17 - L'attrazione di due corpi

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Thomas si buttò all'indietro appoggiandosi allo schienale della sedia e guardando la mappa attraverso i capelli che gli erano ricaduti disordinati davanti agli occhi. Ogni tanto gli era capitato di fermare a guardarsi veramente allo specchio e la cosa che gli aveva sempre fatto più impressione erano stati quei capelli bianchi come una pagina vuota, di quel colore che faceva venire il mal di testa. Era più semplice guardarsi negli occhi, così neri da far dubitare persino della presenza della pupilla, che fissare quel bianco sulla testa.

"Dove porta quella strada?" Lea aveva detto che erano nei guai, ma cosa erano i guai per gli Agenti? Avevano preso quel Crirale in mezza giornata, erano praticamente invincibili, cosa mai sarebbe potuto essere un problema per i superuomini?

"Al colle della Trinità." la sua voce era bassa e rassegnata. Thomas la guardò con fare interrogativo, a lui quel nome non diceva nulla e questo gli dava fastidio. Era lei, con quella sua conoscenza indecente di quel luogo come se ogni posto le risportasse a un ricordo. Era lei che gli dava sui nervi.

"Un colle. Okay. Mi vuoi spiegare?" la sua voce fu più irritata di quello che sarebbe dovuta essere. Lea si irrigidì. C'era tensione, era palpabile e misurabile per quanto era potente, come una corrente elettrica che saettava e creava scintille tra di loro. Era come se cercassero di allontanarsi ma qualcosa li costringeva a stare vicini, a quel confronto, a quei respiri. La legge di gravitazione universale vale per tutti e due corpi si attraggono con una forza uguale e opposta. Fisica, era la fisica più elementare di tutte che Lea e Thomas non riuscivano a spegarsi.

"Ci sono molti luoghi in cui nascondere le cose, è un posto elevato e... beh, non so come spiegartelo!" era la prima volta che dalla bocca di Lea uscivano quelle parole ma quel posto aveva poco di logico e tutto di ricordi "Se vuoi fare qualche danno vai alla Trinità, è una cosa risaputa"
Quello era il linguaggio dei ricordi, il linguaggio dei ragazzi di quel secolo che avevano bisogno di ritrovarsi in posti ben definiti per fare cose strane. Il colle della Trinità era perfetto. Immenso e sinistro, pieno di stradine e viottoli che portavano chissà dove, un cerchio di pietra ad anfiteatro che faceva da portone di ingresso a un bosco all'interno del quale era difficile non perdersi. Quel bosco era il punto in cui tutti andavano quando avevano bisogno di stare soli, o di nascondere qualcosa. Era perfetto e la notte lo era ancora di più. Ti sentivi quasi invincibile a girare tra le foglie per sentieri non tracciati ma che conoscevi ormai a memoria, stretto nel cappotto con il colletto alzato per ripararti dal venti che soffiava incessante alla Trinità, in una mano la sigaretta e nell'altra il cellulare che ti faceva luce.

"Si, risaputa nel Ventunesimo." l'affermazione di Thomas ne nascondeva altre. L'unico Crirale che conosceva quel secolo così bene da potersi permettere di andare alla Trinità era lui ovviamente, e Lea lo sapeva. La ragazza scattò, come se qualcosa dentro la sua testa si fosse rotto, come se tutti i pensieri di quella notte premessero di uscire nella maniera sbagliata.

"Che vuoi che ti dica? Che è Alexander - no scusa, Alex il Crirale?! Si è lui, hai ragione. Tutti in questo caso ha il suo marchio di fabbrica. Cosa pensi di ottenere così? Ti credi tanto meglio di lui? Oh, il ragazzino che è riuscito a baciare la leggenda."

"Tecnicamente mi hai baciato tu." la interruppe Thomas guardandola male.

"Scusa, giusto! Io. Io ti ho baciato, io mi rifiuto di vedere il marchio di Alex, io lascio in disordine la casa oh, scusa se faccio colazione! Ops, ho anche addosso i tuoi pantaloni ma non ti preoccupare se vuoi me li tolgo, non penso ti dispiacerà troppo, vero? "

"Beh, la prossima volta che starai piangendo per una cotta adolescenziale per un idiota che è diventato il tuo nemico numero uno, me ne vedrò bene di entrare in camera tua a consolarti. Magari ti ci tagliavi anche un occhio con quelle stupide schegge di vetro! E poi mi sembra proprio che sia tu quella tanto volenterosa di spogliarsi qui, io non ho mosso un dito ancora, tesoro!" Thomas iniziava ad essere veramente arrabbiato. Era innamorato di lei forse, ma questo non significava farsi trattare in quel modo. Non significava doverla sopportare mentre sceglieva nella sua testa tra lui e un Crirale. Era una cosa che lo mandava in bestia. Alexander. Un criminale temporale, nulla di più. Quello che le aveva appena detto era orribile eppure non riusciva a sentirsi in colpa.
Stavano ormai tutte e due in piedi uno davanti all'altro, lontani. Le vecchie abitudini. Non tocchi quelli con cui non vuoi avere nulla a che fare. Questo facevano alla Scuola e questo succedeva anche tra Agenti. Lea e Thomas non avevano nemmeno l'istinto di prendersi a schiaffi, semplicemente gli avrebbe fatto ribrezzo.

"Mi sembravi di tutto altro avviso ieri ragazzino. Non eri così triste, ne così aggressivo. Sei solamente l'ultima di una lista di idioti che mi hanno mandato nella speranza che li facessi diventare Generali. Certo sei promettente ma ricordati con chi stai parlando, soldato semplice."

Ci fu un momento di silenzio dopo quelle parole, quasi come se Thomas non credesse che lei le avesse dette seriamente; come se Lea capisse solo in quel momento le sue parole.

"Hai ragione." la voce di Thomas era distante, come se tutte le parole di Lea gli fossero scivolate addosso. Era impermeabile. "Hai ragione. La Geniet più forte mai nata non ha bisogno di un soldato semplice." quasi sputò le ultime due parole.

Si alzò dalla sedia come fosse un automa e si avviò verso la porta. Soldato semplice. Nessuno li chiamava mai così, era l'insulto peggiore da dare a qualcuno. Inutile. Il soldato semplice non pensa, non ne è in grado, obbedisce agli ordini. Di solito per insultare qualcuno lo si chiamava con il grado, se era inferiore, eppure se lo avesse chiamato Stemma Arancione lo avrebbe sopportato. Chiamavi qualcuno soldato semplice solo se volevi distruggerlo. Ma Thomas non era chiunque. Era orgoglioso, testardo e potente.

"Tommy" nella voce di Lea c'era una nota di disperazione.

"Sono Thomas signor Generale. Il soldato semplice aspetta gli ordini del Generale."

Lea non parlò e quando iniziò a correre verso di lui,Thomas se ne andò sbattendole la porta in faccia.

"Tommy..." fu questo il sussurro che rivolse a quella porta ormai chiusa prima di accasciarsi per terra.

Cosa aveva fatto?

Il fabbricante di dèiWhere stories live. Discover now