1.16 ● DEMOLIRE TUTTI GLI DEI

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«Non rischio niente, nessuno sarà sbattuto fuori di casa. Perché mio padre e tua madre sono fratellastri.»

Per la prima volta, osservai in lei una reazione nuova. Era rimasta ammutolita. Silenziosa. Lei, che aveva la risposta pronta su tutto. Così sicura su tutto. Sbiancò in un momento e, quando la vidi ondeggiare, accorsi a sorreggerla prima che cadesse a terra.

La abbracciai, stretta. Una scossa mi partì dalle braccia e mi arrivò al cuore, una risata maliziosa e infantile mi riempì la testa.

Strinsi gli occhi e la scacciai.

Ma proprio ora?

Quando li riaprii, le sue iridi erano rivolte al mio volto, ma sembrava mi guardassero attraverso.

«Cos'hai detto?» la sua voce era un filo.

«Simmons. Il cognome di tua nonna. E da nubile di tua madre.»

Non posso credere che quella donna l'abbia tenuta all'oscuro di tutto.

Eppure, la sua reazione era fin troppo eloquente. «Non te ne hanno mai parlato?»

Scosse la testa.

La accompagnai sul divano. «Ti va di sentire una storia?»

Era pallida, i suoi occhi lucidi si muovevano da una parte all'altra, forse alla ricerca di un ricordo o una frase sfuggita alla madre o alla nonna che desse un senso a ciò che le avevo appena detto.

Una vita intera di menzogne e vieni a sapere la verità da qualcuno che ritieni uno sconosciuto, e alla fine è il parente più prossimo che hai.

Provai compassione, non sapevo come approcciarmi. In quel momento vidi in lei la fragilità che aveva nascosto dietro alle parole delle canzoni di EL.

Mi sedetti di fronte a lei e presi tempo guardandomi intorno. Come potevo affrontare una tale responsabilità? Era un peso sullo stomaco che mi toglieva il fiato. Avrei voluto che mio padre fosse lì con me, ma stavo realizzando che, se non l'avevano ancora detto alla ragazza c'era un motivo. Forse avevo anticipato i tempi. «Sei sicura di non voler parlare con loro?»

Ancora bianca, scosse appena la testa di lato.

La stanza vacillò di nuovo per qualche attimo mentre cercavo il modo per evitare di ferirla.

Inspirai e presi tempo per trovare le parole. «Nostro nonno era il padre di tua madre, Sharon, e di mio padre, David.»

Aveva lo sguardo fisso da qualche parte oltre il pavimento e stava nell'angolo del divano, immobile, con le lacrime ferme sugli occhi.

«Mio padre è otto anni più vecchio di tua madre. Sua madre, mia nonna, morì che lui aveva sei anni. Tua nonna era la sua infermiera durante i suoi ultimi mesi di vita. I due si avvicinarono col tempo. Si sposarono e nacque tua madre.» Mi fermai, per vedere se stesse seguendo.

«Ricordi com'era tua nonna?»

Dalle poche cose che mi aveva detto, non sembrava andare molto d'accordo con la vecchia.

Malgrado tutto, mio padre non ne aveva mai parlato male. Aveva sempre avuto un rispetto reverenziale per quella donna, ma non ne era intimorito. Da bambino me l'ero immaginata un po' come una specie di matrigna cattiva. Ma da come si stava comportando la madre di Juno, forse non ci ero andato tanto lontano. Avere una persona come quella addosso, anche se era lì da quattro giorni, mi metteva troppo a disagio.

Lente, le sue iridi si mossero e la sua testa si rialzò «Certo che mi ricordo. È morta solo sei mesi fa e viveva con noi» disse piano. «Lei era sempre il capo della casa. Il mio eroe quando ero piccola» terminò.

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