1.18 ● QUANDO NON TROVAI LA SOLUZIONE

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N.B. Gli errori grammaticali, ripetizioni di parole e modi di dire (anche nella stessa frase) sono fatti apposta per le caratteristiche del personaggio.

La storia di mia madre mi girava per la testa e le lacrime macchiarono un paio di volte il foglio del test. Non l'avrei mai finito, i pensieri erano così fitti che non c'era spazio per quello che mi aveva insegnato secchione.

Invece, lo completai anche prima del tempo. Lo rilessi molte volte con la paura di aver sbagliato o di aver dimenticato qualcosa. Ero sorpresa di me stessa.

Forse non è così male fare il secchione.

La giornata però mi aveva preso tutte le energie. Non credevo di potermi sentire così stanca.

Sean si mise a camminare di fianco a me lungo il corridoio alla fine delle lezioni e mi diede un leggero colpetto sulla spalla. Mi voltai e lui fece una smorfia che piano piano si trasformò in un sorriso timido. «Ehi, Jun, tutto bene?».

Annuii, mentre con lo sguardo seguivo altri ragazzi davanti a noi che andavano verso l'uscita.

Si guardò intorno anche lui, poi avvicinò il viso al mio «Per domani, allora? Pomeriggio, a casa della famiglia che ti ospita?»

«Uuuuuh! Che ci fai domani pomeriggio a casa della cicciona? Moore, non mi dire che adesso punti al cazzo del tizio con la Cinquecento?»

La voce che aveva appena parlato veniva da dietro di noi. Ci girammo, era del tipo con i capelli castani del primo giorno, quello con la faccia non molto intelligente.

Sean si abbassò come per schivare un colpo indietreggiò fino ad arrivare con le spalle attaccate agli armadietti. Una goccia di sudore gli scese dalla fronte e iniziò ad ansimare.

Ero faccia a faccia con lo scimmione, che era poco più alto di secchione.

Niente occhi blu, però. E quelle labbra gonfie, mio dio che schifo. Juno, stai attenta, insomma. Digli qualcosa.

Strinsi i lacci dello zaino nella mano e soffiai aria dal naso come i tori infuocati. «Smettila di prenderci in giro» comandai. Tentai di essere più decisa possibile, ma le ginocchia mi tremavano nei jeans.

Il gorilla alzò le sopracciglia e si mise una mano al petto «Se no cosa mi fate? Lui ti usa come palla e viene a canestro addosso a me?» si mise a ridere, «Secondo me non riesce nemmeno a prenderti su, sei una tonnellata di ciccia. Scrofa.»

Ci fu una risata dietro di lui e un ragazzo sconosciuto alle sue spalle mi scattò una foto. Mi precipitai per fermarlo ma il gigante del football mi prese per il braccio.

Tirai per sfuggirgli «Cosa stai facendo?» Gridai al tizio che si allontanava.

Molti ragazzi e ragazze si erano fermati a guardare la scena. Poco alla volta, i telefoni intorno iniziarono a squillare e tante persone accesero i loro apparecchi.

Alcuni si misero a ridere, altri mi guardarono storcendo il naso, certi diedero della testa di cazzo al ragazzo che mi aveva scattato la foto.

Il tipo grosso mi sbatté addosso a Sean e atterrai accanto al mio amico, poi, con un ghigno soddisfatto, tirò fuori il suo telefono, lo guardò e si allontanò ridendo.

Sean mi mise un braccio attorno alla spalla, sollevandosi con me dagli armadietti e sospirò, scuotendo la testa. «Vieni, andiamo. Se ti hanno presa di mira non c'è niente da fare.»

Mi girai per capire la situazione. «La foto, che cos'ha fatto?»

Sean si strinse nelle spalle. «Non lo so. Quello è uno della squadra di football, non le manda certo a me, le foto.»

Pink SapphireWhere stories live. Discover now