Diamond 6

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Le lacrime non sono espresse dal dolore, ma dalla sua storia.
Italo Svevo


Dopo aver lavato il viso con acqua gelata, mi appoggiai al lavabo con lo sguardo fisso, poi mi chinai e vomitai di nuovo.

Una nausea costante mi impedì di trattenere il cibo nel mio corpo, mentre la stanchezza e le vertigini presero il controllo delle mie giornate.

Questa volta si rivelò peggiore delle precedenti; solitamente l'acqua bollente mi causava solo febbre alta.

Presi l'asciugamano e lo passai sul viso, mi appoggiai al muro e tornai in camera, dirigendomi sul letto. Mi sdraiai stringendo con forza le coperte al petto.

Chiusi gli occhi cercando un attimo di pace, alla ricerca del silenzio.

Alla ricerca di quel vuoto che si insinua nell'anima e permette di respirare, nessun pensiero, nessuna parola, nessuna voce. Solamente io e il silenzio.

Era sera e durante l'intera giornata non ebbi alcuna notizia dello psichiatra; non lo trovai né in camera né nel resto della villa.

Non mi sorprenderei se tornasse dicendo di essere stato con la sua cara ninfetta, magari a trascorrere la serata giocando a "scacchi" o a "carte".

Ninfetta... un nome insolito da attribuire a una donna. Mi chiedo quale sia il vero significato che si cela dietro a questo soprannome. Di solito, si associa il termine "ninfa" a una donna affascinante e irresistibile. Lo psichiatra la considerava veramente così seducente?

Isabel è indubbiamente molto bella, ma non al punto da essere paragonata a una figura mitologica come la ninfa.

Non per me perlomeno.

Di nuovo. Un improvviso giramento di testa mi costrinse a stringere la testa fra le mani e chiudere gli occhi. La nausea prese il sopravvento, obbligandomi ad alzarmi di scatto e correre in bagno. Vomitai di nuovo, anche se non so cosa, dato che non c'era più nulla nello stomaco da espellere.

Premetti la mano sulla pancia e aprii l'acqua che fluì incontrollata nel lavandino. Mi sedetti a terra, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa al muro. "Il telefono", pensai, per poi raccogliere le energie e alzarmi, tornando in camera.

Presi il telefono e lo accesi scrivendo allo psichiatra:

Diamond:
Dove sei?

Psichiatra:
Sono in clinica. È successo qualcosa?

Diamond:
Potresti tornare adesso? Non mi sento bene.

Psichiatra:
Arrivo.

Inaspettatamente, ottenni una risposta immediata al mio messaggio. Mi sedetti sul letto e ritornai di nuovo sotto le coperte.

Non passò molto tempo prima che avvertissi l'avvicinarsi di un profumo di narciso alla mia stanza. <Diamond> disse con voce bassa, e io aprii gli occhi per guardarlo. La luce artificiale lo avvolse, conferendogli un aspetto quasi sovrumano; sembrava un angelo più che un uomo. Vestito con una camicia bianca, i suoi occhi erano incredibilmente luminosi, mentre i suoi capelli neri erano pettinati con perfezione all'indietro, fatta eccezione per una ciocca che gli scivolò sulle folte ciglia.

Si avvicinò a me preoccupato, poi si sedette al mio fianco e stava per porre la mano sulla mia fronte, ma si interruppe. Lo guardai confusa mentre si alzava e usciva dalla stanza. Tornò poco dopo con un termometro e le mani avvolte in due guanti. <Tieni, misura la febbre.> disse, porgendomi il termometro.

The Promise 2Where stories live. Discover now