni bruciano come carboni ardenti.

Finisco l'ultimo giro e mi dirigo verso il professore. Oggi non ce la faccio, non riesco a sopportare questa lezione, ho bisogno di andarmene e sparire.

La Fantasma ~E l'articolo NON é sbagliato~Where stories live. Discover now