23. Schegge di legno

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Il crepitio del legno che ardeva nel camino, mi procurava una sensazione di profonda tranquillità, mentre il suo calore avvolgente penetrava fino alle ossa del mio corpo. Seduta sulla poltrona nera, mi sentivo lentamente sommergere da una sorta di abbraccio materico, come se fossi attratta da un vortice inesplorato.

Le pareti della casa, ormai macchiate dal fumo, sembravano intrappolare i miei pensieri più vividi, mentre riflettevo sul mio scopo e sul motivo per cui dovevo ancora perseverare in questa esistenza.

Non riuscivo a risolvere nulla, né a mettere insieme i frammenti della mia vita come un puzzle. Ogni tentativo di esplorare le mie emozioni mi lasciava con un senso di disperazione sempre più profondo. Mi sembrava di non riuscire a ottenere nulla di significativo nella vita e ogni piccolo tentativo, sembrava destinato al fallimento.

Ogni volta che cerco di riflettere sulle mie emozioni e più provo a capirmi, più arrivo a pensare che per me, non ci sia speranza. Non sto combinando nulla. Non ho un lavoro, sono ricoverata in psichiatria, mio padre e mio fratello sono morti e per di più, uccisi da mia madre.

Mi lasciai trasportare dal peso dei miei stessi demoni, mentre tirai fuori il pacchetto di sigarette dalla cerniera del mio zaino, sospirai un attimo, presi l'accendino e l'accesi, disperdendomi tra il fumo del camino e quello del tabacco.

Tra il tempo trascorso per arrivare a casa e i miei pensieri, si fecero le quattro di pomeriggio, non sapevo esattamente cosa fare e come sfruttare il tempo.

Decisi quindi, di prendere coraggio e salire al piano superiore, volevo provare un'emozione diversa rispetto tutti i pensieri che stravolgevano la mia mente, e in quel momento, mi andava bene anche provare terrore e paura.

Mi alzai dalla poltrona nera, spensi la sigaretta ormai quasi finita nel posacenere e iniziai a incamminarmi verso la scalinata.

La paura mi travolgeva ogni singola parte del corpo, mentre continuavo a salire piano piano le scale.

Mi ritrovai davanti la porta del solaio. Era tutta sporca e si poteva già sentire l'odore di umido.

Si potevano notare sulla superfice, delle schegge di legno, evidentemente un materiale mai lavorato o plastificato.

Allungai la mano e afferrai la maniglia gelida. Percepii lungo tutto il corpo una sensazione indescrivibile. Cosa diavolo stavo facendo. Pensai.

Presi coraggio, un lunghissimo sospiro, ed 'entrai. Secca. Diretta. Senza pensarci due volte.

Era proprio come lo ricordavo, spettrale, come quei film col bollino rosso che madre, quando ero piccola, non mi faceva mai guardare.

La paura era tanta e il buio riempiva tutta la soffitta.

L'odore di umido e di ruggine si era ormai codificato nel mio cervello.

Immobile, mi trovai nel cuore della soffitta, circondata da un'oscurità così densa da sembrare palpabile. Il solo pensiero di essere sola in quel luogo mi fece rabbrividire.

Scricchiolii sinistri risuonarono nell'aria, come se il legno stesso della soffitta gemesse sotto il peso di un terrore antico. Gli schiocchi irregolari mi fecero sobbalzare ad ogni attimo, mentre il mio respiro si faceva sempre più affannoso.

Poi, un sibilo acuto si levò dall'ombra, come il rantolo di un'anima tormentata. Il suono mi penetrò nel profondo, strisciando lungo la mia pelle come artigli affilati. Il terrore mi immobilizzò.

Poi, un altro rumore, più cupo e gutturale, echeggiò nella stanza. Il suono mi fece rabbrividire, mentre l'idea di essere intrappolata con qualche creatura oscena prendeva forma nella mia mente.

Room 43Where stories live. Discover now