Capitolo 17

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Emma uscì dall'aula con il cuore palpitante d'ansia dopo aver dato il suo ultimo esame della sessione, il più difficile. Avrebbe dovuto aspettare ancora qualche giorno per il risultato poiché si trattava di un test scritto e salutò in fretta i colleghi. Sapeva che, come di consueto, gli studenti si sarebbero riuniti per confrontare le loro risposte, ma lei si dileguò perché aveva imparato a sue spese che quel momento le creava ancora più ansia della prestazione e dell'attesa del voto messe insieme. Non aveva la minima intenzione di sapere quando meglio o peggio avessero fatto i suoi compagni di corso, piuttosto preferiva tornare in camera e confrontare i suoi dubbi con i testi che aveva studiato. Per evitare distrazioni o ulteriori preoccupazioni, aveva lasciato come di consueto il suo cellulare in camera. Si fermò per la strada a riempire la sua borraccia ad una fontanella, bevve un sorso di acqua fresca e si diresse verso i dormitori. 

Fuori dall'ingresso trovò una sua compagna con cui aveva parlato un paio di volte e con cui si era passata degli appunti. Era una ragazza cordiale e solare dai capelli castani e gli occhi verdi e luminosi come smeraldi. Le sorrise mentre posava la sigaretta finita nel posacenere; Emma non ricordava il suo nome, non era nemmeno sicura che ci fossero mai davvero presentate e non credeva di averle mai detto il suo. 

"Ehi! Come va? Hai dato l'esame?" le chiese la ragazza. 

"Si, adesso. Tu?"

"No, io ho rimandato alla prossima, non mi sentivo pronta. Secondo te è difficile?"

"Non troppo, ma chiede tante cose sulla grafica." 

"Capito, grazie!" rispose l'altra, si scambiarono velocemente un saluto e un sorriso sincero, poi Emma si congedò e entrò nella sua camera. 

Lasciò lo zaino a terra e appese  cappotto e capello dietro la porta. Si cambiò con calma infilando la sua felpa larga e della biancheria pulita poggiando i vestiti sullo schienale della sedia. Riordinò le cose che aveva portato con se per dare l'esame. Appena ebbe finito si lasciò cadere sul letto e accese il suo cellulare. Il cuore le si gelò nel petto non appena vide le notifiche. Sullo schermò gli avvisi di innumerevoli chiamate perse da Mattia e diversi messaggi:

-Emma rispondi, per favore.

-Ho bisogno di parlarti. 

-Ti prego Emma, rispondimi. 

-Appena vedi i messaggi richiamami per favore, è urgente. 

Emma rispose immediatamente ai messaggi e subito dopo provò a chiamarlo ma non ricevette nessuna risposta. Fece per vestirsi perché aveva deciso che sarebbe andata a prenderlo nella sua stanza. Si era preoccupata da morire ed era decisa a capire cosa stesse succedendo, ma prima ancora che potesse infilarsi i pantaloni sentì bussare alla sua porta con insistenza. 

"Arrivo!" disse lei, poi si nascose dietro la porta ricordando di essere in mutande. 

Il suo amico biondo piombò dentro la sua stanza senza preoccuparsi di salutare o altro. Si guardò attorno per cercare Emma; lei chiuse immediatamente la porta e si mise spalle al muro. Quando lui si voltò e la vide, lei rimase sconvolta. Gli occhi di Mattia erano gonfi e rossi, le labbra screpolate sotto il metallo del piercing e le occhiaie pronunciate. 

"Che succede?" domandò immediatamente lei avvicinandosi al ragazzo. Lui si lasciò cadere sul letto a gambe larghe, piegato su se stesso che si teneva la testa fra le mani. 

Emma si precipitò vicino a lui e si inginocchiò così da essere alla sua altezza: "Scusami, stavo facendo un esame, avevo lasciato il telefono in camera, non ho visto i messaggi. Cosa è successo?" 

Mattia sospirò e aspettò a lungo prima di rispondere: "Torno a casa. Starò via per un bel po' credo."

"Cosa?"

Good Positions IIWhere stories live. Discover now