24. Fili di memoria

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Sullo schermo brillava la rubrica dei contatti, con il nome di mia madre in evidenza. Una sensazione di confusione e panico si radicò nel profondo della mia mente. Perché ero in piedi? Perché tenevo il telefono in mano? E perché mia madre sembrava essere l'unico contatto visibile sullo schermo?

Il pavimento freddo sotto i piedi nudi, mi fece realizzare che stavo vivendo un altro episodio di sonnambulismo, sebbene la mia mente fosse ancora intrappolata in un torpore onirico. Mi stiracchiai brevemente, feci un lungo respiro e mi misi le pantofole accanto le rotelle del letto d'ospedale.

Guardai nuovamente lo schermo del telefono che, segnava le quattro del mattino. Presi il pacchetto di sigarette e l'accendino dal comodino, sentivo decisamente il bisogno di riordinare i pensieri.

Attraversai il corridoio buio con passi incerti, cercando di sciogliere il groviglio che avvolgeva la mia mente. Arrivai in salotto, la luce era accesa e subito riconobbi dall'altra parte della porta di vetro, il mio migliore amico. La vista di Bryan, seduto in silenzio su una delle sedie, mi sorprese.

-"Bryan?" Dissi entrando in saletta.

Il mio migliore amico si voltò lentamente, i suoi occhi rivelavano una mescolanza di sorpresa e preoccupazione.

-"Xila, cosa ci fai sveglia a quest'ora?"

Non riuscii a nascondere il mio stato di confusione.

-"Non lo so, mi sono svegliata e mi sono ritrovata in piedi col telefono in mano." Confidai a lui.

Bryan si alzò dalla poltrona e si avvicinò a me, porgendomi una mano sulla spalla con un'espressione preoccupata.

-"Ti senti bene? È successo qualcosa?" Chiese con voce calma ma carica di apprensione.

Mi lasciai sfuggire un sospiro, cercando di organizzare i miei pensieri nel mezzo della nebbia del sonno e della confusione.

-"Non lo so, Bryan. È come se fossi in uno stato intermedio tra il sogno e la realtà. Non ricordo di essere uscita dal letto o di aver preso il telefono. È come se il mio corpo agisse da solo."

-"Quello che hai vissuto ieri è stato molto forte, non mi sorprende che tu abbia passato una nottata così." Disse facendomi sedere.

-"Si, hai ragione, sono ancora molto scossa per quel maledettissimo solaio. Penso che domani ne parlerò al colloquio con Josè." Risposi tirando fuori dalla tasca del pigiama il pacchetto di sigarette.

Bryan annuì comprensivo, prendendo posto accanto a me.

-"Sì, è una buona idea. Parlarne con José potrebbe aiutarti a elaborare meglio ciò che è successo e a trovare delle strategie per affrontare eventuali episodi futuri."

Accesi una sigaretta, trattenendo il fumo per un istante prima di lasciarlo sfuggire lentamente.

-"Sì, penso proprio di sì. Non posso continuare a vivere con questa costante sensazione di confusione e paura."

Io e Bryan restammo in silenzio, tutti e due persi nei propri pensieri.

Dopo aver consumato la sigaretta e salutato il mio migliore amico, sentii un leggero sollievo nell'aria notturna mentre tornavo indietro verso la mia camera. La mia mente era ancora intrisa di confusione e le sensazioni della giornata passata, si agitavano ancora dentro di me, come foglie in una tempesta. Mi strinsi il pigiama intorno al corpo, cercando conforto nel tepore delle coperte mentre mi sdraiai nuovamente sul materasso.

Il sonno, però, non veniva facilmente. Le immagini della casa continuavano a danzare di fronte ai miei occhi chiusi, come frammenti di un puzzle che non riuscivo a completare. Il suono regolare del mio respiro si intrecciava con il ticchettio dell'orologio da parete, creando una sinfonia di tranquillità e incertezza.

Room 43Where stories live. Discover now