Capitolo 13

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La loro permanenza in Francia arrivò presto agli sgoccioli. Emma si trovò a interrogarsi e con amarezza si arrese al fatto che sarebbe stata dispiaciuta di abbandonare quello scenario familiare così accogliente. Già le si stringeva il cuore al pensiero di dover abbandonare i paesaggi, il calore di quelle mura che sentiva come casa, le risate di Valentin mentre chiacchierava e giocava con loro stringendo fra le braccia il peluche donatogli dal padre, i sorrisi amorevoli di Agnese che era solita rivolgere ai ragazzi in ogni occasione. Avrebbe sentito la mancanza del camino, delle tendine, della camera mansardata con la finestra, del cortile e degli animali.  

Emma preparò le sue valigie solo all'ultimo secondo, dopo essersi lavata per bene e aver lanciato un'occhiata sconsolata a quella vita che non avrebbe vissuto per un po'.

"Sei triste?"

Alle spalle le piombò Mattia, già pronto per uscire. Cappotto, cappello, e valigie alla mano. Stava chiaramente aspettando il via di Emma che avrebbe dovuto prepararsi e raggiungerlo per salutare e dirigersi a prendere l'aereo. 

Emma si volto a guardarlo e si concentrò sullo sguardo del suo amico. Era intenso, profondo, i suoi occhi erano lucidi, ma Emma non riuscì a interpretare quel bagliore. La ragazza annuì con un sospiro e un sorriso tirato e lui le poggiò una mano sulla spalla come incoraggiamento, poi l'avvisò che le avrebbe lasciato qualche minuto aspettandola al piano di sotto. 

Emma si voltò a contemplare quelle pareti come se ci dovesse lasciare il cuore, un pezzo di anima. Lanciò l'ultimo sguardo al letto dove aveva passato la vacanza sperando di trovare un'altra occasione per tornare, il prima possibile. Quando le affiorarono i ricordi con Mattia scosse la testa e decise che era l'ora di andare. Prese il suo cappotto nero e lungo e ci si bardò dentro, si avvolse la sciarpa attorno al collo, bagagli alla mano e si diresse verso il piano inferiore  senza curarsi di chiudere la porta. Affacciandosi trovò Agnese che parlava con Mattia mentre la donna aveva una mano sul braccio del ragazzo che teneva in braccio il piccolo Valentin. Il bimbo giocherellava con il suo peluche e cercava di interpretare i loro discorsi mentre guardava prima sua madre, poi l'amico di sua cugina. 

Valentin fu il primo ad accorgersi di Emma, quindi si fece posare a terra dal ragazzo e corse verso di lei facendo voltare anche gli altri.  Emma gli sorrise e si abbassò per poterlo guardare negli occhi. Lui allargò le braccia per chiederle un abbraccio e lei lo strinse a se scompigliandogli i capelli con affetto. 

"Emma...reviens" le sussurrò lui e la ragazza lo abbracciò con più forza. 

"Oui" rispose lei "tornerò."

Valentin si staccò dall'abbraccio con un sorriso per poi correre in giro a inventare storie insieme ai suoi giocattoli nuovi. 

Emma raggiunse l'amico e la zia, giusto in tempo per far si che i due si sciogliessero dal loro abbraccio e la zia si fiondasse ad abbracciare lei. 

"Sono così contenta che tu sia venuta" le disse stringendola a sé. 

"Anche io. Mi ha fatto tanto bene stare di nuovo con voi" rispose lei con un sorriso. 

"Non sai quanto ha fatto bene a noi. Valentin è rinato e io con lui. Spero di rivederti presto" continuò lei, poi sciolsero la stretta ed Emma notò che la donna era commossa. Si asciugò una lacrima prima che questa le solcasse il viso rendendo visibile a tutti la sua tristezza. Poi le poggiò una mano sulla testa e la strinse per qualche momento ancora. 

"Dai il meglio di te e fammi sapere del concorso. Noi siamo qua sempre, non ti scordare che siamo la tua famiglia. Ti vogliamo bene" le mormorò accanto al viso così che questo fosse il loro personale e privato saluto. Le lasciò una pacca sulla spalla e le due si scambiarono un sorriso di tacito accordo. 

Good Positions IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora