1.17 ●QUANDO MI DISSE IL SUO NOME

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N.B. Gli errori grammaticali, ripetizioni di parole e modi di dire (anche nella stessa frase) sono fatti apposta per le caratteristiche del personaggio.

La sveglia mi gridò nelle orecchie. Il mio cervello non sapeva dov'era e la testa mi faceva male.

Però, c'era qualcosa di caldo e confortevole appoggiato alla mia schiena, così comodo che non avevo per niente voglia di muovermi, anche se il rumore della sveglia era come un martello che batteva in testa.

Aprii un occhio, feci uno sforzo tremendo e allungai il mio braccio, che era diventato lungo e muscoloso.

Un momento! Io non mi sono mossa! Questo braccio non è il mio!

In un secondo, ricordai cos'era successo la sera prima.

Ho dormito con un ragazzo.

Col secchione. Che era anche mio cugino. Rimasi paralizzata nel letto, cercai di rimanere calma ma avevo cuore che batteva a mille.

Feci finta di nulla «Senti, secchione?»

Brontolò qualcosa e allungò la mano. Il suo respiro caldo sul collo fece partire un brivido che mi raggiunse la pancia e salì allo stomaco che mi diventò leggero. Volevo fuggire dall'altro lato della stanza e nello stesso momento volevo rimanere lì al caldo del suo corpo...

Attaccato al mio! Ho dormito con un ragazzo!

Mi ricordava lo stesso imbarazzo del primo bacio.

Ero paralizzata sul letto, con un balzo il secchione mi superò e atterrò sul pavimento quasi senza rumore.

Più veloce dei miei pensieri, si sdraiò a terra di pancia e iniziò a fare delle flessioni.

Ho dormito con un ragazzo.

Mi ripeté la mia testa mentre mi sedevo. Non mi aveva spogliato e avevamo dormito sopra le coperte. Mi guardai sotto la maglietta, attraverso l'apertura del collo. Niente, sembrava non esserci niente. Mi passai le mani sul seno, sui fianchi e sul sedere. Non mi sentivo diversa. Eppure, avevo passato la notte con un ragazzo, che tra l'altro era arrivato alla millesima flessione di seguito davanti ai miei occhi. O giù di lì.

Feci qualche lungo respiro profondo.

Avevo pianto ripetendo non era vero che la mamma e il papà non si volevano bene. Che papà non voleva bene a me.

In fondo, secchione voleva solo consolarmi.

Però non sapevo come comportarmi. «Scusa?» sventolai la mano e cercai di farmi guardare.

Si fermò, si alzò e mi fece un sorriso che gli arricciò il naso. «Michael.»

«Scusa?» ripetei.

Sembrava che il mio cervello volesse solo scusarsi, ma mica era colpa mia!

Il secchione iniziò a saltellare aprendo e chiudendo braccia «Michael.»

Si fermò di botto, mi afferrò la mano e mi sollevò di fronte a lui. Dopo tutto quel movimento, non aveva nemmeno il fiatone. «Bene, piccola, sei pronta per il test di storia?»

Sembrava felice, come se non fosse successo niente.

La sera prima mi aveva rovesciato gli orrori della vita di mia madre addosso. E nella notte era rimasto abbracciato a me fino a che non mi ero addormentata piangendo, e appena sveglio faceva flessioni e salti carico come un atleta in una gara.

«Tu... sei sempre così al mattino?»

«Sono iperattivo» sorrise, poi andò verso l'armadio e mi portò dei vestiti.

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