Eros 6

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Posso essere sia il più dolce dei sogni che il peggiore degli incubi.
Eros Knight


<Mamma, mamma, perché...> ripetei, preso dal panico.

<Mamma, perché lo hai fatto?> chiesi singhiozzando.

<Mamma...> caddi a terra appena oltre la soglia della porta.

<Ma-mamma, avevi promesso...> ripetei piangendo e incapace di rialzarmi.

<Me lo avevi promesso!> urlai, stringendo le manine in pugni e fissandola con occhi pieni di rabbia.

Mi risvegliai di soprassalto, gli occhi spalancati, il corpo sudato e il cuore che batteva veloce. Mi alzai, stringendo la bottiglietta d'acqua tra le mani, e versandone un po' nel bicchiere. Con le mani ancora tremanti, sollevai il bicchiere e bevvi, con il respiro corto e affannato.

Mi avviai verso il bagno e mi sciacquai il volto con acqua fredda, stringendo gli occhi nel tentativo di cancellare dalla mente quell'incubo. <Era solo un incubo... solo un incubo.> mormorai quasi sottovoce, cercando di convincere me stesso. Fissai il mio riflesso per un istante, cercando di normalizzare il battito cardiaco.

Entrai in doccia, lasciando che l'acqua calda scorresse lungo la mia pelle.

Sollevai lo sguardo, consentendo all'acqua di colpire direttamente il mio volto. Poi presi la spugna e la sfregai energicamente sulla pelle, cercando di eliminare ogni traccia di quel veleno e di distogliere la mia mente dall'immagine angosciante di mia madre.

<Cazzo!> urlai, gettando violentemente la spugna a terra e reggendomi al muro, con ancora l'acqua a scorrere.

Il mio respiro era irregolare, così come il battito del mio cuore, mentre la pelle arrossata a causa della forza con cui sfregai la spugna.

Questo veleno mi sta consumando, mentre i ricordi mi stanno annientando. La consapevolezza della mia debolezza passata, mi sta lentamente distruggendo.

Chiusi il getto d'acqua e uscii dalla doccia, avvolgendo un asciugamano attorno alla vita.

Mi vestii con una camicia nera abbinata a pantaloni dello stesso colore, lasciai la cabina armadio e tornai in camera. Mi diressi verso i cassetti posti all'angolo della stanza. Aprii il primo cassetto stringendo una boccetta di profumo di narciso, inspirai profondamente e tolsi il tappo, spruzzando diverse volte sul mio corpo.

Strinsi gli occhi sentendo quel profumo avvolgermi, poi richiusi la boccetta e la riposi nel cassetto.

Aprii il secondo cassetto e presi la pistola, caricandola. La posizionai sul lato posteriore dei pantaloni.

Feci per andarmene, ma mi fermai e rivolsi nuovamente lo sguardo ai cassetti, concentrandomi sul terzo cassetto.

Mi feci forza e lo aprii lentamente, tralasciando la chiavetta e la busta. Avvicinai la mano alla piccola scatola in legno bianco, su cui era inciso in oro il nome di mia madre: Denise.

La mia mano tremò nel preciso istante in cui fu a pochi centimetri da essa.

Ritirai la mano, richiudendo il cassetto, e presi il cappotto nero prima di uscire dalla stanza.

Indossai il cappotto e mi diressi verso la camera della mia Helianthus.

Aprii la porta lentamente, sorridendo alla vista di lei ancora immersa nel più profondo dei sonni. Mi avvicinai e le sistemai le coperte, innocente come il più prezioso dei fiori. La luce filtrante la illuminò in modo perfetto, donandomi una vista mozzafiato: i suoi lunghi capelli rossi cadevano come una cascata di rose sul cuscino. Le guance rosate incorniciavano alla perfezione le labbra carnose e dolci. Accarezzai delicatamente la sua guancia prima di voltarmi ed uscire dalla stanza.

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